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Yekatit 12

Yekatit 12: la strage di Addis Abeba. Crimini italiani in Etiopia

Il 19 Febbraio 1937, a seguito di un attentato al Viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani, si scatena una rappresaglia contro il popolo etiope che vedrà l’uccisione sistematica di 30000 persone.

Oggi, 19 febbraio 2024 ne ricorre l’87esimo anniversario, e se la vicenda è stata sottovalutata, nascosta dall’oblio della storia, opportunisticamente celata, è invece nostro dovere parlarne, farla conoscere, ricostruirne (anche se sinteticamente) i fatti che l’hanno portata ad essere una delle pagine più nere del colonialismo italiano.

Yekatit 12
Di Achille Beltrame – http://www.clubdomenica.it/dblog/storico.asp?s=Guerra, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11411916

E’ il 19 Febbraio e Rodolfo Graziani fa organizzare ad Addis Abeba, una cerimonia pubblica per festeggiare la nascita del primogenito del principe Umberto di Savoia. Graziani governava l’Etiopia da alcuni mesi, dopo che l’Italia nel 1936 aveva sconfitto definitivamente le truppe etiopi e Mussolini proclamato l’impero dal balcone di Palazzo Venezia.

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Graziani mostra le ferite riportate nell’attentato

Graziani aveva promesso l’elargizione di elemosine a chi avesse partecipato ai festeggiamenti, ciò porterà circa 3000 uomini, donne e bambini, in gran parte poveri e bisognosi di fronte il Palazzo dell’amministrazione coloniale italiana. Tra di loro si infiltrarono anche Moges Asgedom e Abriha Deboch, due studenti eritrei appartenenti ad una cellula di resistenza anti italiana. I due lanciarono una bomba a mano sotto il palco delle autorità, lasciando sul campo 7 morti e 50 feriti, tra i quali lo stesso Graziani.

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Il palco delle autorità di fronte il Palazzo dell’amministrazione coloniale italiana

La reazione dei militari italiani fu rabbiosa; i soldati italiani spararono sulla folla, uccidendo quasi tutti i presenti, ma ciò che avvenne nelle ore successive passerà alla storia come uno dei momenti più bui del colonialismo italiano.

Si scatena una rappresaglia generalizzata contro la popolazione, senza alcuna distinzione tra combattenti e civili. A partecipare alle violenze non solo i soldati italiani e la polizia, ma anche i civili, operai, burocrati e impiegati dell’amministrazione coloniale.

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Il segretario federale del Partito fascista Guido Cortese, che prese il comando al posto di Graziani (ricoverato in ospedale) ordinò a tal proposito fece distribuire armi a tutti gli italiani, incitandoli ad attuare la cieca vendetta colpendo indiscriminatamente i civili inermi, donne, bambini, militari e resistenti, senza più alcuna distinzione logica sul campo.

I prigionieri o i semplici passanti vengono uccisi a badilate, a bastonate, pugnalati, impiccati, fucilati o semplicemente investiti con gli autocarri o bruciati vivi nelle loro case, uomini colpevoli solo di essere africani, dalla pelle nera, etiopi, e in quanto tali resistenti all’occupazione italiana, colpevoli di aver avuto l’ardire di colpirne la massima autorità.

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All’inizio le violenze interessano solo la città di Addis Abeba, controllata dall’alto dall’aviazione che attraverso un “cerchio di fuoco” la circoscrive, facendo si che nessuno possa tentare la fuga dalle violenze. In una seconda fase gli italiani “passano a ferro e fuoco” i villaggi vicini, e infine l’intera zona da loro controllata, meno di un terzo dell’estensione totale del paese.

A differenza dei proclami di Mussolini e Graziani infatti sulla “conquista dell’Etiopia” e sulla “creazione dell’Impero” il controllo degli italiani non va oltre le arterie principali di comunicazione e le città più grandi. Il paese rimane in gran parte ostile, è grande tre volte l’Italia e nonostante l’accelerazione chiesta dal Duce, Graziani fatica a sottomettere il popolo etiope.

Gli sforzi di Graziani si concentrano quasi tutti sulla regione Amhara, dominante con il Negus. Ne vuole la sottomissione, vuole la cancellazione dei dignitari e ricorre ad ogni arma, compresa l’iprite con la quale sottopone al gas numerosi villaggi, per raggiungere il proprio scopo.

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Ma torniamo al 19 Febbraio. Le violenze continuano, si effettuano migliaia di arresti e le persone vengono internate nei campi di Danane e Nocra, dove lo stesso Graziani comanda che vengano trattati con minime dosi di cibo ed acqua appena sufficiente a sopravvivere.

In pochi sanno che circa 400 notabili e membri religiosi delle comunità verranno deportati in Italia, presso il carcere dell’Asinara, successivamente smistati presso altri luoghi di detenzione come Palermo, Frascati, Longobucco, Ischia.

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A questo punto sono oltre ventimila i morti lasciati sul campo, quando le “indagini” sugli attentatori di Graziani, Moges Asgedom e Abriha Deboch, suggeriscono che il villaggio convento di Debre Libanos li abbia ospitati nei giorni precedenti al 19 Febbraio.

In realtà, da indagini storiche accurate condotte in seguito, sapremo che il Generale Pietro Maletti, al quale fu affidata l’operazione punitiva, non aveva alcuna prova che giustificasse quello che poi mise in atto; a spingerlo fu un telegramma di Graziani che ordinava di radere al suolo il villaggio e di passare per le armi tutti i monaci, nessuno escluso.

Quando Pietro Maletti comunica a Rodolfo Graziani la “liquidazione completa” della comunità monastica di Debre Libanos, si contano all’incirca 2000 esecuzioni, compresi numerosi minorenni, laici e religiosi.

yekatit 12
Antun Augustinčić e Frano Kršinić, monumento allo yehkatit 12, 1955

In Etiopia la data dello Yekatit 12 (Yekatit 12 è il 12 Febbraio del calendario copto, corrispondente al 19 Febbraio del calendario gregoriano) ed è un giorno dedicato alla memoria delle vittime dell’occupazione fascista italiana.

Solo nel 1946, al termine della seconda guerra mondiale, durante i lavori della Conferenza di pace di Parigi, l’Etiopia presentò la richiesta di riconoscimento dei crimini commessi dagli italiani nei 5 anni di occupazione del paese.

Nel documento, le vittime dell’occupazione italiana vengono calcolate in 760.300 mentre le morti attribuite al “Massacro del Febbraio 1937” risultano essere 30000.

Per approfondire:

Angelo Del Boca, “Italiani, brava gente?”, Vicenza, Neri Pozza, 2014

Richard Pankhurst, The Graziani Massacre and Consequences, History of the Ethiopian Patriots (1936-1940), n. 4

Ian Campbell, “Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana”, Rizzoli, 2018.

Matteo Dominioni, Lo sfascio dell’impero. Gli italiani in Etiopia 1936-1941, Roma-Bari, Editori Laterza, 2008,

Yekatit 12 | Febbraio 19. Ricordiamo i crimini del colonialismo italiano. Wu Ming Foundation

“Noi tireremo dritto”, quella frase di Mussolini che non racconta gli orrori del colonialismo italiano – Focus on Africa

 

 

 

 

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