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Conflitti, prospettive di una pace globale in Africa. L’analisi di Tudor Pectu

Ancora una volta, tra le nostre pagine, abbiamo come ospite il professore Tudor Petcu, del Dipartimento Filosofia delle Religioni dell’Università di Bucarest, membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Dimitrie Cantemir, professore di filosofia presso la Little London International Academy, scrittore, filosofo, dottore di ricerca in Filosofia della politica e collaboratore presso il Dipartimento di scienze della storia e della documentazione storica nella Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Milano.

Tanti sono i fatti tragici avvenuti in queste ultime settimane. Come ad esempio il golpe militare in Niger che ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum, la morte di Fati Dosso e di sua figlia Marie nel deserto tra Libia e Tunisia, gli incendi in Algeria, la guerra in Tigray (Etiopia) che sembra non avere fine, il conflitto in Sudan, per non parlare poi della difterite a nord della Nigeria… E la lista potrebbe continuare facendo un salto indietro nel tempo con l’uccisione dell’Ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo morti in un agguato a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021. E come dimenticare Giulio Regeni, il dottorando italiano dell’Università di Cambridge morto in Egitto nel 2016 in circostanze ancora da chiarire.

Professor Petcu, le domande sorgono spontanee: secondo lei, il destino dell’Africa è quello di una eterna instabilità? Pensa che questo clima di caos generale dipenda esclusivamente dalle presenze straniere nel continente? Il problema riguarda anche i vari governi africani? Come affrontare il problema del terrorismo e del traffico di esseri umani? Ma soprattutto una pace globale e una stabilità in Africa sono possibili? Se si, come?

Prima di tutto, è giusto fare un punto sul ti​clima socio-politico in Africa tenendo conto delle sfide e dei paradigmi che caratterizzano questo spazio. Finché si parla di Africa, si fa riferimento a una situazione paradossale, poiché si tratta di un continente estremamente ricco di risorse, ma così afflitto da malattie e sofferenze a cui noi europei non possiamo nemmeno pensare. Infatti noi chi chiediamo il perché l’Africa, continente così ricco di risorse naturali, rappresenta il “paradiso” della povertà globale e perché nessuno, nemmeno le Nazioni Unite, è riuscito a porre rimedio a questa situazione. Abbiamo infatti a che fare con tre problemi fondamentali.
Primo. Il colonialismo europeo, che ovviamente ha avuto effetti sia “positivi” che negativi. Gli effetti “positivi” tengono conto anche del patrimonio culturale che un Impero come la Francia ha lasciato a paesi nordafricani come il Marocco, l’Algeria o la Tunisia, per non parlare del turismo in continua espansione nello spazio africano. Gli effetti negativi del colonialismo sono ovviamente legati allo sfruttamento delle risorse e al modo in cui le decisioni politiche interne sono controllate nell’interesse delle potenze europee.
Secondo.  le pratiche totalitarie delle politiche africane che hanno sempre incoraggiato la schiavitù. Prendiamo ad esempio la situazione in Senegal o in Ghana, dove il potere decisionale della popolazione non esiste, perché il regime politico è come una dinastia che, con o senza la volontà del popolo, deve manifestarsi. Quello che voglio dire è che l’Africa stessa è priva di una cultura della democrazia, che porta all’isolamento sociale e qui l’Occidente deve intervenire dal punto di vista etico per favorire la libertà di opinione e di espressione dove non esiste.

Terzo: la mancanza di scolarizzazione, che comporta una serie di effetti tragici, soprattutto a livello di comportamento sociale. Proprio per questo le potenze europee hanno il dovere di agire responsabilmente per stabilire un solido sistema educativo in Africa e per attuare valori pedagogici completi da attuare.

Non so quanto le presenze straniere incidano sul contesto sociale in Africa, ma è certo che hanno una grossa responsabilità nel perpetuare la pace che attualmente non c’è, e da questo punto di vista dovrebbero relazionarsi molto di più ai bisogni umani lì, che sono estremamente sensibili. Direi che la situazione socio-politica in Africa è estremamente simile a quella dell’Arcipelago filippino, situato nel sud-est asiatico: la popolazione possiede una ricchezza naturale unica ma assiste allo spettacolo del suo sfruttamento al fine della cosiddetta sopravvivenza identitaria. D’altra parte, direi che le missioni cristiane potrebbero portare un grande servizio dal punto di vista sociale ai Paesi africani, soprattutto a livello di istruzione e di scolarizzazione. Ma ovviamente qui c’è bisogno di un impegno serio per concretizzare quanto appena scritto. Perché finché i fatti restano parole, i fatti diventano teorie di cui ci si dimentica facilmente. E con la situazione emergenziale che caratterizza il continente africano direi che è arrivato il momento di agire prima che sia troppo tardi.

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