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Focus internazionale

L’Afghanistan che resiste all’oppressione talebana con l’arte: la poesia di Somaia Ramish

Ho avuto il piacere e l’onore di avere una conversazione con Somaia Ramish, una delle voci più importanti della poesia afghana, nonché attivista per i diritti umani, attualmente in esilio in Olanda, dopo il drammatico ritorno dei Talebani nell’agosto del 2021, che ha costretto decine di artisti a lasciare il proprio paese. Anche lei è…

Ho avuto il piacere e l’onore di avere una conversazione con Somaia Ramish, una delle voci più importanti della poesia afghana, nonché attivista per i diritti umani, attualmente in esilio in Olanda, dopo il drammatico ritorno dei Talebani nell’agosto del 2021, che ha costretto decine di artisti a lasciare il proprio paese. Anche lei è stata costretta a chiedere asilo politico, in quanto artista e voce dei diritti delle donne afghane, un binomio intollerabile per il gruppo al potere che ha rigettato il paese nel più drammatico oscurantismo. La Ramish mi ha parlato dell’impatto dell’estremismo talebano e della guerra sulla parte più fragile e vulnerabile della popolazione, le donne, i bambini, i disabili. La sua poesia, infatti, è strettamente connessa alle questioni sociali e alle tematiche politiche, legata in particolar modo al disagio e violenze subite spesso dalle donne afghane, sottoposte a matrimoni forzati, anche in giovanissima età, alla povertà estrema, ai delitti d’onore, alle violenze familiari. Membro del PEN, l’Associazione Internazionale dei Poeti, la poetessa nel 2014 ha scritto un importante saggio, “Chiamami con il mio nome”, menzionato tra gli altri dal New York Times, sul costume diffuso in Afghanistan di eliminare il nome delle donne, di non menzionarle, soprattutto in pubblico. Si tratta, in pratica, della deprivazione dell’identità, di un diritto fondamentale della persona, tanto che dire il proprio nome è un vero e proprio taboo per alcune donne, come se si concepissero solo in funzione di un uomo, se fossero proprietà di un mondo declinato soltanto al maschile. “Load poems like guns” “Carica le poesie come pistole”, così inizia una delle poesie della Ramish, che sottolinea il potere della parola poetica che si oppone alla violenza di un mondo di soprusi.

D.: Cosa significa scrivere poesie per una donna afghana?

In Afghanistan la poesia è parte integrante della vita quotidiana di tutti, non soltanto dell’élite. Ad esempio, i bambini cominciano a frequentare la moschea a cinque anni e il Divan deiGhazal di Hafez e Saadi sono tra i primi libri che apprendono. Dall’età di 5 anni la poesia entra nel loro mondo. Anche chi non è alfabetizzato conosce versi a memoria. Le madri sussurrano poesie ai bambini all’ora della nanna, gli uomini recitano poesie quando lavorano nei campi o nei loro negozi…posso dire che a questo punto è chiara l’importanza della poesia nel nostro paese. Rabia Balkhi nel X secolo è stata la prima poetessa di lingua persiana, le sue opere ancora vengono lette. Non è stata soltanto la prima poetessa che ha scritto in persiano, ma la prima vittima dell’amore per la poesia, letteralmente, dato che ha scritto le sue poesie col proprio sangue prima di morire. Questo ha un grande significato per noi. Per tutta la storia le poetesse hanno scritto col loro sangue. Per le donne, che vivono in un luogo dominato dagli uomini, anche scrivere è una lotta! Le donne per tutto il corso del tempo sono state costrette a scrivere poesie con uno pseudonimo, e hanno potuto esprimere il loro amore, le loro emozioni, il loro credo, l’odio e le proteste attraverso questo sistema, usando stratagemmi.

D.: Le sue poesie sono profondamente correlate alla situazione del suo paese. Quanto è coinvolta dai disagi politici e sociali che subiti dai suoi compatrioti?

La poesia e l’arte sono create in un contesto politico e sociale. Quindi, secondo me, la poesia non può essere separata dalla società e dalla sua gente, come l’arte può assumere forme differenti in diversi contesti sociali. Un artista, mentre è coinvolto nel processo creativo, può protestare attraverso la propria arte e dare voce alle necessità della gente, può informare, può dare luce, squarciare il buio, portare al cambiamento. Ritengo che la poesia non possa restare calma e indifferente in una società in cui l’ingiustizia prevale! In questi giorni in cui la guerra sta trattando la vita umana nel modo più rude e violento, la poesia può sostenere la verità e fare in modo che la politica e i media non passino la cosa sotto silenzio. Come donna afghana, la cui vita è stata segnata da emigrazione, guerra, discriminazione ed esilio fin dall’infanzia, come potrei nelle mie poesie non tenere conto di tutte queste sofferenze? La mia poesia rispecchia le mie esperienze, i sentimenti, i pensieri, l’immaginazione e anche le speranze. La poesia oggi per me è la voce della protesta rispetto a quello che mi è accaduto e rispetto al paese dal quale provengo.

D.: Cosa significa essere una donna nel suo paese, oggi?

Una donna in Afghanistan è una persona totalmente priva di diritti umani soltanto a causa del suo genere. I talebani hanno imprigionato le donne nelle loro case ed è come vivere sotto una pietra tombale! Credimi, è davvero difficile per me parlare della vita delle donne afghane oggi, percepisco la loro sofferenza ogni giorno, quando vedo le lacrime di un’adolescente dietro il cancello chiuso della scuola, quando sono testimone del fatto che vivono come sepolte vive, quando vedo la palese violenta discriminazione da parte dei Talebani nei confronti delle donne, quando vedo l’indifferenza del mondo per la sorte delle donne e delle ragazze afghane, tutto ciò mi provoca dolore e disperazione. Le donne in Afghanistan sono private dei diritti più elementari, il diritto all’educazione, il diritto al lavoro, il diritto di viaggiare, di divertirsi, di frequentare posti all’aperto, di scegliere i propri vestiti, di partecipare ad attività sociali, politiche, culturali. E da tre anni il mondo sta in silenzio di fronte a tutto questo! La vita delle donne afghane mi ha reso scettica su ogni standard definitodi libertà, uguaglianza, diritti umani, mi sembra che ci sia un doppio standard nel mondo che può facilmente calpestare questi valori, è la politica che determina chi e dove può essere libero e godere di pari diritti. Per me è un’amara, letale costatazione.

D.: Perché l’arte in generale è così ostacolata in Afghanistan nonostante la vostra tradizione?

Perché il nostro paese è occupato da un gruppo terroristico e ignorante. Nella loro ideologia l’arte, la cultura, la bellezza e le donne non hanno spazio né significato. La loro ideologia deriva dauna narrazione estremista di fraintendimento dell’Islam, una narrazione dura che si è mischiata con una visione dell’umanità primitiva e ignorante. Un miscuglio di Islam radicale e ignoranza ha creato l’ideologia Talebana. I soldati Talebani non conoscono nulla della vita moderna, dei valori dei diritti umani, della libertà, sono completamente ignari di concetti di questo genere. Sono cresciuti in un contesto di rabbia, violenza, ignoranza, con insegnamenti di morte, uccisione, perciò insegnare la bellezza l’arte, la cultura, la storia, l’esistenza stessa delle donne, è qualcosa di proibito e deve essere distrutto. Questo è quello che vediamo oggi: i Talebani hanno vietato qualsiasi forma d’arte, persino le fotografie di donne o di animali, le foto in generale, la pittura, gli strumenti musicali, le gallerie d’arte, che pure avevano significato e valore storico. La distruzione degli antichi Buddha di Bamiyan e la chiusura delle gallerie d’arte sono esempi lampanti di questa regressione. L’approccio dei Talebani non ha alcuna connessione con la cultura degli Afghani, come ho detto prima la nostra storia è intrecciata con l’arte, la poesia e la cultura. I più grandi poeti, pittori e scrittori come Rumi, Kamal al-Din Behzad, Nasir Khusraw testimoniano l’importanza dell’arte in Afghanistan.

D.: Lei attualmente sta vivendo all’estero a causa del regime talebano, ma continua a lottare per i diritti umani e la democrazia. Cos’è BAAMDAAD?

Baamdaad – La Casa della Poesia in Esilio è un movimento di protesta contro la repressione e la censura dell’arte. Nessuna politica, nessuna ideologia può privare una persona del diritto alla libertà, che è un diritto naturale che deve essere preservato in qualsiasi modo. Libertà di espressione, libertà di pensiero, libertà di creare, sono valori che non dovrebbero in nessun modo essere controllati dalla politica o dalla religione. Baamdaad è uno sforzo artistico di solidarietà dei poeti di tutto il mondo contro la censura e la repressione dell’arte in Afghanistan. Decine di poeti di tutto il mondo hanno aderito e sostenuto questo movimento di protesta,inviando le loro poesie per sostenere i poeti e gli artisti afghani che sono oppressi, torturati e privati della loro libertà. In seguito ho riunito tutti i componimenti e li ho pubblicati nell’antologia della poesia mondiale: “Nessuna prigione può bloccare la poesia”è stato pubblicato in Francese e in Giapponese, e presto uscirà nella versione Italiana e Olandese.

La voce degli Afghani continua a risuonare forte attraverso i suoi artisti, nonostante tutto, nonostante l’indifferenza del mondo, nonostante la politica mondiale in questo momento sia impegnata su altri fronti, molto più “caldi”.  “Load poems like guns” “Carica le poesie come pistole” dice Somaia Ramish in uno dei suoi versi, noi continuiamo ad amplificare la loro voce.

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Guido Gargiulo

Appassionato di Taiwan, Asia e Africa. Laureato in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe presso l’Università L’Orientale di Napoli, ho approfondito lo studio del cinese al Taiwan Mandarin Educational Center e all’Istituto Confucio. L’Africa ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore, con studi anche del Kiswahili, una delle lingue più parlate nel continente.

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