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Tigray, aumentano i casi di Epatite E tra i rifugiati nei campi in Sudan

Un’emergenza nell’emergenza. L’Epatite ‘E’ sta colpendo centinaia di rifugiati arrivati dal Tigray in Sudan orientale, nei campi degli stati di Gedaref e Kassala, e sta mettendo a rischio anche le comunità locali del Sudan.

Nelle scorse settimane le équipe di Medici Senza Frontiere (MSF), nel campo di Umm Rakouba e nel centro di transito ad Al Hashaba/Village 8 a Gedaref, hanno ricevuto 278 pazienti, di cui 16 sono stati ospedalizzati, incluse tre donne in stato di gravidanza. Molti pazienti riportano itterizia acuta, uno dei segnali principali del virus, vomito e dolori addominali. Il campo di Umm Rakouba registra una media giornaliera di 15 casi di epatite E, mentre ad Al-Tanideba sono stati identificati sei casi e altri tre a Hamdayet.

 

L’epatite E è un virus contagioso che colpisce il fegato. Come altre malattie come tifo, dissenteria e colera, prolifera in ambienti in cui manca l’acqua potabile e le condizioni igienico sanitarie sono scarse. Causa una colorazione giallastra di occhi e pelle, stanchezza e urine scure, può portare a un grave malfunzionamento del fegato e persino alla morte. Alcuni pazienti curati dai team di MSF sono entrati in stato di coma. Il virus è particolarmente pericoloso per le donne in gravidanza, per le quali il rischio di mortalità è del 25% circa.

 

“Sin dal primo giorno, la risposta umanitaria è stata insufficiente rispetto alle necessità della popolazione,” afferma François Zamparini, coordinatore emergenza di MSF nello stato di Gedaref. “I primi segnali delle scarse condizioni igienico-sanitarie non sono stati presi in considerazione e la costruzione di latrine e distributori di acqua potabile è stata troppo lenta. I rifugiati del Tigray stanno pagando con la loro salute lo scarso coordinamento degli aiuti internazionali.”

Nei campi di Al-Tanideba e Umm Rakouba, che ospitano circa 40.000 persone, le latrine sono insufficienti o inutilizzabili: nel primo molte latrine sono state distrutte da forti piogge e vento, mentre nel secondo ci sono solo 175 latrine per 20.000 persone.

 

È già in corso la costruzione di nuove latrine ma con la stagione delle piogge in arrivo, molte non saranno pronte prima di diversi mesi. Alcune sono posizionate proprio vicino ai punti di accesso all’acqua e questo aumenta il potenziale rischio di contaminazione. Questa settimana, le forti piogge hanno inondato alcune parti del campo di Al-Tanideba peggiorando ulteriormente la situazione. È importante che gli attori umanitari incrementino la quantità e la qualità delle latrine, soprattutto con l’arrivo della stagione delle piogge in cui probabilmente aumenterà la diffusione delle malattie che si trasmettono con l’acqua.

 

“I servizi igienici sono stati un problema sin da quando siamo arrivati,” dice Mehrut che vive nel campo di Al-Tanideba con i suoi cinque figli. “Non sono mai puliti, non c’è nessuna manutenzione e non ci sentiamo sicuri ad usarli.” Visto che la distribuzione del cibo è stata irregolare, molti rifugiati hanno anche deciso di vendere le scorte di sapone per comprare da mangiare.

 

In risposta all’aumento dei casi di epatite E, i team di MSF hanno innalzato i livelli di cloro nell’acqua distribuita e hanno adottato diverse misure per la protezione e la disinfezione dei pozzi di propria gestione dalle acque superficiali sporche. MSF sta inoltre portando avanti attività di promozione della salute nei campi, tra cui una campagna di pulizia delle taniche per far sì che i contenitori utilizzati dai rifugiati siano sicuri. Alle donne in gravidanza MSF fornisce scorte aggiuntive di detergenti come ulteriore misura di prevenzione.

 

“La diffusione dell’Epatite E poteva essere evitata se le infrastrutture di base fossero state costruite in tempo” afferma il capoprogetto di MSF, Sergio Scor. “Invece abbiamo assistito a un fallimento collettivo nel fornire servizi dignitosi e sicuri per un numero relativamente basso di rifugiati.”

Credits foto Dalila Mahdawi

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