vai al contenuto principale

Il Super Bowl delle democrazie africane

La democrazia è un processo non un modello: a che punto di questo processo si trovano i 18 paesi africani in cui si vota quest’anno?

Siamo al “Super Bowl delle Democrazie Africane” in cui – nonostante l’entusiasmo per come si sono svolte e le recenti elezioni in Senegal – finiranno per coesistere una volta di più votazioni con risultati predeterminati?

Anche se è abbastanza probabile che poco cambi in paesi come Mauritania, Ruanda, Tunisia, Algeria… la vera domanda a mio parere non è come andranno le elezioni, ma se oggi l’Africa sia sulla strada giusta.

Qualunque sia – non dico la risposta ma almeno la riflessione – a questa domanda possiamo dire che se l’alternanza in molti paesi dell’Africa è l’eccezione, ciascun appuntamento elettorale è pur sempre potenzialmente una finestra aperta su un “caos africano” in continua evoluzione. Soprattutto oggi che l’Africa rivendica con il suo “caos” un’autonomia sempre più diffusa rispetto all’influenza europea e occidentale.

Attesissime le prossime elezioni del 29 maggio in Sud Africa la prima potenza economica del continente africano.

I 400 membri dell’Assemblea nazionale che verranno eletti, dovranno poi scegliere a loro volta il nuovo presidente. Ci si aspetta che quelle del prossimo maggio siano le elezioni più combattute degli ultimi decenni: il Sudafrica è governato dal Congresso Nazionale Africano (ANC) fin dalla fine dell’apartheid, ma secondo alcuni osservatori il partito, che in passato fu guidato dall’ex presidente Nelson Mandela, rischia di perdere la sua maggioranza in parlamento per la prima volta dal 1994.

E’ bene ricordare che elezioni e democrazia non sono sinonimi. Le elezioni sono uno strumento a cui un crescente numero di leader ricorre per reclamare la loro legittimità presso i propri cittadini e la comunità internazionale, ma questo non esclude successive varie forme di suggestione, di manipolazione, di indirizzo per restare a lungo al potere.

Si dice che la “demo-crazia” per quanto imperfetta sia il migliore dei mondi possibili. Siamo davvero sicuri che questo abbia senso anche per un continente che giocoforza ha artificiosamente importato il sistema rappresentativo e legislativo dai colonizzatori?

Perché l’Africa dovrebbe accontentarsi del modello (in crisi) di moderna “democrazia” sviluppata e sperimentata da altri; e non invece tentare da sola di fare due passi avanti sforzandosi legittimamente di inventare una “crazia” (da kratos, dominare comandare) migliore? Ovvero (interrogando se stessa) elaborare nel tempo un diverso e più articolato sistema di ascolto e di partecipazione.

Un contributo alla risposta sembra darla indirettamente anche The Digital Afrikan, che – in collaborazione con The Mail & Guardian, Tayarisha Centre for Digital Excellence e The Institute of Election Management Services in Africa (IEMSA) – sta lanciando nel continente una serie di editoriali e podcast sul fatto che la digitalizzazione andrà a beneficio di un progresso della democrazia in Africa.

Il Youth Desk di Digital Afrikan ha già dato il via a una serie di social media su TikTok per coinvolgere i giovani elettori in tutto il continente stimolandoli su come possano influenzare i risultati democratici nei loro paesi attraverso le elezioni.

I sostenitori della tecnologia digitale affermano che con oltre 40 milioni di utenti Internet attivi, il Sudafrica per esempio sarebbe perfetto per testare l’adozione di “voter management devices” (VMD) nella gestione delle elezioni.

Utilizzando proprio un caso di studio sudafricano, Maxwell Maseko, – che si occupa di digitalizzazione nel settore pubblico e del suo impatto su democrazia e governance – sostiene che l’adozione di tecnologie digitali trasformerà in positivo la gestione delle elezioni in Africa. Certo in ogni caso, qualunque scenario ci riservino le prossime elezioni, nessuno completerà il progresso in Africa al posto degli africani.

Torna su