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Focus internazionale

Haiti, va delineandosi la missione di polizia internazionale voluta dall’ONU e guidata dal Kenya

Il 2 ottobre 2023 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò una nuova missione di polizia internazionale ad Haiti guidata dal Kenya, al fine di affrontare la violenza dilagante delle bande e criminali e l’insicurezza sull’isola caraibica. L’iniziativa nacque da una richiesta del governo haitiano, per un periodo iniziale di 12 mesi, con una…

Il 2 ottobre 2023 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò una nuova missione di polizia internazionale ad Haiti guidata dal Kenya, al fine di affrontare la violenza dilagante delle bande e criminali e l’insicurezza sull’isola caraibica. L’iniziativa nacque da una richiesta del governo haitiano, per un periodo iniziale di 12 mesi, con una revisione dopo nove.

L’approvazione della risoluzione 2699/2023 da parte delle Nazioni Unite avvenne con 13 voti favorevoli e 2 astensioni (Cina e Federazione Russa) e prevede che la Missione sia guidata dal Kenya, in stretta collaborazione con il governo di Haiti. L’operazione sarà sostenuta finanziariamente “da contributi volontari e dal sostegno dei singoli Stati membri e delle organizzazioni regionali, nel rigoroso rispetto del diritto internazionale“. In quell’occasione, il presidente kenyano William Ruto affermò che “la giustizia sta finalmente arrivando al popolo di Haiti, che ha sopportato il peso del saccheggio e della repressione coloniale, nonché delle ritorsioni post-coloniali e sfruttamento“.

Il testo della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU condanna “con la massima fermezza la crescente violenza, le attività criminali e gli abusi e le violazioni dei diritti umani che minano la pace, la stabilità e la sicurezza di Haiti e della regione“, per cui consente alla Missione di adottare “misure temporanee urgenti in coordinamento con la Polizia nazionale haitiana“. Da quel momento, tuttavia, sono necessari ulteriori passaggi formali da parte di tutte i soggetti interessati, dunque molti mesi di preparazione.

Ad esempio, il 16 novembre 2023 il Parlamento kenyano ha approvato il piano per l’invio ad Haiti di una forza multinazionale guidata dal proprio Paese, ma l’iniziativa ha subito una battuta di arresto alla fine di gennaio 2024, quando un tribunale keniano si è pronunciato per il ricorso di un oppositore, affermando che il piano del governo di inviare la polizia al di là dell’Atlantico è “illegale“. In particolare, il giudice Enock Chacha Mwita ha stabilito che “qualsiasi decisione da parte di qualsiasi organo o funzionario statale di inviare agenti di polizia ad Haiti […] contravviene alla Costituzione e alla legge ed è quindi incostituzionale, illegale e non valida“.

Nonostante ciò, pochi giorni dopo la sentenza, il 30 gennaio 2024, il presidente del Kenya William Ruto ha risposto che, invece, la Missione ad Haiti andrà avanti, anche perché i rapporti bilaterali tra i due Paesi sono sempre più fitti e durano da diversi mesi. Inoltre, il Kenya ha una lunga storia di partecipazione alle operazioni internazionali di mantenimento della pace e, per la missione haitiana, ha previsto di impiegare 1.000 agenti di polizia, affermando di farlo per solidarietà con una nazione sorella, perché “è un’alta chiamata all’umanità

Dal canto suo, il Primo Ministro di Haiti, Ariel Henry, ha fatto sapere domenica scorsa, 25 febbraio 2024, che la prossima settimana si recherà a Nairobi, capitale del Kenya, per finalizzare i dettagli del dispiegamento della Missione Multinazionale di Supporto alla Sicurezza (MSS).

Haiti ha innegabilmente bisogno di assistenza poiché sta attraversando una delle crisi più gravi della sua storia, soprattutto dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021, dopo il quale l’attuale primo ministro, Ariel Henry, ha preso il potere senza elezioni. Inoltre, ulteriore tensione è dovuta al fatto che il mandato ufficiale di Henry è terminato all’inizio del 2022 e da allora ha rinviato le elezioni, governando senza una legittimazione costituzionale. Nel Paese la sicurezza è in profonda crisi: nel 2023 ci sono stati 4.789 omicidi, 1.698 feriti e 2.490 rapimenti, con un conseguente tasso di omicidi di 40,9 su 100.000, più del doppio (119%) rispetto all’anno precedente e uno dei più alti a livello globale, secondo i dati delle Nazioni Unite. Inoltre, gli sfollati sono oltre 300.000 e le bande armate controllano almeno l’80% della capitale.

Domenica scorsa, 25 febbraio, il Vaticano ha chiesto il rilascio immediato di sei membri del gruppo religioso “Fratelli del Sacro Cuore” e di un sacerdote rapiti due giorni prima a Port-au-Prince:

Questa Missione (MSS) è solo l’ultima di una serie di precedenti già autorizzate dalle Nazioni Unite ad Haiti a partire dalla metà degli anni ’90: la polizia internazionale sarà in prima linea, ma l’MSS avrà bisogno di funzionari competenti che ricoprano ruoli e responsabilità chiari, applichino metodi di polizia adeguati, conquistino la fiducia della popolazione haitiana e siano ritenuti responsabili di qualsiasi illecito. Al momento, le bande che si spartiscono il territorio prendono di mira frequentemente la Polizia nazionale haitiana (HNP), della quale hanno ucciso circa un centinaio di agenti dal 2021. Oggi l’HNP conta appena 9.000 agenti in un Paese di oltre 11 milioni di abitanti (per fare un paragone, nella sola città di New York, che conta 8 milioni di residenti, gli agenti di polizia sono 36.000).

Non sarà una missione facile, perché, storicamente, non è semplice integrare corpi di polizia diversi, dal momento che è necessario superare sia delle sfide tecniche e politiche, sia delle diversità di approccio e di procedura nell’applicazione della legge locale insieme alla polizia locale. Come osserva John D. Ciorciari, professore presso l’Università del Michigan, “Molte missioni hanno faticato a integrare le forze di polizia internazionali e locali e non sono riuscite a superare le sfide politiche associate alla “condivisione della sovranità” sulle principali funzioni di applicazione della legge. Per avere effetti duraturi, la polizia internazionale deve anche essere al servizio di un piano politico realizzabile a lungo termine. Affinché l’MSS abbia successo ad Haiti, devono essere soddisfatte diverse condizioni impegnative“.

Sul piano finanziario, l’amministrazione statunitense di Joe Biden ha offerto fino a 200 milioni di dollari per sostenere l’MSS, ma ha rifiutato le richieste haitiane di personale statunitense, spingendo altri attori a farsi avanti, come appunto il Kenya, ma anche Bahamas, Giamaica, Antigua e Barbuda. Oppure il Benin, che ieri ha assicurato l’invio di 2.000 soldati alle forze di Haiti, come ha riferito l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite Linda Thomas-Greenfield in una conferenza stampa:

Anche il Canada si è impegnato finanziariamente a sostenere la MSS con 80,5 milioni di dollari, come ha annunciato il Ministro canadese degli Affari Esteri, Mélanie Joly, ma ha anche promesso lo stanziamento di ulteriori 42,5 milioni di dollari per progetti a sostegno dei problemi più urgenti del Paese, compresi 27 milioni di dollari per l’acquisto di dispositivi di protezione, veicoli e apparecchiature di comunicazione per la polizia nazionale haitiana:

Evidentemente, il successo della MSS dipende da numerosi fattori: dalla garanzia dei contributi internazionali, ma anche dal sostegno politico dei vari attori impegnati. Ad esempio, in Kenya l’opposizione Raila Odinga sostiene che il Kenya “ha abbastanza problemi” e che una missione di polizia non risolverà una “questione fondamentalmente politica ad Haiti“. Inoltre, il personale MSS avrà bisogno di ruoli e responsabilità chiaramente delineati: un conto è proteggere gli edifici governativi haitiani e altri siti chiave, ma un altro è avere funzioni anti-gang e di ordine pubblico, dove i fraintendimenti con la polizia locale possono essere numerosi. Infine, la missione gestita dal Kenya deve guadagnarsi il favore della popolazione haitiana: sulla carta, la composizione del contingente fa ben sperare, perché Haiti ha una lunga storia di dominio coloniale e sfruttamento straniero, per cui gli agenti kenioti potrebbero ricevere un’accoglienza migliore rispetto a forze di altri Paesi, ad esempio americane, francesi o canadesi. Tuttavia, il sostegno non è garantito, perché poi la fiducia andrà conquistata sul campo, con prestazioni giuste ed eque, che necessariamente devono passare per una comprensione degli stili locali e della cultura del posto.

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