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RDC, l’esercito congolese impiega due caccia militari per bombardare i ribelli dell’M23

Domenica scorsa, 6 novembre, l’esercito della Repubblica Democratica del Congo ha schierato due aerei da combattimento Sukhoï-25 (Su-25), di fabbricazione sovietica nei tardi anni settanta ed entrato in servizio nelle forze armate sovietiche nel 1981. I velivoli sono stati impiegati nel Nord Kivu, una delle province orientali in cui si è intensificata la guerra con vari gruppi ribelli, in particolare l’M23, composto da miliziani tutsi filo-rwandesi. Il giorno seguente, lunedì, il Rwanda ha denunciato che uno di quegli aerei ha violato il suo spazio aereo alle 11:20 locali, atterrando brevemente all’aeroporto di Rubavu nella provincia occidentale:

In una risposta del Ministero della Comunicazione de dei Media, il governo congolese ha ammesso che “l’aereo, non armato, ha sfortunatamente sorvolato lo spazio aereo rwandese alla frontiera dei due Paesi” e che, come “tiene alla sua integrità territoriale, la RDC non ha mai avuto l’intenzione di violare quella dei suoi vicini”:

I rapporti tra il Rwanda e la RDC sono piuttosto tesi da diversi mesi, specie da quando l’M23 (Movimento 23 marzo) ha ripreso i combattimenti e ha occupato alcuni centri del Nord-Kivu, come Bunagana, sulla frontiera con l’Uganda e poco distante da quella con il Rwanda, sulla strada per Goma, capitale della provincia congolese. Questi ribelli tutsi erano stati sconfitti nel 2013, ma alla fine del 2021 hanno ripreso le armi, guadagnando diverse postazioni nel corso del 2022. Per tale ragione, Kinshasa ritiene siano sostenuti attivamente da Kigali, per cui dalla primavera scorsa i rapporti diplomatici tra i due Paesi si sono incrinati pesantemente.

Nel sorvolo di lunedì mattina, i due caccia militari hanno attraversato il territorio di Rutshuru, dove l’M23 ha recentemente compiuto varie vittorie. I velivoli sono passati su Kiwanja, sulla National Road 2, asse strategico per Goma, che dalla fine di ottobre è passata sotto il controllo dei ribelli. Sulla stessa direttrice, a 70 km da Goma si trova il centro di Rutshuru, anch’esso conquistato dall’M23, e a 45 km c’è Rumangabo, sede di un campo militare congolese ora gestito dai guerriglieri e sede dell’importante Parco Nazionale di Virunga. Attualmente, il fronte degli scontri armati è intorno a Rugari, a circa 30 km da Goma.

L’esercito congolese (FARDC), i caschi blu dell’ONU (MONUSCO) e i contingenti dei Paesi della Comunità dell’Africa orientale (EAC) non sembra stiano riuscendo a capovolgere l’andamento del conflitto, tant’è vero che la settimana scorsa il Presidente congolese Félix Tshisekedi si è rivolto alla nazione chiedendo ai giovani di “organizzarsi in gruppi di vigilanza”:

I vertici militari hanno poi fatto sapere che, dopo l’appello del Capo dello Stato, in pochi giorni sono arrivate più di 3000 candidature. Sulla stampa congolese le testimonianze dei volontari e delle volontarie sono numerose; ad esempio, la ventiduenne Rachel ritiene che “i rwandesi ci maltrattano da anni, per cui mi sono appena arruolata nell’esercito per difendere il mio Paese”; dal canto suo, la venticinquenne Solange aggiunge: “Voglio combattere contro il Rwanda. Dò la mia vita alla nazione”.

Dai video pubblicati online, si tratta di giovani in scarpe da ginnastica e magliette, che impugnano finte pistole di legno e che, al di là della loro volontà e determinazione, necessiteranno di formazione ed equipaggiamento che, al momento, non sono ancora organizzati e disponibili.

Intanto, nel Nord-Kivu persistono le tensioni: ieri, martedì 8 novembre, i due caccia congolesi sono tornati in volo e hanno bombardato alcune postazioni dell’M23, specie a Tchanzu e Runyoni, sulle colline accanto al confine con l’Uganda, per cui molti abitanti di Bunagana sarebbero scappati oltre la frontiera. Secondo un comunicato dell’M23, i bombardamenti dell’esercito regolare congolese sarebbero stati effettuati su “aree densamente popolate”:

Nonostante questa ulteriore escalation bellica, ad ora l’M23 non sembra indietreggiare e, anzi, rinnova la volontà di impegnarsi in un dialogo diretto con il governo congolese “per una pace durevole nel nostro Paese”.

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