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Libertà per Patrick ZakI e migliaia di attivisti, giornalisti, blogger, avvocati, dissidenti e ricercatori

Amnesty International Italia, Human Rights Watch e Dignity- Danish Institute Against Torture, in collaborazione con le ong egiziane Committee for justice e Commissione egiziana per i diritti e le libertà, si sono riunite oggi per presentare una serie di raccomandazioni alla comunità internazionale e alle autorità nazionali affinché si ponga fine alle violazioni dei diritti umani in Egitto. Le ong citate hanno fornito una panoramica sulle violazioni sistematiche dei diritti umani che da oltre otto anni imperversano nell’Egitto di Abdel Fatah al-Sisi. Migliaia di difensori e difensore dei diritti umani, giornalisti, blogger, avvocati, attiviste, dissidenti e ricercatori, tra i quali Patrick Zaki, sono detenuti arbitrariamente nello Stato nordafricano sulla base di leggi liberticide e spesso in condizioni inumane che mettono a repentaglio la loro salute pisco-fisica, stando un comunicato stampa delle tre ong. Secondo il rapporto di Amnesty ‘Finirà solo quando morirai’, pubblicato il 16 settembre 2021, l’operato della National security agency (Nsa) egiziana, che si occupa di casi di minaccia alla sicurezza nazionale, diffusione di notizie false, sovversione, incitamento a manifestazione illegale e propaganda per il terrorismo, ha portato alla costituzione di un ‘sistema di terrore’ che cerca di ridurre al silenzio chi si occupa di difendere i diritti umani. Il report raccoglie le testimonianze di 26 attivisti e attiviste che tra il 2020 e il 2021 hanno subito minacce, convocazioni illecite, interrogatori violenti nonché misure cautelari sproporzionate. Secondo Amnesty, le autorità egiziane abusano dei propri poteri, negando i diritti umani e le libertà fondamentali in un clima di impunità pressoché totale. A ciò si aggiunge la completa impossibilità di accedere a rimedi legali volti a contrastare le misure arbitrarie e a richiedere forme di risarcimento, lasciando così le vittime prive di giustizia e violando gli obblighi di rispetto dei diritti umani assunti dall’Egitto di fronte alla comunità internazionale. “Le autorità egiziane sono decise a schiacciare qualsiasi forma di opposizione” secondo Hussein Boumi, ricercatore di Amnesty International. “Pertanto – ha aggiunto – serve uno sforzo coordinato da parte della comunità internazionale per stabilire percorsi di accertamento delle responsabilità per le violazioni dei diritti umani, anche attraverso il sostegno all’istituzione di un meccanismo di monitoraggio e segnalazione delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani”. Secondo il rapporto di Dignity, redatto in cooperazione con le ong egiziane la commissione egiziana per i diritti e le libertà e il comitato per la giustizia, l’utilizzo della tortura in Egitto non solo costituisce una pratica sistematica ma è una pratica resa possibile dai collegamenti sistemici e da elementi di continuità all’interno dei vari contesti istituzionali. Dignity evidenzia la necessità di definire una responsabilità criminale individuale non solo per l’autore della tortura o per chi ne ordina la pratica, ma anche per quei membri del sistema della giustizia penale egiziana che contribuiscono a rafforzare un sistema di repressione centrato proprio sulla tortura. Il rapporto, che analizza casi gestiti dal sistema penale egiziano a partire dal 2013, indica come responsabili diretti la magistratura egiziana e i responsabili del sistema penitenziario. “L’uso sistematico della tortura in Egitto ci spinge a definire la responsabilità diretta di un ampio numero di rappresentanti del sistema penale egiziano”, ha detto Giorgio Caracciolo, responsabile Mena per Dignity. Il rapporto ‘Security Forces Dealt with Them’ di Human Rights Watch rivela che le forze di sicurezza egiziane commettono esecuzioni extragiudiziali ai danni di sospetti ricercati per terrorismo durante scontri a fuoco. Solo tra gennaio 2015 e dicembre 2020, il ministero dell’Interno egiziano ha annunciato la morte di almeno 755 persone avvenute in 143 sparatorie asseritamente provocate dalle vittime stesse, che avrebbero aperto il fuoco costringendo le forze di sicurezza a rispondere. Secondo le testimonianze da Hrw, le vittime non rappresentavano un pericolo imminente e in molti casi erano già in stato di arresto. “Il governo egiziano continua a godere di impunità pressoché totale e supporto incondizionato da parte della comunità internazionale nonostante i suoi orrendi abusi documentati ormai da anni”, ha detto Claudio Francavilla, Eu Advocate di Human Rights Watch. Le tre ong chiedono quindi alla comunità internazionale, tramite il Consiglio per i diritti umani dell’Onu, di istituire un meccanismo speciale per monitorare il rispetto da parte del governo egiziano dei propri obblighi in tema di diritti umani, oltre a intraprendere una serie di iniziative bilaterali.

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