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Rotte migratorie, la tratta tra Libia e Sahel di chi fugge dall’Africa

Sulla rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia, almeno nel periodo agosto 2021-luglio 2022 la Libia è tornata ad essere il principale Paese di partenza, prima della Tunisia. Questo Paese ha infatti storicamente rappresentato un’importante destinazione dei flussi migratori africani e, fino al 2011, non era affatto una meta di transito. Negli ultimi anni, la crescita, in Libia, del numero di immigrati provenienti dall’Africa subsahariana è veramente impressionante. Il dato effettivo si situa all’interno di un’ampia forbice oscillante tra 1,5 e 2,5 milioni. Si tratta di cifre che, pur fornendo degli ordini di grandezza interessanti, restano evidentemente assai vaghe. Nel 2022, fino al 6 novembre la Guardia costiera “libica” ha intercettato in mare e riportato in territorio libico 28.600 rifugiati e migranti, un dato senza precedenti (dal 2016, il totale supera ormai le 100 mila persone. Si assiste così ad una escalation di violenze nei confronti dei subsahariani che sfociano in espulsioni, detenzioni arbitrarie e tortura. Le testimonianze dei sopravvissuti descrivono torture, stupri, estorsioni ed uccisioni nella regione desertica. Il risultato sono focolai di proteste in tutta la Libia. Sulla Libia, su cui indaga la Corte penale Internazionale nelle ultime ore ha visto arrivare sul tavolo degli inquirenti dell’Aja un nuovo atto d’accusa contro le autorità di Tripoli. Pensano che in Libia possano esserci tra 700 e gli 800 mila stranieri, forse anche di più. Cadono nelle mani di una rete organizzata di trafficanti di esseri umani, che provengono dal Sudan e dall’Etiopia, ma in maggioranza sono eritrei.

Qui infatti, i trafficanti possono agire indisturbati e sfruttare o ricattare coloro che decidono di intraprendere il viaggio.
La regione può essere vista come un buco nero al centro dell’Africa, all’interno del quale i flussi migratori trovano quei corridoi necessari per collegare i territori da cui si parte con le coste del Mediterraneo. I flussi migratori tra l’Africa subsahariana e la Libia hanno contribuito, nel giro di qualche anno, a modificare la geografia del Sahara. Prima di arrivare in Libia o in Tunisia, chi migra ha intrapreso una delle 5 rotte migratorie terrestri che dall’Africa Subsahariana portano all’Italia. Ognuna di queste rotte attraversa il deserto del Sahara e passa o nella cittadina di Agadez, in Niger, per chi parte dal Sahel occidentale o per Khartoum, la capitale del Sudan, per chi parte dal Sahel orientale. Sono soprattutto bengalesi, tunisini, egiziani, albanesi, pakistani, ivoriani, guineani, somali, eritrei e afghani.
Le città nelle quali i migranti fanno tappa hanno infatti conosciuto lo sviluppo di un’economia di transito che si è rivelata allo stesso tempo una risorsa per coloro che sono di passaggio e un motore dello sviluppo locale per i residenti. Sono dunque tre gli aspetti sotto i quali le migrazioni contribuiscono alla trasformazione dello spazio sahariano forgiato dallo stato: quello dell’ambiente abitativo, quello delle attività economiche e quello della costruzione di un’identità urbana. Ovviamente in uno Stato fallito e senza strutture governative come è oggi la Libia la situazione è drammatica.

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