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Covid-19, avanza in Tanzania ma il presidente Magufuli non chiude chiese e moschee

È del 16 marzo il primo caso confermato di Covid-19 in Tanzania. Ma nel giro di pochi giorni essi sono saliti fino a raggiungere il numero di 19 secondo gli ultimi dati ufficiali forniti dal ministero della Salute. In una nota sono stati confermati cinque nuovi casi, due dei quali sono persone attualmente residenti nell’arcipelago di Zanzibar, mentre i restanti tre vivono nella capitale economica Dar es Salaam. Si tratta di persone tra i 21 e i 49 anni.

La ministra della Sanità, Ummy Mwalimu, ha aggiunto che le cinque persone sono state trasferite in strutture sanitarie della zona di Dar es Salaam, dove riceveranno le cure necessarie.

Nonostante il progressivo avanzamento dell’epidemia, domenica 22 marzo, quando i casi accertati erano già saliti a 12, il presidente John Magufuli ha annunciato, nel corso di una celebrazione eucaristica nella chiesa di San Paolo della Croce a Dodoma, che non avrebbe chiuso chiese e moschee essendo essi gli unici luoghi in cui è possibile trovare la vera guarigione.

“In questi luoghi santi c’è Dio – ha dichiarato – Miei fratelli tanzaniani, non abbiate paura di lodarlo”.

Sostenendo poi l’origine demoniaca del Coronavirus, ha aggiunto: “Corona non può sopravvivere nel corpo di Cristo, brucerà. Questo è esattamente il motivo per cui non mi sono fatto prendere dal panico mentre prendevo la santa comunione”.

Ma le dichiarazioni di Magufuli sono state oggetto di numerose critiche sui social media. Il presidente è stato accusato d’ingannare il popolo tanzaniano, esponendolo a un rischio maggiore di contrarre il virus in chiese e moschee.

Particolarmente duro il leader dell’opposizione Zitto Kabwe che ha attaccato il presidente con numerosi tweet in cui, ribadendo il concetto che “Non si discute con la scienza, l’ha sollecitato a chiudere tutte le chiese e moschee per frenare la rapida diffusione del contagio.

Fervente cattolico, Magufuli è stato oggetto di severe critiche, il 14 febbraio 2018, da parte della Conferenza espiscopale tanzaniana (Tec) per le sistematiche violazioni della libertà di espressione e associazione nonché per gli attacchi contro oppositori politici, giornalisti, artisti e attivisti per i diritti umani.

Per non parlare dell’autentica caccia alle streghe nei riguardi delle persone omosessuali avviata già all’indomani dell’elezione a presidente nel mese di ottobre 2015.

Nel febbraio 2017 il governo aveva ordinato la chiusura di centri sanitari specializzati nella lotta contro l’Aids con l’accusa di promuovere l’omosessualità. Nel medesimo mese era stata poi annunciata l’imminente pubblicazione di «una lista di persone gay che si prostituiscono su internet». Decisione subito revocata, ufficialmente per motivi tecnici, ma in realtà per poter raccogliere in segretezza ulteriori prove a carico degli escort omosessuali.

Nel giugno 2017 Magufuli aveva dichiarato che «persino le mucche» condannano le pratiche omosessuali. Pochi giorni dopo il governo aveva minacciato di arresto tutti gli attivisti per i diritti delle persone Lgbti e promesso di espellere gli stranieri che avrebbero combattuto in loro difesa.

Fino al sostegno alla campagna di arresti di persone Lgbti, promossa dal governatore evangelicale di Dar es Salaam Paul Makonda il 29 ottobre 2018, che è valso al governo Magufuli i duri moniti di Onu e Ue nonché la sospensione di aiuti finanziari da parte della Svezia.

 

 

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