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Le mutilazioni genitali femminili: dalla storia di Wiris Dirie alla proposta del Gambia

Waris Dirie è un’attivista, modella e scrittrice somala che ha ispirato il film “Fiore nel deserto”, una rappresentazione del coraggio e la forza di una giovane donna africana fuggita dal suo paese dopo aver subito la pratica della mutilazione genitale femminile.  La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica diffusa in diverse regioni dell’Africa e…

Waris Dirie è un’attivista, modella e scrittrice somala che ha ispirato il film “Fiore nel deserto”, una rappresentazione del coraggio e la forza di una giovane donna africana fuggita dal suo paese dopo aver subito la pratica della mutilazione genitale femminile. 

La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica diffusa in diverse regioni dell’Africa e del Medio Oriente, che prevede la straziante rimozione, totale o parziale, degli organi genitali esterni femminili, non per finalità mediche o terapeutiche. Uno dei metodi più diffusi è l’infibulazione, che comporta la chiusura quasi completa dell’ostio vulvare, spesso accompagnata dalla clitoridectomia, ovvero la rimozione chirurgica del clitoride.

La tipologia di mutilazione, l’età delle vittime e le modalità di esecuzione variano a seconda di diversi fattori, tra cui l’etnia di provenienza, il paese e la zona (rurale o urbana) in cui vivono le ragazze. Solitamente, le mutilazioni vengono praticate nella fascia di età compresa tra i 4 e i 15 anni, anche se in alcuni paesi si registrano casi di bambine già nei primi mesi di vita.

Le conseguenze di tali interventi possono essere estremamente dannose, provocando problemi urinari, lesioni ai tessuti genitali, patologie mestruali, disfunzioni sessuali, infertilità e aumento dei rischi durante il parto. Oltre ai danni fisici, vanno considerati i gravi impatti mentali e psicologici, che includono depressione, ansia e disturbi da stress post-traumatico. 

La pratica affonda le sue radici in tradizioni culturali e religiose e ha l’intento implicito di controllare la sessualità femminile e garantire la purezza delle donne prima del matrimonio. Si tratta di un rito di passaggio all’età adulta, considerato necessario per essere accettate in una società in cui, citando le parole tratte dalla pellicola, “soltanto una donna cucita è una donna onesta”. 

Con oltre 200 milioni di donne ancora in vita che ne sono state vittime e con 3 milioni di bambine a rischio ogni anno (OMS), la MGF è riconosciuta universalmente come una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze, spesso eseguita senza il loro consenso e ponendo a rischio la loro vita. 

Waris Dirie, dopo aver lasciato la Somalia, si è trasferita in Europa ed è diventata Ambasciatrice delle Nazioni Unite. Tuttavia, non ha mai dimenticato le sue radici e la sua storia, impegnandosi attivamente per porre fine alla pratica della mutilazione genitale femminile e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni delle donne in AfricaWaris gestisce attualmente l’associazione “Desert Flower Foundation”, che ha la missione di salvare le bambine a rischio di subire laMGF. Oltre a questo impegno, la fondazione gestisce anche le“Desert Flower Schools”, istituti in cui le bambine ricevono sostegno, istruzione e assistenza psicologica.

Waris è solo un esempio che ha portato alla luce una realtà spesso ignorata. Nonostante il suo contributo forte ed essenziale, alcuni stati mostrano ancora resistenza al cambiamento. E un chiaro esempio è emerso solo pochi mesi fa.

Infatti, il 18 marzo scorso, l’Assemblea nazionale del Gambia ha votato a favore dell’abrogazione del divieto di praticare la mutilazione genitale femminile, rischiando di diventare il primo paese al mondo a retrocedere su questa importante questione e creare un pericoloso precedente giudiziario.

Nello specifico, il Gambia si distingue per essere uno dei paesi con la più alta incidenza del fenomeno, coinvolgendofino ad ora circa il 75% delle donne tra i 15 e i 49 anni.

La decisione di revocare il divieto è stata presa esclusivamente dagli uomini, dato che all’interno della monocamera parlamentare di Banjul, solo cinque dei membri sono donne. Gli uomini, che non sono ammessi ad assisterealla pratica, generalmente ignorano l’inimmaginabile dolore sofferto dalle ragazze durante l’operazione. 

La legge che proibisce le MGF nello stato dell’Africa occidentale è entrata in vigore nel 2015, promulgata dall’ex presidente gambiano Yahya Jammeh, su spinta di sua moglie. L’approvazione del divieto è stata vista globalmente come un atto di progressismo e rottura rispetto al passato per una maggiore tutela della dignità e della salute delle donne e delle bambine. L’applicazione del divieto nel 2023, tuttavia, ha scatenato un acceso dibattito pubblico, in quanto una parte della popolazione lo considera una violazione del diritto dei cittadini di praticare la loro cultura e religione. 

Il deputato Almameh Gibba, promotore del disegno di legge, ha affermato che l’obiettivo è “preservare i principi religiosi e salvaguardare le norme e i valori culturali del paese”. 

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Ci troviamo pertanto di fronte a un dilemma etico: chi revoca il diritto di praticare un culto religioso e socio-culturale e chi invece lotta per tutelare le bambine e le donne costrette a subire una sofferenza ingiustificata. 

Con queste premesse, è importante che le ONG e i gruppi attivisti per i diritti umani affrontino la questione con massimadelicatezza e rispetto nei confronti di una serie di tradizioni, usi e costumi, semplicemente differenti dai nostri (in realtà, intorno agli anni ‘60, anche in Occidente era diffusa la pratica delle MGF, per curare disturbi quali l’isteria femminile). Sebbene possano essere percepite come degradanti, tali pratiche fanno parte di una storia e una cultura radicate da millenni in alcuni territori. Motivo per cui l’approccio da adottare non dovrebbe essere un’attitudine pedagogica basarsi su pregiudizi, che assume continuamente l’Occidente, bensì su un impegno alla sensibilizzazione, all’informazione e alla ricerca, con il fine ultimo di interrompere un ciclo di ingiustizia e discriminazione delle donne. Occorre comprendere e studiare le ragioni che spingono le famiglie a sottoporre le proprie figlie a tali pratiche, spesso connesse a false credenze su benefici estetici, igienici e reputazionali.

Il messaggio e l’appello del film sulla storia di Waris Dirie è che questa ribellione deve nascere e scoppiare dall’interno, da quelle bambine, ragazze e donne africane che decidono di voler abbandonare una tradizione che, seppur legata a fattori culturali e religiosi, è innegabilmente ingiusta e violenta. 

Fonti:

Il Gambia vuole cancellare il divieto di mutilazione dei genitali femminili – Il Post

Mutilazioni genitali femminili: cosa sono, testimonianze e dove sono diffuse (osservatoriodiritti.it)

L’UNICEF e l’UNFPA allarmati per la proposta di abrogazione della legge che vieta le mutilazioni genitali femminili in Gambia | UNICEF Italia

Mutilazione genitale femminile: cosa è? Tutte le informazioni (amref.it)

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Guido Gargiulo

Appassionato di Taiwan, Asia e Africa. Laureato in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe presso l’Università L’Orientale di Napoli, ho approfondito lo studio del cinese al Taiwan Mandarin Educational Center e all’Istituto Confucio. L’Africa ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore, con studi anche del Kiswahili, una delle lingue più parlate nel continente.

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