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Covid-19: l’Algeria chiude le frontiere e si ‘affida’ ufficialmente a Dio

Il governo algerino ha deciso di mantenere la chiusura delle frontiere, decretata il 21 marzo a seguito della comparsa del coronavirus. Questa decisione fa seguito alla diffusione in tutto il paese dell’epidemia di Covid-19. Una situazione che rischia di avere un impatto sull’economia della Tunisia, che attendeva l’arrivo dei turisti algerini.
L’Algeria è appesa alla grazia divina. Questa domenica 28 giugno, durante il Consiglio dei ministri, il presidente Abdelmadjid Tebboune ha dato istruzioni ai membri del suo governo affinchè rafforzino la lotta contro il coronavirus.
Inoltre, il capo di Stato algerino “ha ordinato il mantenimento della chiusura delle frontiere terrestri, marittime e aeree fino a quando Dio non ci libererà da questo flagello”, ha precisato il comunicato della presidenza.
Gli algerini che desiderano viaggiare e quelli che hanno aspettato più di tre mesi per tornare a casa dovranno ancora pazientare. Va detto che il territorio ha visto un netto aumento del contagio nelle ultime due settimane. Le statistiche ufficiali dall’inizio della pandemia riportano 13.571 pazienti risultati positivi e 905 decessi.
Invocazioni
Alla fine di giugno, le autorità sanitarie hanno espresso preoccupazione per l’aumento del numero di pazienti che soffrono di disturbi respiratori. Tanto che i reparti di terapia intensiva di molti ospedali del paese non sono più in grado di far fronte all’afflusso di pazienti.
Questo vale in particolare per Orano (450 km a ovest di Algeri), dove i servizi di rianimazione delle strutture sanitarie della città hanno raggiunto la saturazione. Martedì 30 giugno la situazione generale è diventata talmente preoccupante da indurre il Primo Ministro a reagire:
“Chiedo agli algerini di fare dei douâa (invocazioni) affinché Dio ponga fine a questo flagello”, ha dichiarato Abdelaziz Djerad durante una visita di lavoro nella regione di Tindouf.
Il giorno prima il Primo Ministro aveva annunciato il prolungamento del coprifuoco in 29 wilayas (dipartimenti) fino al 13 luglio. Aveva anche dato istruzioni alle autorità locali “di procedere al contenimento mirato, parziale o totale, di una o più località, comuni o quartieri con focolai o gruppi di contaminazione” quando la situazione sanitaria lo richiedesse.
In realtà, il mantenimento della chiusura delle frontiere è certamente la più importante delle decisioni prese dal governo algerino in questo inizio di stagione estiva. Una misura che avrà notevoli conseguenze economiche. La Tunisia figura già come vittima collaterale. Questo paese vicino riceve quasi 3 milioni di turisti algerini ogni anno, soprattutto durante l’estate. «È una cifra che pesa in termini di ingressi turistici. È importante, se non addirittura capitale, che gli algerini possano venire in Tunisia», spiega a Sputnik Moez Kacem, accademico tunisino ed esperto in turismo.
«La Tunisia ha classificato i paesi in tre categorie: verde, arancione e rosso, secondo il livello di contagio della pandemia. Il governo tunisino ha tuttavia fatto due eccezioni per l’Algeria e la Libia, che saranno disciplinate da convenzioni bilaterali. Naturalmente seguiamo molto da vicino la situazione sanitaria dei nostri vicini, in particolare dell’Algeria. Le condizioni sanitarie devono essere favorevoli affinché la Tunisia possa accogliere i turisti in buone condizioni.»
“Ma tutto questo avrà senso solo quando lo Stato algerino aprirà le sue frontiere, cosa che attualmente non avviene”, dice lo specialista tunisino.
L’estate della «ghouma»
Secondo Moez Kacem, la Tunisia «ha bisogno del mercato algerino per attenuare l’impatto della crisi economica, ma ciò non potrà avvenire in qualsiasi condizione». La logica vorrebbe che la clientela che non può accedere alle spiagge e agli svaghi tunisini sia recuperata dal settore turistico algerino.
Falso, risponde Saïd Boukhlifa, esperto internazionale in turismo che accumula 44 anni di esperienza in questo campo. «Mantenere la chiusura delle frontiere non andrà a vantaggio del settore del turismo algerino, poiché è praticamente inesistente», afferma lo specialista a Sputnik. Per lui, l’estate 2020 sarà quella della ghouma (soffocamento) per la massa di algerini che resterà bloccata nel loro paese.
«L’Algeria non ha le capacità per accogliere il suo turismo interno. Ci sono solo 50.000 posti letto in riva al mare per una domanda stimata annualmente a 2 milioni di turisti. E quest’estate la domanda sarà ancora maggiore.
I pochi hotel situati sulla costa sono completi durante tutto il periodo estivo nonostante la partenza di milioni di algerini verso la Tunisia, ma anche verso la Francia, la Spagna, il Marocco, la Turchia e l’Egitto. I nostri albergatori non sono mai stati disoccupati. Non parlo nemmeno delle condizioni di alloggio che sono al di sotto delle norme per prezzi che superano ampiamente quelli della Tunisia, dove il servizio è molto conveniente», nota Saïd Boukhlifa.
Affinché il turismo interno possa trarre vantaggio dalla situazione, questo settore avrebbe dovuto essere sviluppato in anticipo. “A causa della mancanza di convinzione e di competenza politica, negli ultimi vent’anni le autorità hanno preferito concentrare tutto sugli idrocarburi”, dice.
L’esperto ricorda inoltre che il governo algerino non ha ancora permesso agli albergatori di riaprire i loro stabilimenti. A suo parere, il mantenimento di tale divieto e la chiusura delle frontiere rischiano di annientare un «settore colpito dalla crisi e dalla disoccupazione».
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