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Kenya, chi ha ucciso padre Kaiser, voce libera contro la deriva autoritaria del governo?

Padre John Kaiser era un sacerdote americano appartenente alla Società missionaria di San Giuseppe. Nato a Perham nel 1932, nel 1964 fu ordinato sacerdote ed inviato in Kenya, dove trascorse tutta la sua vita. Era un uomo di grande coraggio, che lottò incessantemente per la difesa dei diritti umani, soprattutto per i diritti delle donne.

Il Kenya, dopo aver raggiunto l’indipendenza nel 1963, fu governato abbastanza bene dal primo presidente Jomo Kenyatta. Alla sua morte, però, nel 1978 fu eletto presidente Daniel Arap Moi, che ben presto introdusse un regime a partito unico e dimostrò, nel corso dei sui 24 anni di governo dispotico, d’essere un dittatore sanguinario.

Negli anni ’90 padre Kaiser fu una delle poche voci che si levò per protestare contro la deriva autoritaria del governo. Nel 1998, egli testimoniò di fronte alla Commissione Akiwumi e accusò il governo di atrocità commesse contro la popolazione. Il sacerdote americano era quindi una figura scomoda, odiata da molti politici e membri del governo. Più di una volta venne arrestato e malmenato, ma continuò coraggiosamente la sua opera in difesa dei diritti umani.   Il 24 agosto 2000 il suo corpo senza vita, con un proiettile nel cranio, fu rinvenuto vicino a due alberi di acacia, nei pressi della strada che collega Naivasha a Nakuru, non lontano dalla capitale Nairobi. Johnnie Carson, che era all’epoca l’ambasciatore americano in Kenya, chiese al ministro della giustizia di permette all’FBI di condurre le indagini. Quest’ultimo disse che doveva consultarsi col presidente Moi, che accettò la proposta di Carson, ma impose che gli investigatori dell’FBI fossero accompagnati ovunque da poliziotti kenyani. In questo modo, il dittatore Moi era sicuro che eventuali testimoni, intimiditi dalla presenza di poliziotti in uniforme, avrebbero taciuto la verità sulla morte di padre Kaiser.

Il 19 aprile 2001, dopo quasi un anno d’indagini, gli investigatori americani convocarono una conferenza stampa e annunciarono che padre John, che in quel periodo era turbato emotivamente, si era suicidato. Questa conclusione era chiaramente contraria alla perizia balistica e, soprattutto, contraria al carattere di padre Kaiser che, da buon sacerdote cattolico, ha sempre considerato il suicidio come un male assoluto. Aveva infatti scritto: “Voglio che tutti sappiano che, se dovessi scomparire dalla scena, perché il bosco è grande e le iene sono numerose, io non sto pianificando nessun incidente o, Dio non voglia, alcuna autodistruzione”.
Quando, nel dicembre 2002, Mwai Kibaki fu eletto presidente della Repubblica, Daniel Arap Moi fu costretto a ritirarsi dalla vita pubblica e in Kenya ritornò un clima di maggiore fiducia nelle istituzioni e nella magistratura. La conferenza episcopale del Kenya chiese ed ottenne dal nuovo governo la riapertura del caso e diede l’incarico ad un noto avvocato, Mbuthi Gathenji, di sostenere la tesi dell’omicidio.
La nuova inchiesta iniziò nel 2003 e molti testimoni furono interrogati; tra di loro un ex-ministro, Julius Sunkuli, che era stato accusato di aver violentato due minorenni, Florence Mpayei (14 anni) ed Anne Sawoyo. Alla fine dell’inchiesta, il presidente del Tribunale, signora Maureen Odero, concluse che la tesi del suicidio era da escludere: padre Kaiser era stato assassinato da ignoti. Sunkuli fu dichiarato innocente, perché, secondo il magistrato, se avesse voluto far sparire dei testimoni scomodi, avrebbe fatto uccidere le due ragazze e non il missionario americano. Una tesi, questa del giudice Odero, quantomeno discutibile.

 Nel corso degli anni si venne a sapere che padre John aveva dato aiuto alle due ragazze vittime di violenza e che aveva chiesto alla FIDA-Kenya (Federazione delle avvocatesse del Kenya) di portare il caso in tribunale. Julius Sunkuli, con minacce e promesse di denaro, aveva convinto le due ragazze a non denunciarlo. Oltre a questo, il politico aveva offerto del denaro a Florence per farla abortire, ma la ragazza aveva rifiutato i soldi e aveva deciso di far nascere il bambino.

Dopo essere stato eletto all’Assemblea nazionale del Kenya, Sunkuli è stato nominato ambasciatore in Cina e nel 2013 è stato eletto senatore: fino ad oggi non è mai stato condannato da nessun tribunale, dunque vale per lui la presunzione d’innocenza. Con grande tristezza devo constatare che, dopo vent’anni, né padre Kaiser, né Anne e Florence hanno ottenuto giustizia.

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