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RDCongo, dopo il bombardamento al campo profughi di Goma, gli USA incolpano il Rwanda, che però respinge ogni accusa

In seguito al bombardamento del 3 maggio su un campo profughi di Mugunga, a Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, che ha causato almeno 17 morti (ne abbiamo scritto QUI), si sono reciprocamente accusati sia l’esercito congolese che il gruppo ribelle M23. La voce più pesante, tuttavia, è venuta dagli Stati Uniti, che il 4 maggio hanno accusato il Rwanda di sostenere il gruppo M23, implicitamente ritenuto responsabile dell’eccidio.

Gli Stati Uniti ritengono che l’attacco provenga da posizioni controllate dall’RDF (l’esercito rwandese) e dal gruppo M23, condannando la loro espansione nella zona orientale della RDC, per cui chiedono a entrambe le parti di rispettare i diritti umani e il diritto internazionale umanitario. Recentemente, infatti, i combattenti dell’M23 hanno conquistato la zona di Rubaya, ricca di coltan, minerale utilizzato nella produzione di telefoni cellulari e batterie per veicoli elettrici.

La maggior parte degli abitanti del campo vi si era rifugiata per sfuggire ai combattimenti nelle loro località e villaggi. L’esercito congolese sostiene che l’attacco sia una rappresaglia per precedenti attacchi congolesi contro posizioni delle milizie rwandesi e addirittura il presidente della RDC, Félix Tshisekedi, dopo diverse settimane all’estero, è rientrato d’urgenza nel Paese in seguito all’attacco.

In risposta al comunicato del Dipartimento di Stato Americano, un portavoce del governo rwandese ha afferma che l’esercito del Rwanda è un professionale e non attaccherebbe mai un campo di sfollati interni. Poche ore dopo, inoltre, è giunto un comunicato ufficiale del governo rwandese, in cui denuncia le accuse statunitensi come “ingiustificate” e che arrivano “senza alcuna indagine”. Il Rwanda, anzi, rifiuta categoricamente qualsiasi responsabilità per il bombardamento dei campi o per i fallimenti di sicurezza e di governance del governo della Repubblica Democratica del Congo.

Al contrario, le autorità rwandesi ricordano che diverse organizzazioni – come Medici Senza Frontiere – avevano lanciato vari avvertimenti in merito al posizionamento di artiglieria pesante da parte delle FARDC (l’esercito congolese) all’interno dei campi profughi, per cui – prosegue il Rwanda – a questo posizionamento ha fatto seguito un bombardamento mortale e sparatorie contro i manifestanti, “perpetrate dalle FARDC e dalle forze armate burundesi”.

Su questa base, il Rwanda chiede che venga condotta un’indagine credibile e verificata per stabilire con certezza i fatti. Ma chiede anche che gli Stati Uniti smettano di fare del Rwanda “un capro espiatorio per i problemi e le azioni negative della DRC”. Questo atteggiamento viene visto come un sostegno alla posizione belligerante del governo congolese, che include la coalizione delle FARDC con milizie genocide e forze mercenarie. Secondo i rwandesi, gli Stati Uniti sono sempre meno credibili come facilitatori nella regione dei Grandi Laghi, ma anche l’indifferenza della comunità internazionale è un segno deplorevole della complessità delle tensioni in corso tra RDCongo e Rwanda.

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