“Ti ricordi Maria, dell’alba grigia in cui si dovette partire così in fretta perché volevano uccidere il bambino?…
…Maria, piccola fuggiasca, costretta a fuggire. Tu sei sempre con i deportati, gli immigrati, i rifugiati di ogni razza
I nomadi, gli espulsi, gli sradicati, gli indesiderabili, e tu poni in mezzo ai fagotti, ai pacchi e alle valigie, quel tuo piccolo figlio che la violenza incalza,
Dio.”
Gérard Bessière, Gesù inafferrabile, 1976
Ho attraversato centinaia di campi profughi, rifugiati o sfollati, in Africa e in Medio Oriente. Ho incontrato migliaia di donne, bambini e anziani. Ho visto le conseguenze delle violenze e degli stupri non solo sui loro corpi, ma anche nel loro animo. Ho guardato nei loro occhi e ho percepito nel cuore la loro sofferenza, la loro rabbia muta. Tutti sradicati dalla loro vita, dalle loro case, dai loro affetti. Costretti a inseguire un futuro di speranza, che non raggiungeranno mai. Lo sanno gli sfollati di Sulimanyah che lentamente hanno trasformato le loro tende in mattoni. Lo sanno a Shatila. Lo sanno bene qui in Tigray, dove guerre, carestie e malattie hanno costretto a fuggire milioni di persone in un continuo nomadismo esistenziale alla ricerca di una meta introvabile.
Abbandonare la vita, sentirsi abbandonati e sapere con chiarezza che si viene percepiti da tutti come un problema di cui si farebbe volentieri a meno. Mai come una risorsa. Se non ci fossero poeti e artisti a narrarci le loro storie non sapremmo nulla di loro! Sembrerebbe il loro passaggio sul nostro piccolo pianeta, del tutto insignificante, inutile e disturbante la nostra serena indifferente vita.
Le persone in fuga non sono preparate a partire dispongono di pochi mezzi essenziali. Spesso non sono in grado di fare molta strada e neppure lo desiderano: sperano piuttosto di poter rientrare presto alle loro case.
Anche i loro neonati nascono di corsa, il tempo di partorire e subito di nuovo in fuga. Persino i loro morti spesso non hanno diritto a una tomba per ricordarli. Non c’è tempo per fermarsi. La fuga punisce chi ritarda!
Conosco bene la polvere che sollevano nelle loro fughe, quella polvere intrusa di sudore, sangue e lacrime. Spesso ho asciugato le loro lacrime e accarezzato le loro mani e negli anziani, anche il loro volto.
Quante volte hanno piegato la testa verso la mia mano, per trattenerla. Secondi di intensa emozione. Avevo vergogna a ritirarla. I loro occhi gridavano pietà.
Tanti anni trascorsi con loro. Ho imparato a riconoscere nei loro volti le stesse luci che brillano nei loro cuori.
Altre centinaia di migliaia donne e bambini innocenti stanno fuggendo. Un’altra immane catastrofe umanitaria, è iniziata e con quali drammatiche conseguenze è fin troppo facile prevedere. La Giustizia è assente: c’è solo la vendetta cieca che però colpisce con precisione soprattutto i poveri civili!