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Etiopia, no a mediazione di pace sudanese. Khartoum richiama l’Ambasciatore

È durato meno di quattro giorni il sogno del premier sudanese Abdalla Hamdok di assumere le vesti di mediatore per i colloqui di pace tra il governo centrale etiope e il movimento politico TPLF.
Una proposta resa pubblica dopo le visite in Sudan della direttrice di USAID: Samantha Power e del Segretario di Stato Antony Blinken.
Il portavoce del primo ministro etiope, Billene Seyum, ha informato che Abiy Ahmed Ali ha respinto la possibilità di mediazione del Sudan sul principale conflitto con il Tigray. Seyum ha descritto la proposta di Khartoum “troppo complicata”. Inoltre, sottolinea Seyum, manca la fiducia a seguito della incursione dell’esercito sudanese in territorio etiope, riferendosi all’incidente di frontiera avvenuto nei pressi di Al-Fashqa.
Un’area di terreno fertile sistemato da agricoltori Amhara immigrati alla fine degli anni Ottana che risiede all’interno del confine sudanese delimitato all’inizio del 20° secolo di cui la dirigenza nazionalista etiope rivendica come territorio della regione Amhara. Le dinamiche dell’incidente sono ancora da appurare. Addis Ababa afferma di aver respinto unità dell’esercito sudanese che avevano sconfinato in Etiopia. Khartoum afferma l’esatto contrario. La sua versione parla di milizie Amhara che avevano sconfinato in Al-Fashqa e successivamente respinte.
Il rifiuto etiope è giunto nel quadro della presidenza di Hamdokpresso il IGAD, un raggruppamento politico-economico che comprende Kenya, Etiopia, Uganda, Gibuti, Sudan, Uganda e Somalia. Il rifiuto è stato talmente netto da creare forte imbarazzo all’interno della IGAD, constringendo il Premier sudanese a richiamare immediatamente il suo Ambasciatore in Addis Ababa. Una decisione che crea ulteriori tensioni diplomatiche, destinate a peggiorare i rapporti tra i due paesi già “borderline” a causa della disputa territoriale di Al-Fashqa e alla mega diga etiope GERD.
Dichiarandosi frustrato per la posizione assunta dal governo etiope, Hamdok afferma di nutrire ancora la speranza che l’Etiopia possa rivedere la sua posizione. “Invece di rifiutare completamente i nostri sforzi il governo di Addis Ababa dovrebbe comprendere le potenzialità della mediazione di pace sudanese”, dichiara il Ministero degli Esteri del Sudan.
A rischio anche le trattative tra Sudan ed Etiopia per acquistare 1.000 megaweatt di elettricità che sarà prodotta dalla diga GERD. Il Sudan importa già circa 200 megawatt di Etiopia, che costituisce circa il 10% delle esigenze del paese. L’acquisto avrebbe contribuito a migliorare i colloqui sulla mega diga etiope, allentando la tensione regionale già assai alta.
Lo stupore di Hamdok potrebbe non essere genuino. Vari osservatori africani sospettano che l’offerta di mediazione sudanese faccia parte di una strategia americana tesa ad un cambiamento di regime non solo in Etiopia ma anche in Eritrea. Vi è il sospetto che la proposta sudanese sia stata formulata in modo da costringere il governo etiope a rifiutarla. L’obiettivo sarebbe quello di evidenziare la mala fede del regime del Prosperity Party ad ogni soluzione pacifica del conflitto. Una mala fede aggravata dalle varie pulizie etniche compiute in Tigray che stanno portando dritto alla accusa di genocidio.
Questa può essere una spiegazione valida per comprendere gli avvenimenti di questi ultimi giorni, come potrebbe essere semplice speculazione. Rimangono alcuni fatti innegabili. L’aggressività americana è triplicata dalle notizie di una alleanza militare Addis Ababa – Mosca. La visita della Power è stata caratterizzata da una palese arroganza e dialogo tra sordi. Il Sudan sta stingendo una forte collaborazione militare con l’Egitto in chiave anti etiope e anti eritrea. Assieme al Cairo è sospettato di fornire ingenti quantitativi di armi e munizioni al TPLF. Nessuno dei contendenti etiopi ha intenzione di parlare di pace. Al contrario si stanno preparando per lo scontro finale.
Mentre Abiy ci offre l’ennesima dimostrazione di forza radunando nuovamente una moltitudine significativa di suoi supporters ad Addis Ababa, la dirigenza del TPLF e il Comando dell’esercito regolare del Tigray lasciano intendere che Gondar, la capitale dell’Amhara, sarà il prossimo obiettivo militare.
Interrogato sul peso del supporto politico e militare di Ankara al Prosperity Party, Getachew K. Reda (consigliere alla Presidenza del Tigray e membro del Comitato Esecutivo del TPLF) risponde: “Non so molto sulle intenzioni del Presidente Erdoğane dell’impegno della Turchia ad aiutare il progetto genocidario di Abiy Ahmed. So solo che Isaias Afwerki pensa ancora di poter venire in Etiopia a salvare Abiy, inviando truppe in Afar e Amhara. Un’ennesima mossa disperata, immagino”.

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