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Egitto, per la Procura la solidarietà femminista è un reato

Nei giorni scorsi in Egitto è successo qualcosa di particolarmente grave.

Il pomeriggio del 23 aprile, al Cairo, la polizia ha interrotto una manifestazione di fronte all’ufficio per il mondo arabo di UN Women, l’organismo delle Nazioni Unite per l’empowerment femminile e l’uguaglianza di genere. All’evento, organizzato per manifestare solidarietà alle donne sudanesi e della Striscia di Gaza, erano presenti alcune tra le più note attiviste per i diritti delle donne – avvocate, giornaliste, esponenti di organizzazioni non governative – insieme ad alcuni attivisti.

Stando alle testimonianze dal posto, l’intervento della polizia è stato sollecitato dall’interno dell’edificio.

Sono state arrestate sedici persone:Mahienour el-Masry, Rasha Azab, Ragia Omran, Eman Ouf, Lobna Darwish, Asma Naiem, Hadeer Mahdawy, Farida al-Hefny, Esraa Yusuf, Rokayah Serageldin, Lina Ali, Yusra al-Klesly, Mai Mahdi, Arwa Marei, Yusuf Shaban, Lina Aly e Mohamed Farag. Lina e Mohamed hanno anche la cittadinanza italiana, Esraa ha studiato in Italia, al Collegio per un mondo unito.

Dopo una notte trascorsa in varie stazioni di polizia della capitale egiziana, le 16 persone sono comparse di fronte alla Procura suprema per la sicurezza dello stato, che dovrebbe occuparsi di casi di terrorismo e che invece rappresenta uno degli strumenti repressivi con cui il governo egiziano intende stroncare ogni forma di dissenso.

Nella tarda serata del 24 aprile tutte le persone sono state rimesse in libertà su cauzione. Ma sono state iscritte a un’indagine, la n. 1567/2024, per raduno illegale e, assurdo, adesione a un gruppo terrorista.

Dunque, per le autorità egiziane la solidarietà femminista è un reato tra i più gravi. Da UN Women, silenzio. Mentre scrivo, il loro account su X è aggiornato al 21 aprile.

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