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Gibuti: è il presidente Ismail Omar Guelleh il mandante dell’omicidio Borrel?

Ismail Omar Guelleh è nato il 27 novembre 1947 e dal 1999 è il presidente-dittatore di Gibuti. Il 9 aprile in questo piccolo Paese africano ci saranno le elezioni presidenziali, nelle quali egli è il grande favorito, anche perché ha dimostrato grande abilità nel truccare le elezioni precedenti. Ma chi è IOG, come la chiamano i suoi amici? Per capire la personalità di quest’uomo, è necessario parlare dell’omicidio Borrel.

Il 19 ottobre 1995 il corpo senza vita di Bernard Borrel, magistrato francese consigliere del ministro della giustizia di Gibuti, viene ritrovato da due gendarmi francesi in una scarpata, a circa 80 chilometri dalla capitale. Dopo poche ore, senza nemmeno attendere i risultati dell’autopsia, Jean Jacques Moulin, funzionario dell’ambasciata francese, dichiara che Borrel si è suicidato, dandosi fuoco e poi gettandosi in una scarpata. In un primo momento la vedova Élisabeth Borrel, anche lei magistrato, ritiene plausibile l’ipotesi del suicidio.

Nel 1996, però, la signora Borrel inizia ad avere seri dubbi e chiede che sia praticata l’autopsia. Due medici di Tolosa, dopo aver esaminato il cadavere, aspettano un anno prima di comunicare il risultato dell’autopsia: nel 1997 dichiarano che la morte è avvenuta per asfissia causata dalle bruciature, ma che non c’è traccia di fuliggine nella laringe e nella trachea e che l’estensione della bruciatura della mano è incompatibile con un’auto-aspersione. La vedova Borrel dà incarico al dr. Mangin di Losanna di studiare il caso; il medico svizzero dichiara che l’autopsia praticata dai due medici di Tolosa è “piena di errori e di contraddizioni”.

Nel 1999 Mohamed Aloumekhani, ex ufficiale della guardia presidenziale, scappa da Gibuti e si rifugia in Belgio, dove ottiene l’asilo politico. Egli dichiara che il 19 ottobre 1995, giorno della morte di Borrel, ha ascoltato un dialogo avvenuto nel palazzo presidenziale tra cinque uomini e Ismail Omar Guelleh, che all’epoca era capo di gabinetto del presidente della Repubblica. Uno dei cinque disse che il giudice impiccione era stato sistemato senza lasciare tracce. Dopo alcune settimane, Marie-Paule Moracchini, che è incaricata d’indagare sul caso Borrel, si reca in Belgio. Durante l’interrogatorio, la giudice intimidisce il teste e gli propone di ritrattare: Aloumekhani, invece, conferma la sua deposizione.

A Gibuti, intanto, Ali Iftin, capo della guardia presidenziale, viene costretto da Assan Said, responsabile dei servizi segreti, a scrivere una lettera, in cui distrugge la credibilità del testimone Aloumekhani. Solo molto tempo dopo, nel settembre 2002, quando sarà in Belgio come rifugiato politico, Iftin svelerà il complotto ai giornalisti di Canal +. Egli rivela, inoltre, un episodio molto importante: pochi giorni prima della morte di Borrel, Ismail Omar Guelleh, all’epoca capo di gabinetto, parla con Assan Said e dice che questo giudice si occupa di cose che non lo riguardano e farebbe bene a farsi i fatti suoi. Iftin dichiara ai giornalisti di conoscere il modus operandi dei servizi segreti: uccidere la persona scomoda e far credere a un incidente o a un suicidio.

La vedova Borrel chiede una seconda autopsia, che viene eseguita nel 2002, questa volta alla presenza di un medico svizzero, libero da condizionamenti esterni. I medici notano due lesioni su due ossa, provocate da un colpo alla testa e da uno al braccio, alzato in un istintivo gesto di difesa. È dunque chiaro che si tratta di un omicidio, non di un suicidio.

Grazie al lavoro d’inchiesta effettuato da alcuni giornalisti e da Olivier Maurice, avvocato della famiglia Borrel, si riescono a ricostruire le ultime ore di vita del giudice assassinato. Nel pomeriggio del 18 ottobre, un benzinaio lo ha riconosciuto; Borrel è venuto a fare rifornimento di benzina, accompagnato da un’altra persona dalla pelle bianca. I due europei sono poi partiti in direzione di Arta; poco dopo, due soldati gibutini a un posto di blocco hanno visto Borrel con l’altro uomo bianco; dietro di loro c’era un’altra macchina, con due persone.

Le indagini, intanto, sono state affidate alla giudice Sophie Clément, che dimostra un’energia ed un coraggio molto superiori a quelli dei sui predecessori nella conduzione dell’inchiesta. La giudice chiede al ministero della difesa di togliere il segreto militare e riesce ad ottenere una decina di note confidenziali della DGSE (servizio segreto francese). Si scopre allora che già nel 1997 i servizi segreti credevano che si fosse trattato di un omicidio, con Ismail Omar Guelleh come possibile mandante. Ecco come la DGSE descrive il dittatore di Gibuti: un uomo intelligente ed abile, ma affarista e corrotto. Egli si è arricchito con il traffico di avorio, di armi e di rifiuti tossici. IOG sarebbe anche il mandante di un attentato contro la Francia, avvenuto a Gibuti il 27 settembre 1990: al Cafè de Paris, luogo di ritrovo dei francesi, scoppia una bomba, che causa la morte di un bambino e il ferimento di 15 persone. L’avvocato Maurice è convinto che Borrel fosse in possesso delle prove dell’implicazione in questo attentato di Guelleh, all’epoca capo dei servizi segreti, e che per questo motivo sia stato ucciso.

Nell’aprile del 2004, la rete TF1 trasmette un reportage nel quale il presidente di Gibuti è chiaramente accusato della morte di Borrel. Dopo l’intervento del ministro degli esteri, Michel Barnier, TF1 cerca di rettificare il tiro e si mostra più prudente.

Nel maggio 2005 il presidente Chirac incontra a Parigi il suo omologo gibutino e gli propone di far intervenire la Corte penale internazionale, in modo da poter mettere le mani sul dossier, che però Gibuti non otterrà mai, grazie all’opposizione del giudice istruttore Sophie Clément.

Nel 2015 si scopre che alcune prove sono state distrutte (pantaloni corti di Borrel, un accendino, ecc.): è chiaro che le autorità francesi non vogliono che la verità venga alla luce. La base militare francese a Gibuti è troppo importante e il governo di Parigi non vuole aver problemi con Ismail Omar Guelleh.

Si scopre infine che il governo di Gibuti ha offerto 3 milioni di euro a Mohamed Aloumekhani, affinché ritratti la sua testimonianza, ma il testimone chiave ha rifiutato il denaro e ha confermato le sue accuse. La magistratura francese ha più volte chiesto d’interrogare IOG, ma il dittatore di Gibuti ha sempre rifiutato di presentarsi alle convocazioni. Dopo oltre 25 anni, la famiglia Borrel non ha ancora ottenuto giustizia ed i colpevoli sono ancora a piede libero.

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