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Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali, dati e storie di una delle più gravi “piaghe” in Africa

La mutilazione genitale femminile, o taglio, è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani. Oltre 200 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali, e secondo i dati UNFPA nel 2024, quasi 4,4 milioni di ragazze – equivalenti a più di 12.000 al giorno – sono a rischio di subire mutilazioni genitali femminili (MGF). Il 6 Febbraio si celebra la Giornata Mondiale della Tolleranza Zero contro le Mutilazioni Genitali Femminili, istituita dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di sensibilizzare ed intensificare gli sforzi per l’eliminazione di questa pratica.

L’Africa è il continente in cui il fenomeno è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di queste pratiche. Sebbene costituiscano un grave rischio per la salute ed il benessere delle donne e delle bambine, in molte comunità rappresentano un’usanza radicata nelle norme sociali tradizionali.

È una pratica antica che si è tramandata di generazione in generazione” racconta Awa Diallo ex tagliatrice.  Nella comunità di Awa, nel sud delSenegal, oltre il 40% delle ragazze è sottoposta ad MGF praticata come segno di identità culturale. Awa ora è un’attivista contro le mutilazioni e fa parte del African Led Programme di cui Amref è promotore.

Oltre al Senegal, Amref è impegnata nella lotta alle MGF in Tanzania, Etiopia, Uganda, Malawi, ed in Kenya,dove, nella sola contea di Kajiado, dal 2009 ad oggi, l’azione di Amref ha permesso di diminuire del 24% le MGF, e sono oltre 20.000 le ragazze direttamente e indirettamente protette da questa pratica.

Per promuovere l’abbandono di questa pratica, sono necessari sforzi coordinati e sistematici, che devono coinvolgere intere comunità e favorire il dialogo sociale, affrontando le esigenze di salute sessuale e riproduttiva delle donne e delle ragazze che ne subiscono le conseguenze.

L’approccio che viene utilizzato è basato su azioni di prevenzione e contrasto che integrino il contesto giuridico, i sistemi comunitari, l’educazione, i sistemi sanitari e la ricerca.

I progetti di Amref prevedono azioni di empowerment, sensibilizzazione e mobilitazione delle comunità. In alcune regioni la mutilazione identifica il momento in cui una ragazza è pronta per il matrimonio, per questo uno degli obiettivi di Amref è fornire gli strumenti affinché le comunità scelgano di intraprendere Riti di Passaggio Alternativi (ARP), senza alcuna forma di “taglio”.

Le mutilazioni genitali femminili sono una realtà concreta anche in Europa, dove oggi vivono più di 600.000 donne e ragazze che hanno subito le MGF e altre 180.000 sono a rischio ogni anno (UNHCR).  L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi che ospita il maggior numero di donne escisse – più di 87.000 – in conseguenza di un consistente flusso migratorio femminile proveniente da Paesi ad alta prevalenza di MGF.

In Italia ogni giorno lavoriamo ispirandoci alle buone pratiche che nei Paesi africani Amref sta portando avanti” spiega Laura Gentile, Project Coordinator di Amref Italia. “Sul territorio italiano ci occupiamo non solo di formare e sensibilizzare servizi ed istituzioni, ma costruiamo con loro delle reti di azione con i membri delle comunità legate a Paesi in cui la pratica delle MGF e con le nuove generazioni, come con il Progetto Y-ACT, presente a Roma, Milano, Torino e Padova, dove sono già attive Reti di prevenzione e Contrasto alle MGF.L

Cofinanziato dall’Unione Europea e con partner l’Associazione Le Réseau, il Conngi e l’Università Bicocca, il Progetto coinvolge attivamente i giovani con background migratorio e membri delle comunità legate ai Paesi in cui le MGF sono ancora diffuse, promuovendo cambiamenti culturali e sociali per porre fine alla violenza di genere e alle MGF.

Crediamo infatti che per generare un cambiamento sia fondamentale ascoltare le comunità che vivono in Italia e creare spazi di confronto. Igiovani coinvolti nel Progetto sono i protagonisti, i promotori di azioni in prima persona perché proprio da dentro le comunità possa attivarsi e rafforzarsi il percorso di impegno ad abbandonare la pratica delle MGF e a promuovere l’empowerment femminile, contro ogni forma di violenza di genere.” conclude Gentile.

La storia di Awa

Per comprendere meglio il fenomeno riportiamo la storia di Awa Diallo.
Ex “tagliatrice” e attivista contro le MGF, 70 anni, Awa vive a Casamance, nel sud del Senegal, uno dei Paesi in cui le mutilazioni e i tagli genitali femminili sono ancora praticati. Per molto tempo ha praticato la MGF/C come segno di identità culturale. Da giovane, Awa è stata addestrata da sua madre a eseguire l’atto sulle ragazze, una tradizione che si è tramandata di generazione in generazione nella sua famiglia.
Le tagliatrici come lei erano molto ricercate nelle comunità che volevano che le loro ragazze fossero tagliate. Awa ora è un’attivista contro le mutilazioni (“champion”) e parla coraggiosamente contro le MGF.
“Dopo il corso di formazione, grazie alla mia posizione, sono stata in grado die informare le persone che si rivolgono a me, in modo che rinuncino alla FGM/C” dice.
Uno degli obiettivi principali del programma di movimento guidato dall’Africa è quello di coinvolgere le ex tagliatrici come Awa. Quando Ana Sabally, 70 anni, cresceva nelle zone rurali del Senegal, la femminilità aveva un significato diverso. Il passaggio dalla fanciullezza alla femminilità era diverso e spesso danneggiava la ragazza. Nel sud del Senegal, le mutilazioni genitali femminili sono profondamente radicate nella sua comunità e colpiscono le ragazze in età molto giovane. La maggior parte delle bambine viene tagliata prima dei cinque anni, prima che siano consapevoli di ciò che accade intorno a loro. Altre vengono tagliate più tardi, quando entrano nell’adolescenza, un periodo di “transizione” verso la femminilità. La sua comunità ha una delle più alte prevalenze di mutilazioni genitali femminili e di tagli nel Paese. Le comunità continuano a praticarle per diversi motivi, dalle credenze tradizionali sul matrimonio alla transizione verso la femminilità, all’accettazione nella società, ma soprattutto per identità culturale, almeno nel caso del Senegal. Ma oggi, per Ana, femminilità significa coraggio. Ora si oppone alla stessa pratica che ha sperimentato e in cui ha creduto crescendo.
“Chiediamo ancora perdono alle ragazze che si sono tagliate in precedenza; chiediamo perdono a Dio e alle
ragazze di perdonarci” sottolinea Anna Sabally.
“Ho smesso [di tagliare] e ora siamo diventate cacilitatrici (e attiviste) – champions- per sensibilizzare altre tagliatrici come noi, per convincerle” dice Sona, che è una sopravvissuta alla MGF, è stata la prima a incontrare le attività per la fine della MGF nella comunità prima di sua nipote. Dopo aver partecipato a una delle sessioni di formazione e sensibilizzazione, ha iniziato a sostenere la lotta contro le MGF all’interno della sua famiglia. Quando anche sua nipote, Ndeye, ha partecipato a un’attività di
sensibilizzazione sulla MGF/C condotta da Amref, hanno unito le loro forze per difendere questa pratica dannosa all’interno della loro comunità.
Ndeye è ora una ragazza leader di Amref, appassionata di advocacy e sensibilizzazione. Il ruolo di Ndeye come ragazza leader è quello di sensibilizzare e influenzare gli altri durante i dibattiti e le discussioni. Interviene nei forum ogni volta che c’è un’attività nei loro villaggi.
Capisce che non si tratta solo di lei, ma anche di aiutare gli altri. E ha visto i frutti del suo lavoro. Lavorando insieme, Sona e Ndeye sono riuscite a convincere la loro famiglia a smettere di praticare la MGF.
Anche la 26enne Aïssatou Gadjigo è un’attivista (champion) nella sua comunità. È una sostenitrice che incoraggia i giovani della sua comunità contro le pratiche dannose e sulle questioni che riguardano i giovani. Ma fare questo nella sua comunità, dice, non è facile perché “molti argomenti qui sono ancora tabù – i bambini e i giovani non hanno il diritto di dire la loro… “bambini e i giovani non hanno il diritto di dire la loro…
Inoltre, nel suo quartiere, purtroppo quasi tutte le ragazze sono state tagliate. In effetti, la famiglia di Gadjigo ha una lunga storia di pratica di FGM/C. La sua famiglia, dice, è stata a lungo “credente” Ma dopo aver partecipato a sessioni di formazione e di sensibilizzazione, è
diventata un forte sostenitrice contro questa pratica.
Gadjigo è ora Presidente di 9905, un movimento che si batte per i diritti dei giovani.
“Parlo con le mie amiche del quartiere perché saranno le future madri di domani. Quindi è meglio parlare con loro in modo che capiscano gli effetti della FGM/C, e non taglieranno le loro figlie in futuro. Dopo il corso di formazione al
consultorio, in cui ho visto le conseguenze e i rischi, mi sono detta che avrei iniziato a lottare affinché le ragazze della nostra famiglia non vengano tagliate ”  conclude la donna.

Il 6 Febbraio in occasione della  Giornata Mondiale della “Tolleranza Zero” contro le MGF, la Rete Romana per la Prevenzione e il Contrasto delle Mutilazioni Genitali Femminili ospiterà in Campidoglio una giornata di formazione: un Workshop interregionale di formazione e scambio, alla presenza di Istituzioni, enti e stakeholders locali e nazionali.

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