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Diritti umani

Egitto, Corte suprema condanna a morte otto oppositori politici

La Corte suprema per la sicurezza dello stato, l’organo di giustizia egiziano che si occupa di terrorismo, ha emesso otto condanne a morte nei confronti dei leader della Fratellanza musulmana e di altri esponenti politici eletti prima del colpo di stato che, nel 2013, portò al potere Abdel Fattah al-Sisi. Il verdetto è arrivato al…

La Corte suprema per la sicurezza dello stato, l’organo di giustizia egiziano che si occupa di terrorismo, ha emesso otto condanne a morte nei confronti dei leader della Fratellanza musulmana e di altri esponenti politici eletti prima del colpo di stato che, nel 2013, portò al potere Abdel Fattah al-Sisi.

Il verdetto è arrivato al termine di un processo, durato tre anni, che ha visto alla sbarra 79 imputati. Noto come “caso 9/2021” o “caso dei fatti di Manassa”, il processo ha riguardato la repressione delle proteste al memoriale di Manassa, al Cairo, in cui il 27 luglio 2013 vennero uccisi 85 manifestanti contrari al colpo di stato di al-Sisi.

Infinito l’elenco dei capi d’accusa: direzione di un gruppo terrorista, impedimento alle autorità e alle istituzioni di svolgere i loro compiti, tentativo di sovvertire il regime con la forza, omicidio e tentato omicidio a scopo di terrorismo, possesso di armi da fuoco e munizioni senza licenza, violenza, blocco stradale, intimidazione nei confronti dei cittadini, sabotaggio intenzionale di proprietà pubbliche e private, incendio di edifici governativi.

Tra i condannati a morte ci sono il capo della Fratellanza musulmana Mohamed Badie, l’attuale leader Mahmoud Ezzat, gli ex parlamentari Mohamed el-Beltagy e Amr Mohamed Zaki, l’ex ministro Osama Yassin Abdel Wahab e il predicatore salafita Safwat Hamouda Hegazy.

El-Beltagy, Yassin ed Hegazy erano stati già condannati a morte in un altro processo di massa celebrato nel 2021.

Oltre alle otto condanne a morte, ci sono state 37 condanne all’ergastolo, sei a 15 anni e sette a 10 anni di lavori forzati. I restanti imputati sono stati assolti.

Secondo la Rete egiziana per i diritti umani, si è trattato di un processo politico segnato dalle torture per estorcere confessioni e dal diniego di assistenza legale.

Gli autori del massacro di Manassa non sono mai stati chiamati a risponderne di fronte alla giustizia. Human Rights Watch denunciò quello e altri episodi – come le uccisioni di massa di manifestanti nelle piazze cairote di Rabaa al-Adawiya e di al-Nahda, in cui i sit-in dei sostenitori della Fratellanza musulmana e del deposto presidente Mohamed Morsi vennero sgomberati con estrema violenza dalle forze di sicurezza e dalle forze armate egiziane, con un bilancio finale di oltre 900 morti – come possibili crimini contro l’umanità.

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