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Clima, energia e risorse: il futuro verde del partenariato UE-Africa

Le relazioni tra Europa e Africa si intrecciano da oltre sessant’anni ed entrambe le parti sembrano disposte a rafforzare e modernizzare il loro partenariato, a fronte delle complesse sfide globali.

In un contesto internazionale vulnerabile, determinato dalla crisi del multilateralismo in cui nuovi paesi emergenti aspirano a spostare il baricentro del potere internazionale, ponendo il continente africano come al centro della scacchiera geopolitica, gli sforzi dell’Europa e dell’Africa devono convergere verso la costruzione di un partenariato “da continente a continente” come partner indispensabili nelle esigenze multilaterali nell’affrontare problemi e sfide comuni.

Di fronte a una nuova “corsa per l’Africa”, l’Unione europea (UE)non può perdere l’opportunità di costruire un partenariato strategico e competitivo con l’Africa.

Alla luce di questa esigenza geopolitica, l’UE dovrebbe focalizzarsi su una prospettiva di aiuto e cooperazione come parte di un più ampio discorso strategico e programmatico di lungo periodo, concentrandosi su alcune questioni chiave, prima fra tutte il tema della sostenibilità, includendo il clima, l’energia e le risorse.

Una delle preoccupazioni dell’attuale crisi climatica, non sono solo l’aumento delle temperature, ma anche i suoi impatti sui territori, sugli ecosistemi, sull’uomo e sulle sue attività e le influenze sull’economia, soprattutto in paesi con strutture economiche e sociali molto fragili.

In questo senso, l’Africa appare come un continente estremamente vulnerabile, un’area in cui i cambiamenti climatici possono amplificare problemi già endemici, al punto da superare le soglie di abitabilità e sopravvivenza e spesso contribuire a conflitti e migrazioni (compresi i rifugiati climatici). Nel caso africano, è chiaro che, sebbene il continente non abbia contribuito ad accelerare questi cambiamenti, ne sta subendo gli effetti più gravi (siccità prolungate, piogge molto abbondanti, inondazioni improvvise, sicurezza alimentare ed approvvigionamento idrico), innescando così un problema di equità internazionale.

A questo proposito, l’UE dovrebbe includere nei suoi rapporti strategici con l’Africa un piano d’azione per affrontare i diversi impatti dei cambiamenti climatici sul continente.

Un criterio procedurale potrebbe essere il recupero dei terreni degradati e desertificati per il pascolo. Sarebbe vantaggioso indirizzare gli investimenti e gli scambi tecnici nel settoredell’agricoltura sostenibile, al fine di rigenerare il territorio e migliorare le condizioni socioeconomiche dei suoi abitanti, mettendo in moto una reazione a catena che possa rafforzare il commercio, l’economia locale e la stabilità sociale, evitando anche migrazioni forzate per sfuggire alla fame e alle guerre.

Inoltre, il partenariato con l’UE dovrebbe tenere conto di un’altra urgenza dell’Africa, quella di fornire una risposta al grande enigma africano della difficoltà di coniugare la gestione delle sue immense risorse con la sua storia, la sua arretratezza socioeconomica e l’ingerenza di potenze esterne, che tendono a sfruttare le ricchezze del continente in modo predatorio, senza contrapporre una vera visione della costruzione di un sistema politico, economico e sociale.

Le continue influenze esterne per il controllo politico delle risorse ostacolano ogni sforzo di crescita dei paesi e di benessere delle popolazioni locali, lasciando campo libero alle multinazionali, alle lobby e agli scontri armati. L’accaparramento delle risorse africane va oltre la “mera” estrazione delle ricchezze minerarie, ma si estende anche a fenomeni più complessi che alimentano l’instabilità, la corruzione e la povertà nel continente. L’aumento della domanda globale di cibo, dovuto alla crescita della popolazione e ai cambiamenti nelle abitudini alimentari, sta accrescendo la necessità di risorse di terra e acqua dolce. Il water e land grabbing sono due pratiche ormai molto diffuse, e strettamente collegate tra loro, che consistono nell’appropriazione massiccia di terreni agricoli e di acqua, soprattutto nei paesi emergenti, attraverso investimenti su larga scala.  

Sulla base della consapevolezza che la terra, soprattutto quella fertile, e l’acqua pulita sono risorse esauribili, queste attività rispondono alle esigenze di un mercato globale malsano che, oggi, si basa su un modello estrattivista.

Il water e land grabbing sono incoraggiati dal settore finanziario, così come dai governi, dalle multinazionali, dalle aziende nazionali e private. Questi due fenomeni riflettono una “sindrome da accaparramento dell’acqua e della terra” che mira a sviluppare il settore dell’agrobusiness, il più delle volte surclassando i diritti, i benefici e l’attaccamento (culturale e religioso) delle popolazioni locali alle risorse idriche e terrestri. Il 19% della superficie agricola mondiale è irrigata e alimenta il 40% della produzione alimentare totale: l’agricoltura è, quindi, responsabile dei principali prelievi di acqua dolce (corsi dacqua, laghi e falde acquifere) che, a livello globale, sono aumentati di quasi sette volte nellultimo secolo, rendendo l’acqua una risorsa contesa. La Fig. 1 mostra i Paesi che subiscono maggiormente l’accaparramento di acqua verde: Indonesia, Filippine e Repubblica Democratica del Congo; mentre, i tassi più elevati di accaparramento di acqua blu si registrano in Tanzania e in Sudan.

Figura 1– Accumulo di acqua verde e blu

Il territorio del continente africano conta il 60% delle terre incolte del mondo, ponendosi così come una delle mete più ricercate al mondo. In Africa, i casi di land grabbing in Sud Sudan, Mozambico, Liberia e Madagascar sono i più preoccupanti.

Figura 2 – I Paesi africani più colpiti dal fenomeno land grabbing

Nel corso del tempo, le pratiche di land grabbing, ma anche di water grabbing, alimentano la comparsa di conseguenze difficili da gestire e correggere, soprattutto se si considerano i danni ambientali: la deforestazione, con la successiva perdita degliecosistemici, la scarsità d’acqua, le alterazioni di biodiversità e l’influenza reciproca con il cambiamento climatico.

Dal punto di vista sanitario, questo accanimento, unito all’impatto sugli ecosistemi naturali, crea le condizioni affinché i virus mutino, si diffondano e si trasformino in pandemie.

Altrettanto importanti sono gli effetti di tali pratiche sul piano sociale.

L’impatto dell’accaparramento di terre e acqua si manifesta nella sicurezza alimentare, con il conseguente rischio di malnutrizione;ma anche nell’espulsione dei popoli indigeni e contadini dalle terre acquisite; e nell’instabilità, generando potenzialmente nuove tensioni e fenomeni migratori.

Per quanto riguarda la pratica dell’accaparramento dell’acqua, i ricercatori introducono un nuovo fattore: le “water wars”, ovvero le guerre intraprese e combattute per l’acqua.

La storia è già piena di esempi, come il conflitto del Nilo tra Egitto, Etiopia e Sudan, con la possibilità che questi fenomeni possano esacerbarsi nel tempo. Alla luce di queste sfide multiformi, il partenariato Europa-Africa dovrebbe assumere un ruolo guida nel sostegno al diritto alla terra per le popolazioni indigene, nel rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza alimentare e nel consolidamento degli interventi nei settori della sicurezza e della difesa per la prevenzione e la gestione dei conflitti.

Un ulteriore enorme potenziale del continente africano su cui l’Europa dovrebbe intensificare il suo intervento politico è quello dell’energia.

Un rapporto del Global Solar Atlas per la Banca Mondiale ha stilato una classifica globale basata sul potenziale medio dell’energia solare nel mondo, in cui l’Africa appare in testa.

Secondo lo studio, circa il 20% della popolazione mondiale vive in settanta Paesi che hanno “condizioni eccellenti” per la creazione di energia solare, il che, secondo i dati, si traduce in una produzione a lungo termine di oltre 4,5 kWh/kWp al giorno. A livello globale, solo i paesi africani superano questa soglia. Tuttavia, gran parte del potenziale energetico dei paesi meno sviluppati dell’Africa non è ancora sfruttato, ma, come indica il dossier, «rappresenta un’opportunità unica per fornire servizi elettrici accessibili, affidabili e sostenibili a gran parte dell’umanità, dove sono necessarie migliori opportunità economiche e una migliore qualità della vita».

L’Afrique est le premier continent au monde en termes de potentiel d’énergie solaire

L’Africa possiede il 60% delle migliori risorse solari al mondo, ma detiene solo l’1% della capacità di energia solare installata. Complessivamente, la potenziale capacità di energia rinnovabile che potrebbe essere prodotta nel continente è stimata in 24.000 TWh di elettricità all’anno, che corrisponde al 90% della produzione globale di elettricità nel 2018 e più di 26 volte quella attualmente prodotta dal continente.

Sulla base di questi dati e delle prospettive energetiche dell’Africa, l’UE dovrebbe sfruttare l’opportunità di lavorare insieme, investendo nella costruzione di infrastrutture, nel settore tecnologico e nel garantire un migliore accesso all’energia nel continente africano.

Alla luce dell’attuale strategia europea volta a eliminare la propriadipendenza energetica dalla Russia, e dato l’aumento della produzione intraeuropea di energia rinnovabile, l’UE dovrà ancora guardare oltre i suoi confini per raggiungere i livelli di produzione necessari per la sua transizione.

L’UE dovrebbe, quindi, considerare l’Africa come il partner più strategico nel settore delle energie rinnovabili. Esistono già programmi di collaborazione UE-Africa su questo tema, tra cui il partenariato Africa-UE per l’energia (AEEP), che mira ad aumentare l’accesso a servizi energetici sostenibili e a prezzi accessibili, incoraggiando gli investimenti nelle energie rinnovabili e promuovendo l’efficienza energetica nel continente.

L’impegno a favore del partenariato è stato rinnovato dall’UE e dall’Unione Africana (UA) in occasione del VI vertice UE-UA tenutosi a Bruxelles nel 2022, in cui è stato definito un pacchetto di investimenti di circa 150 miliardi di euro per sostenere le ambizioni comuni dei continenti per l’Agenda 2030 e l’Agenda 2063 dell’UA. In tale contesto, l’UE si è fatta promotrice di una nuova iniziativa Africa-UE per l’energia verde nell’ambito del pacchetto di investimenti Global Gateway.

Si tratta di un’azione congiunta per favorire programmi di elettrificazione sostenibile su larga scala nel continente africano. Sul tema dell’energia, sembra che l’UE e le istituzioni africane stiano procedendo insieme su diversi fronti, tra cui miglioramenti infrastrutturali, economici e tecnologici. Nel corso del tempo, sarà possibile fornire valutazioni del successo o dell’insuccesso e delle criticità da affinare di queste partnership alla luce delle positive ricadute socio- politico-economiche che si registreranno sui territori africani ed europei.

 

 

 

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