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Sudan, è scontro con l’Etiopia: schierati gli eserciti al confine conteso

Al confine tra Etiopia e Sudan la situazione sta precipitando. Decine di persone, tra cui 5 donne che stavano lavorando nei campi, sono state uccise negli attacchi delle milizie sostenute dal governo di Addis Abeba nella regione contesa di al-Fashqa.
Nell’area da tempo la tensione è alta. Da decenni è in atto uno scontro territoriale tra i paesi che rivendicano la zona, ricca di terreni particolarmente fertili.
Ad alimentare il conflitto, ormai trasceso all’azione militare, le dichiarazioni pronunciate durante la visita nello stato del Gedaref orientale la scorsa settimana del presidente del Consiglio di transizione e comandante generale delle forze armate del Sudan, Abdul-Fattah Al-Burhan. Rivolgendosi ai soldati di stanza al confine ha dichiarato che tutto il Paese li ringraziava e sarebbe stato loro accanto fino a quando il diritto sulle terre che proteggevano non sarebbe stato ottenuto “con la forza, in buona fede o con qualsiasi altro metodo”.
“Questa è la nostra terra e abbiamo il diritto legittimo di difenderla e proteggerla con tutti i mezzi disponibili – aveva affermato davanti alle truppe Burhan – Per quanto dobbiamo ancora essere pazienti? Tutto ha un limite e questa situazione lo ha superato. Questa è la nostra terra e siamo tutti disposti a morire qui per essa, fino all’ultimo uomo”.
La risposta di Addis Abeba non si è fatta attendere. Poche ore dopo la portavoce del ministero degli Esteri, Dina Mufti, ha ribattuto che il Sudan stava cercando di “infiammare la situazione mentre l’Etiopia avrebbe continuato a cercare di risolvere la questione usando la diplomazia. Ma non all’infinito”.
Il primo ministro Abiy Ahmed non avrebbe alcuna intenzione, secondo analisti di questioni etiopi, di fomentare un ulteriore conflitto essendo il suo esercito ancora dispiegato nel Tigray, dove è stata condotta un’operazione militare contro le autorità dello stato regionale che ha coinvolto inevitabilmente i civili.
Nella regione la situazione umanitaria si sta aggravando di giorno in giorno.
Le drammatiche conseguenze degli scontri, iniziati il 4 novembre, hanno spinto migliaia di persone alla fuga.
All’origine del conflitto il pressante attacco perpetrato dal Fronte di liberazione del popolo del Tigray contro l’esercito nazionale di stanza nella zona lo scorso ottobre. La reazione dei militari è stata devastante.
Da mesi la gente continua a morire per la guerra, per la fame, per la mancanza di medicinali, mentre milioni di donne e bambini sono costretti a fuggire dalle loro case in cerca di sicurezza e salvezza.
Centinaia di migliaia di persone rischiano di morire di fame. Per il centro di coordinamento per l’emergenza nel Tigray, gestito dal governo federale, la situazione è al collasso.
Gli operatori sul campo stanno valutando le esigenze a seguito del conflitto interno terminato con la presa della capitale tigrina, Makallè. Sporadici combattimenti tra l’esercito di Addis Abeba e le forze fedeli all’ex partito di governo locale sono però continuati provocando un numero sempre più alto di sfollati.
I rapporti rilevano che il cibo scarseggia in tutta la regione, aumentando i rischi di malnutrizione.
L’Ecc afferma che 4,5 milioni di persone hanno bisogno con emergenza di aiuti alimentari.
La popolazione della regione a nord dell’Etiopia è compresa tra i 5 e i 7 milioni.
Più di 500 mila tigrini sono fuggiti nel confinante Sudan per scappare dalle violenze del conflitto ma molti altri sono bloccati nelle zone dove ancora si combatte.
L’Onu ha rilevato che l’accesso a parti del Tigray è ancora limitato ma che seppure a rilento gli aiuti stanno arrivando.
Alla crisi umanitaria che coinvolge gli etiopi si affianca l ’impossibilità di assistere anche migliaia di rifugiati eritrei che continuano a fuggire dal loro Paese in cerca di sicurezza e di sostegno.
Per sfrontare l’emergenza le Nazioni Unite si sono appellate al governo etiope affinché sia  garantito loro un accesso completo e senza ostacoli.
Appello  che finora è rimasto inascoltato.

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