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RDC, gli eserciti dell’Uganda e del Burundi sono operativi nelle province orientali

Una forza militare internazionale di interposizione

Dopo mesi di tensione al confine tra la Repubblica Democratica del Congo e il Rwanda, soprattutto nella provincia del Nord Kivu, nello scorso luglio si sono tenuti due summit tra i rispettivi presidenti nella città di Luanda, capitale dell’Angola, il 6-7 luglio e il 20-21 luglio, con l’obiettivo di abbassare la tensione e le violenze. Tra le decisioni assunte dalle delegazioni di Kinshasa e Kigali c’è stato il dispiegamento di una forza militare regionale, come si era già deciso nell’ambito del processo di Nairobi del 21 aprile, per fermare i gruppi ribelli refrattari al processo di pace, dall’M23 all’FDLR e tanti altri, nonché per controllare le manifestazioni anti-MONUSCO, cioè contro i caschi blu dell’ONU, che si sono svolte in diverse città alla fine di luglio.

Sebbene non siano state fornite informazioni approfondite sulla composizione, gli obiettivi, le modalità d’ingaggio e la durata di questa forza internazionale, sappiamo che ciascun Paese coinvolto sostiene le spese del proprio contingente, ma anche che, in parte, i costi saranno affrontati dal Fondo speciale che la Comunità degli Stati dell’Africa orientale (EAC) ha istituito per la gestione di questa crisi e dal Fondo per la pace dell’Unione Africana e dall’Unione Europea.
Ulteriore informazione è che, su richiesta di Kinshasa, della forza internazionale di interposizione non fanno parte le truppe rwandesi, il cui governo è accusato da tempo di sostenere i guerriglieri ribelli dell’M23, particolarmente attivi negli ultimi mesi nel Nord Kivu congolese.

Gli eserciti di Uganda e Burundi in RDC

Fin dalla fine del 2021, nella provincia dell’Ituri è presente un contingente delle forze armate ugandesi (UPDF), operativo soprattutto contro i ribelli dell’ADF (Allied Democratic Forces), un gruppo armato ugandese che riunisce movimenti di opposizione al presidente Museveni, fondato nel 1995, ma stanziatosi nelle provincie orientali della Repubblica Democratica del Congo. A metà dello scorso mese di agosto, invece, nella provincia del Sud Kivu è ufficialmente entrato in territorio congolese un battaglione dell’esercito burundese (FDNB), nell’ambito del raggruppamento di forze auspicato dai capi di Stato della Comunità degli Stati dell’Africa orientale, sotto il comando dell’esercito congolese (FARDC). Come dichiarato il 15 agosto dal tenente Marc Elongo, portavoce dell’operazione “Sokola 2 South Kivu”, “il contingente burundese è attualmente di stanza al centro di addestramento di Luberizi e conta oltre 600 soldati”, al fine di raggiungere le unità dell’esercito ugandese che si trovano nelle province dell’Ituri e del Nord Kivu.

Secondo molte voci che si susseguono da mesi, la presenza burundese nel territorio congolese sarebbe in realtà ben più datata, sebbene clandestina, precisamente negli altopiani di Uvira, Fizi e Mwenga, dove diverse milizie locali e straniere si accusano e si scontrano regolarmente, provocando massicci spostamenti di popolazioni e una crisi umanitaria senza precedenti nella regione, come i ribelli RED-Tabara, che un anno fa, nel settembre 2021, lanciarono colpi di mortaio sull’aeroporto di Bujumbura, principale città del Burundi. Allo stesso tempo, i burundesi vengono accusati dalla popolazione congolese di sostenere il gruppo dei Maï Maï Rushaba.

In base a quanto riferito dai giornalisti indipendenti di “SOS Médias Burundi”, i soldati burundesi sarebbero accompagnati in RDC da esponenti Imbonerakure, ossia da membri della lega giovanile del partito al potere CNDD-FDD: la frontiera verrebbe attraversata nella provincia di Cibitoke, cioè nel Burundi nord-occidentale, guadando il fiume Rusizi, e questo preoccupa gli abitanti delle zone limitrofe. I contadini delle colline circostanti, infatti, dicono di non poter più accedere ai loro campi per paura di essere attaccati dai soldati e dai miliziani di partito governativo. Dal canto suo, il comandante del campo militare di Cibitoke afferma che non sono stati segnalati movimenti di soldati burundesi nella RDC al di fuori di una missione ufficiale.

Preoccupazioni della società civile congolese

Preoccupazioni si diffondono anche nella Repubblica Democratica del Congo, dove la società civile del Sud Kivu esprime dubbi su “questi ingressi ‘ufficiali’ di truppe straniere”, come dichiarato da Jean-Chrysostome Kijana, presidente della Nuova Dinamica della Società Civile: “non fanno altro che accentuare il problema, invece di risolverlo, dato che la maggior parte di questi eserciti annunciati e attesi nell’ambito di questa forza sono già presenti sul suolo congolese da diversi anni, direttamente o indirettamente a sostegno dei vari gruppi armati creati, alimentati e mantenuti da questi stessi Paesi”.

Sulla stessa posizione anche il Premio Nobel per la Pace 2018 Denis Mukwege, che su Twitter ha dichiarato che il dispiegamento del contingente burundese “dimostra il fallimento della diplomazia congolese” e “un’ulteriore umiliazione per la nostra nazione”, per cui ha chiesto di porre fine all’ “esternalizzazione della sicurezza” e, di conseguenza, di riformare l’esercito congolese “per renderlo professionale e operativo”.

Le accuse sono diventate più precise alla fine di agosto, quando gli abitanti di Birindiro hanno detto che i soldati burundesi e congolesi avrebbero compiuto dei saccheggi nelle abitazioni, profittando di una ricerca di armi: “Hanno preso tutto quello che trovavano: vestiti, cibo, soldi, telefoni cellulari, pannelli solari…”, hanno dichiarato alcuni residenti. I portavoce di entrambi gli eserciti “non hanno rilasciato” alcun commento.
Finora, il Burundi è l’unico Paese dell’EAC ad aver già dispiegato truppe in RDC, come parte della forza sub-regionale decisa a Nairobi, mentre l’altra collaborazione militare tra gli eserciti ugandese e congolese è stata prorogata di due mesi lo scorso 26 agosto (era stata già prorogata di due mesi lo scorso 1° giugno), proseguendo dunque l’operazione “Ushuja” nei territori di Beni nel Nord Kivu e di Irumu nell’Ituri. Il Generale Maggiore congolese Camille Bombele Luhola, coordinatore delle operazioni congiunte FARDC-UPDF, ha affermato che tutte le principali roccaforti dei ribelli ADF sono state distrutte e conquistate dalle due forze dall’inizio della missione, nel dicembre 2021, per cui, ha proseguito, è fondamentale continuare l’operazione.

Continuano le violenze

Le violenze, tuttavia, non si fermano: dal 25 al 29 agosto i miliziani delle ADF hanno compiuto diversi attacchi proprio nei territori di Beni e di Irumu, tra Nord Kivu e Ituri, uccidendo 44 civili e bruciando case, bici, motociclette e canoe utilizzate lungo il fiume. Tali informazioni sono state raccolte da “SOS Médias Burundi” e confermate da Charles Kisubi, capo-villaggio di Babila-Bakaiko. Nella regione, dunque, la situazione resta molto tesa, come lo è anche nell’area Beni-Mbau, dove la società civile di Mamove afferma sono morti almeno dieci civili in attacchi avvenuti tra il 27 e il 28 agosto nei villaggi di Manzumbu, Maubo, Beu Manyama, anche in questo caso con l’aggiunta di case e motociclette incendiate e diverse persone in ostaggio dei ribelli ADF.

Si contano morti anche a Lweba, nell’Ituri, dove tre sospetti miliziani Mai-Mai del gruppo Mazembe sono tati uccisi e altri sette sono stati catturati durante dei combattimenti con le FARDC avvenuti sabato 3 agosto, pare per impossessarsi delle munizioni dell’esercito regolare.

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