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berhanu jula tadesse werede - nairobi, kenya - colloqui di pace Etiopia Tigray

Etiopia, secondo incontro per la pace in Tigray tra le alte cariche militari etiopie tigrine.

L’accordo di pace tra governo federale dell’Etiopia e il partito TPLF, rappresentante il Tigray è stato siglato mercoledì 2 novembre 2022 a Pretoria, Sud Africa. Presenza mediatrice dell’ Unione Africana. I primi tavoli negoziali avvenuti ufficialmente dopo quasi 2 anni esatti dallo scoppio della guerra genocida in Tigray. Conflitto sconfinato a metà 2021 anche nelle regioni vicine Amhara e Afar.

Le stime parlano di più di 500.000 morti, accesso umanitario bloccato, 90% degli ospedali saccheggiati, distrutti e resi inattivi. ll 10% degli ospedali ancora operativi forniscono servizi emergenziali ed in mancanza di materiale igienico sanitario e medicinali.

L’accordo ha definito molti compromessi che definiranno il riposizionamento di potere geo politico e militare del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, del TDF – Tigray Defence Forces nei confronti del governo federale del Premier Abiy Ahmed.

C’è molto ancora in ballo: delle firme su un contratto non possono dare garanzia della buona riuscita del patto. Sono tanti ancora i dubbi, le ombre e molte ipotesi, azzardi e speculazioni che indicano che possa fallire. Fallimento avvenuto in precedenza dopo la tregua umanitaria indetta il 24 marzo 2022.

I combattimenti, l’utilizzo di artiglieria pesante, violenze e abusi, massacri di civili sono ripresi dal 24 agosto 2022. Oggi continuano imperterriti, anche se smorzati, le violenze, la repressione. Le truppe eritree in questa fase sono protagoniste tra bombardamenti indiscriminati con artiglieria pesante su aree urbane e saccheggi.

C’è stata un’escalation di attacchi aerei e droni come lotta ad ogni costo e con ogni mezzo al terrorismo. Anche dopo la firma per l’accordo di cessazione ostilità. Gran parte delle vittime sono risultate civili, molti tra donne e bambini.

La pace è molto di più di firme su un foglio.

La pace pretende molto di più. La pace è legata alla giustizia, la giustizia è legata alla pace.

Il percorso per arrivare alla pace è sempre lungo con potenziale percentuale di fallimento.

Lunedì 7 novembre a Nairobi, Kenya, in conformità all’articolo 6 (d) dell’accordo di Pretoria è avvenuto il secondo tavolo per la cessazione delle ostilità.

Il Tigray e l’Etiopia hanno stabilito una linea diretta per facilitare la comunicazione tra i comandanti di alto livello.

I colloqui sono guidati dal feldmaresciallo Berhanu Jula, capo di stato maggiore delle forze armate etiopi, e dal generale Tadesse Worede, comandante in capo delle forze del Tigray.

Le questioni da discutere includevano come monitorare l’accordo, il disarmo delle forze del Tigray e la ripresa dell’accesso agli aiuti umanitari e dei servizi di base nella regione del Tigray settentrionale dell’Etiopia, che è stata interrotta per mesi.

Redwan Hussein, capo della sicurezza nazionale etiope e principale negoziatore del governo ha dichiarato ai giornalisti:

Forse entro la fine di questa settimana o la metà della prossima settimana” gli aiuti umanitari potranno entrare, aggiungendo:

“Ripareremo rapidamente sia le telecomunicazioni che l’elettricità”

Nel fine settimana ha anche riferito che “abbiamo subìto danni colossali”. Il ministro delle finanze ha stimato che il paese richiederà quasi 20 miliardi di dollari per ricostruire (in Tigray).

Getachew Reda, il capo negoziatore del Tigray, ha affermato che la consegna degli aiuti aumenterebbe la fiducia nei colloqui.

Kenyatta ha detto che “sono molto fiduciosi la prossima volta che saremo a (la capitale regionale del Tigray) per il nostro incontro” e che entrambe le parti “alla fine celebreranno insieme ad Addis Abeba”.

L’Unione Africana nel suo comunicato “elogia le parti per queste misure chiave di rafforzamento della fiducia [riunione e hotline] e per il loro continuo impegno nell’attuazione dell’accordo per la cessazione delle ostilità.”

Aggiornamenti di mercoledì 9 novembre sembrano portare un empasse tra le parti sui tavoli di negoziato per il disarmo.

La parte tigrina spinge sul fatto che le truppe eritree ed amhariche devono ritirarsi prima che inizi il disarmo del TDF – Tigray Defence Forces. Un atto di tutela nei confronti della propria popolazione da parte degli invasori eritrei che ancora sono in azione con saccheggi e violenze sui civili tigrini.

La parte etiope ha puntato i piedi sulla sua priorità ovvero che le forze tigrine devono cedere le armi e poi l’ENDF si occuperà di contrastare “forze esterne” occupandosi della sicurezza dei confini.

Secondo Mohamed Kheir Omer, ricercatore e scrittore afro-norvegese, ex membro dell’Eritrean Liberation Front, mette in dubbio la sequenza temporale di 30 giorni per il disarmo delle forze del Tigray sulla base della presenza continua delle forze eritree e della mancanza di fiducia verso l’ENDF – Ethiopian National Defence Forces e gli alleati visto le attività sistematicamente perpetrate e giudicate crimini di guerra e contro l’umanità verso il popolo del Tigray.

Secondo il Ethiopian Reporter, l’ambasciatore Redwan Hussein, ha affermato che gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo importante nel processo di pace persuadendo e facendo pressioni sul TPLF affinché partecipasse ai negoziati. Redwan ha affermato che il ruolo delle Nazioni Unite e dell’UE nel processo di pace non è stato costruttivo: il governo non ha accuse e denunnce dirette a queste realtà, sottolineando che è solo un paese membro dell’UE che sta causando problemi senza menzionarne il nome.


Approfondimento: Etiopia, il governo minaccia l’Irlanda di tagliare i legami per presunto “attacco contro la sua sovranità, integrità territoriale”


Eritrea ago della bilancia per la pace in Etiopia

Mentre si lavora diplomaticamente per la pace, l’Eritrea invaditrice del Tigray e protagonista nella guerra genocida, continua con violenza e massacri. Ha partecipato fin dall’inizio della guerra scoppiata in Tigray, presente dal 4 novembre 2020. Il suo esercito è coinvolto in crimini di guerra e contro l’umanità verso il popolo del Tigray.

Martedì 8 novembre l’esercito eritreo avrebbe bombardato Edaga Arbi, Nebelet e aree circostanti vicino ad Adwa ed effettuato uccisioni di massa di agricoltori tigrini che risiedono a circa 7 chilometri, nelle aree vicine a Kerseber.

Fonti affermano che il governo eritreo ha impedito a molti autobus di tornare dall’Eritrea, nell’area di Teseney, verso l’Etiopia. I numeri di autobus menzionati vanno da “settanta” a “centinaia”. Gli autobus stanno riportando a Gondar (regione Amhara) i soldati etiopi, alcuni feriti.

Invece da Adwa arrivano indiscrezioni per cui sarebbe impossibile lasciare la città poiché le truppe eritree controllano la via d’uscita e i combattimenti sono in corso lungo le strade a partire dal 7 novembre.

I bombardamenti su Adigrat da parte delle forze eritree hanno spinto molti civili a fuggire sulle montagne circostanti.

L’agenzia di stampa eritrea Amharic, un mezzo di comunicazione del governo eritreo, ha chiesto al governo regionale Amhara di non sostenere l’accordo di pace. Ha esortato il governo Amhara ad analizzare se l’accordo è contrario ai diritti e agli interessi del popolo Amhara, anche per quanto riguarda l’identità e le questioni territoriali. Nel contempo ha invitato i partiti, l’élite, gli attivisti, la leadership della milizia Fano e la diaspora Amhara a organizzare piattaforme per discutere l’accordo di pace e raggiungere una posizione comune.

L’agenzia di stampa eritrea Amharic ha anche messo in guardia il governo amhara sul governo federale etiope che potrebbe essere disposto a compromettere gli interessi amarici a causa di pressioni esterne.

Le autorità di Amhara hanno tuttavia dichiarato di essere “pronte ad adempiere alle proprie responsabilità in modo che l’attuazione dell’accordo di pace raggiunga l’obiettivo prefissato di portare la pace” senza affrontare direttamente la questione del Tigray occidentale (fonte US News e World Reports)

Il Movimento nazionale di Amhara invece si è lamentato del fatto secondo cui l’accordo di pace non ha riconosciuto le rivendicazioni Amhara per le aree di Welkait (Tigray occidentale) e Raya, pesantemente contese con il Tigray.

Ricordiamo che il territorio occidentale del Tigray è conteso come giurisdizione tra Amhara e Tigray. Ad oggi è occupato dal governo regionale di Amhara ed è territorio in cui si è svolta attività di pulizia etnica e sfollamento forzato sul popolo tigrino.

L’accordo di Pretoria, l’accordo di tregua servirebbe principalmente per poter fermare le armi e far cessare i combattimenti, violenze ed abusi che ricadono inevitabilmente sui civili. La tregua, come primo necessario passo, servirebbe a dare priorità all’accesso e distribuzione di aiuti e supporto umanitario. Ad oggi non ci sono segnali concreti che questo stia accadendo. Solo pochi post da parte di realtà filo governative etiopi via social con foto di repertorio e parole che elargiscono i buoni propositi.

I partners umanitari internazionali sono ancora in attesa di poter portare avanti la loro missione.

Aiutare e salvare quante più vite possibili con aiuti alimentari e medicinali.

Non si hanno ancora evidenze certe di riattivazione e sblocco di quelli che sono i servizi di base negati per 2 anni al popolo tigrino per volontà politiche.

Mercoledì 9 novembre l’OMS – l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto nuovamente un massiccio afflusso di cibo e medicinali in Tigray a seguito di un accordo di cessate il fuoco, affermando che nessun aiuto era ancora stato concesso. In Tigray, oltre che di fame, si muore in mancanza di medicinali anche per malattie normalmente curabili.

Servizi di base che sono stati politicizzati e usati come moneta di scambio da parte del governo centrale con la richiesta di un cessate il fuoco alle forze del Tigray per avviare gli accordi di pace. In mancanza di elettricità, linee telefoniche ed internet, conti correnti bloccati. In mancanza di carburante.


Approfondimenti:


Il percorso verso la pace è lungo. I tavoli negoziali dopo due anni di guerra genocida sono un buon punto di partenza. Realisticamente parlando però c’è da considerare che delle firme su fogli di carta non sono la soluzione di tutti i mali. Ci sono ancora tante variabili in gioco e tutto potrebbe sgretolarsi in un attimo.

Per arrivare alla pace ci deve essere la volontà da parte di tutti per perseguirla.

L’odierno stato delle cose fa più propendere ad un lavoro prioritario, ad un primo step necessario e doveroso per una tregua che potrà mettere in salvo milioni di vite.

Il popolo del Tigray sta attendendo da due anni.


Foto di testa: Da sinistra a destra, il capo di stato maggiore delle forze armate etiopi, maresciallo di campo Birhanu Jula, l’ex presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, l’inviato dell’Unione africana ed ex presidente nigeriano Olesegun Obasanjo, e il capo delle forze del Tigray, il tenente generale Tadesse Werede, ai colloqui di pace tra l’Etiopia governo e rappresentanti regionali del Tigray, a Nairobi, in Kenya lunedì, 7 novembre 2022.
(Foto Credit AP/Khalil Senosi)

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