vai al contenuto principale

Amnesty, il 2019 nell’Africa subsahariana tra coraggio e repressione

In tutta l’Africa subsahariana, le persone hanno difeso i propri diritti sfidando proiettili e pestaggi, conflitti e repressione di stato. Lo ha dichiarato l’8 aprile Amnesty International nel suo rapporto sulla situazione dei diritti umani nella regione.

Nel rapporto si mette in evidenza il coraggio e l’audacia di chi è sceso in strada per chiedere un cambiamento ma ha anche la risposta dei governi, che hanno continuato a violare i diritti umani in tutta la regione.

Nel 2019 dal Sudan allo Zimbabwe, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Guinea moltitudini di persone hanno sfidato repressioni brutali per difendere i propri diritti.

In alcuni casi, queste proteste hanno portato a grandi cambiamenti: dopo il rovesciamento del leader sudanese Omar al-Bashir a lungo alla guida del paese, le nuove autorità hanno promesso riforme attente ai diritti umani; in seguito alle proteste, il governo dell’Etiopia ha presentato un corposo pacchetto di riforme attente ai diritti umani.

Le popolazioni civili sono state sempre le principali vittime di conflitti e crisi. Nella regione sudanese del Darfur le forze governative hanno continuato a commettere possibili crimini di guerra e altre gravi violazioni di diritti umani, tra cui uccisioni illegali, violenze sessuali, saccheggi sistematici e sfollamenti forzati.

Nella Repubblica Democratica del Congo decine di gruppi armati locali e stranieri, insieme alle forze di sicurezza, hanno continuato a violare i diritti umani provocando la morte di 2000 civili e lo sfollamento forzato di almeno un milione di persone.

In Somalia, i civili hanno continuato a convivere con gli attacchi di al-Shabaab, mentre le forze governative e quelle internazionali alleate non sono riuscite a prendere precauzioni sufficienti per non coinvolgere i civili nei loro attacchi contro il gruppo armato.

I gruppi armati hanno condotto attacchi diretti contro i civili anche in Camerun, Repubblica Centrafricana, Mozambico e Burkina Faso, mentre in Mali si è assistito a un netto peggioramento della sicurezza, con numerose uccisioni di civili ad opera sia di gruppi armati che di autoproclamati “gruppi di auto-difesa”. In risposta, le forze di sicurezza maliane hanno commesso esecuzioni extragiudiziali e torture.

In tutta l’Africa subsahariana i difensori dei diritti umani sono stati perseguitati e hanno subito aggressioni per aver preso posizione contro i governi. Burundi, Guinea, Guinea Equatoriale, Malawi, Mozambico, Swaziland, Zambia, Zimbabwe e Guinea Equatoriale hanno tutti assistito a un giro di vite sull’attivismo.

In 17 paesi della regione, la libertà d’informazione è stata imbavagliata e aono stati arrestati numerosi giornalisti. alcuni giornalisti sono stati arbitrariamente arrestati e fermati. Valga per tutti l’esempio della Nigeria, dove nel 2019 sono stati registrati 19 casi di aggressione, arresto arbitrario e fermo di polizia, giornalisti, molti dei quali hanno dovuto affrontare accuse costruite.

Continue violazioni dei diritti umani hanno costretto centinaia di migliaia di persone nella regione ad abbandonare le proprie abitazioni in cerca di protezione. Gli sfollati interni sono stati 600.000 nella Repubblica Centrafricana, oltre 222.000 in Ciad e oltre mezzo milione in Burkina Faso.

In Sudafrica, è proseguita la terribile sistematica violenza xenofobica nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, in parte dovuta ad anni di impunità per passati attacchi e ai fallimenti della giustizia penale. Dodici persone, tra sudafricani e stranieri, sono morte in seguito alla violenza esplosa tra agosto e settembre.

Nonostante questo quadro fosco, lo scorso anno sono anche state registrate alcune importanti vittorie relative diritti umani. Oltre ai positivi sviluppi in Sudan e in Etiopia sopra citati, nella Repubblica Democratica del Congo, le autorità hanno annunciato il rilascio di 700 detenuti, tra i quali molti prigionieri di coscienza. In Mauritania, il blogger e prigioniero di coscienza Mohamed Mkhaïtir è stato rilasciato dopo oltre cinque anni trascorsi in detenzione arbitraria. Infine, il Comando delle forze armate Usa per l’Africa (Africom) ha ammesso per la prima volta di aver ucciso dei civili nei suoi attacchi aerei diretti contro al-Shabaab, aprendo la strada alla riparazione per le vittime.

Torna su