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In Egitto la rivoluzione continua e alla fine il popolo vincerà

Dal primo momento ho pensato che  l’impegno  della famiglia di Giulio Regeni per arrivare ai veri responsabili del suo assassinio fosse totalmente comprensibile e condivisibile, oggi come allora rinnovo ai genitori di Giulio la mia piena solidarietà.
Come non posso che manifestare solidarietà a tutte le vittime delle violazioni dei diritti umani da parte della sicurezza egiziana.
Numerosi cittadini egiziani sono svaniti nel nulla.
Sappiamo dell’uso della tortura e abbiamo migliaia di prigionieri politici, molti dei quali denunciano di aver subito violenze. E non dimentichiamo la legge sulle manifestazioni che prevede lunghe pene detentive per chi partecipa a corte non autorizzati dalla polizia.
Gli egiziani sono cambiati, quelli di oggi non sono uguali a quelli del periodo di Mubarak. Sono in grado di portare avanti un processo di cambiamento storico ma la strada del successo dei tale aspirazione è lunga come ci hanno insegnato la rivoluzione francese e quella russa.
Le persone in Egitto non considerano più l’autorità come indiscutibile, vedono la religione come tale, danno valore ai diritti delle donne.
Abbiamo un nuovo modo di pensare e una nuova visione della vita. E questo non può essere eliminato.
Questo è qualcosa che al-Sisi non concepisce e non accetta ma si può uccidere, si può reprimere, ma questo nuovo modo di vivere e di pensare non potrà mai toglierlo anche se gli uomini dei servizi di sicurezza si accaniscono contro gli egiziani protagonisti di azioni di proteste.
Hanno un rancore profondo,  un’idea negativa della rivoluzione del 2011 e di tutte le possibili rivolte.
Non comprendono che il nostro Paese vuole andare avanti.
Tante cose non sono andate per il verso giusto.  Però la storia ci insegna che una rivoluzione ha bisogno di tempo per affermarsi, per trasformare uno Stato.
Una rivoluzione si fonda sul coraggio e il cuore dei rivoluzionari mentre un regime ha tutto dalla sua parte: potere, soldi, forza. E se la rivoluzione non riesce a scardinare completamente tutto questo, il vecchio regime riemerge come una tigre ferita. Dobbiamo tenere presente che i protagonisti del 2011 non sono stati in grado di completare la rivoluzione e di contrastare la controrivoluzione scattata dopo l’uscita di scena di Mubarak. Però non è finita e quanto abbiamo vissuto a piazza Tahrir può e deve ripetersi fino al traguardo.
Per questo diedi il mio appoggio all’organizzazione dello sciopero del 30 giugno 2013 (contro Morsi, organizzato dal movimento “Tamarod” e che aprì la strada al golpe militare, ndr) e raccolsi firme per le elezioni presidenziali anticipate.
Sono ancora convinto di aver fatto la cosa giusta in quella occasione. Non ho mai sostenuto ciò che è accaduto in seguito e il ritorno al potere del vecchio regime.
L’intervento dell’Esercito doveva limitarsi ad impedire la guerra civile in cui stava precipitando l’Egitto. Sessant’anni fa aveva fatto lo stesso l’Esercito francese senza poi andare al potere. Nella Tunisia rivoluzionaria le forze armate sono intervenute per proteggere il sistema democratico. Non si poteva lasciare al potere un islamista  che aveva cancellato una parte centrale della legge egiziana allo scopo di dare vita ad uno Stato islamico.
Certo, la situazione attuale non è meno peggio di quella prospettiva.
Ma sono ottimista: in Egitto la Rivoluzione sta continuando e alla fine vincerà perché il futuro è tutto dalla nostra parte. So che gli egiziani raggiungeranno, prima o poi, il loro traguardo.

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