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Burundi, a sette anni dall’approvazione la Legge contro la violenza di genere non funziona

Il 22 settembre 2016 l’allora presidente del Burundi Pierre Nkurunziza firmò la Legge contro la violenza di genere: sembrava un traguardo importante ma, secondo un rapporto diffuso ieri da Amnesty International, c’è molto che non va.

In primo luogo, tra cosa dispone la Legge e cosa prevede il codice penale ci sono delle incongruenze. Gli emendamenti del 2017 al codice penale non tengono conto della Legge del 2016: quest’ultima, correttamente, basa la definizione di stupro sull’assenza del consenso mentre il codice penale conserva l’antica definizione che dà preminenza all’uso della forza o di altre forme di costrizione. Quale definizione dovrebbero applicare i giudici, non è chiaro.

Ma è la Legge del 2016 a essere, a sua volta, inadeguata: considera reati penali l’adulterio e le “unioni libere”, ossia le coppie che convivono senza essere sposate.

L’articolo 60 della Legge ha destato e desta ancora scandalo. Il testo vieta l’incitamento alla violenza sessuale basato sugli “abiti indecenti” indossati dalle donne, rafforzando dunque in qualche modo lo stereotipo che la violenza di genere sì, va punita, ma comunque è istigata dal comportamento delle donne.

La Legge, inoltre, dispone pene minori, rispetto a quelle previste dal codice penale per il traffico di esseri umani, nel caso in cui il rapimento di una ragazza sia a scopo di matrimonio col rapitore o con un terzo soggetto.

Infine, la parte della Legge relativa alla formazione delle forze di polizia e alla consultazione delle ragazze e delle donne su come la normativa debba essere applicata è all’anno zero.

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