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Africa dei Grandi Laghi, ecco perché ho deciso di raccontare la mia esperienza in un libro

Pochi giorni fa, Amazon ha pubblicato il mio libro sull’Africa dei Grandi Laghi (1994-2004), nel quale sono narrati i principali eventi storico-politici di quattro Paesi: Rwanda, Burundi, Congo e Uganda. Vorrei dire brevemente i motivi che mi hanno spinto a scrivere questo libro. Dal dicembre 1995 all’agosto 1996 ho vissuto a Cyangugu, piccola città ruandese al confine con la Repubblica democratica del Congo, e mi sono occupato dei bambini dell’orfanotrofio “Notre Dame de la route”. Nel 1996, alcuni amici mi hanno ac.pagnato in una scuola a pochi chilometri da Cyangugu: non potrò mai dimenticare i resti mortali di circa 30.000 persone, alle quali le autorità hanno voluto dare una sepoltura dignitosa, tirandole fuori dalle latrine nelle quali erano state gettate nel 1994. Queste donne, uomini e bambini facevano parte degli 800.000 tutsi e hutu moderati che sono stati uccisi, in 100 giorni, in quello che è stato uno dei peggiori genocidi del XX secolo.

            Se il genocidio è il “reato consistente in un complesso organico e preordinato di attività commesse con l’intento di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso” (dizionario Zingarelli), non ci sono dubbi sul fatto che in Rwanda, dall’aprile al luglio 1994, sia stato commesso quest’odioso crimine contro l’umanità. I pianificatori del genocidio, estremisti hutu, decisero di uccidere tutti gli appartenenti all’etnia tutsi ed anche gli hutu moderati, a partire dalla signora Agathe Uwilingiyimana, che era il primo ministro del Rwanda e che fu uccisa, insieme ai dieci caschi blu della sua scorta, il 7 aprile 1994.

            Ho molto amato il libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi, in cui egli narra le sue sofferenze nel campo di concentramento di Auschwitz. Oltre a Levi, molte altre persone hanno scritto sul genocidio degli ebrei, perché è giusto parlare di queste cose, perché l’olocausto di sei milioni di persone è un crimine contro l’umanità che interpella la coscienza di ogni essere umano. Perché però si è parlato così poco del genocidio ruandese? I libri in italiano sull’argomento non sono molti ed erano ancora meno nel 2004, quando scrissi il mio libro, a metà strada tra il reportage giornalistico e la ricerca storica. Io non sono un sopravvissuto e nemmeno un testimone oculare degli eventi, ma, avendo vissuto in Rwanda poco tempo dopo il genocidio, ho avuto modo di parlare con alcuni dei sopravvissuti e ho potuto fotografare i poveri resti di migliaia di persone innocenti, barbaramente uccise a colpi di machete. Per me scrivere sul Rwanda è diventato un imperativo morale: bisogna conoscere questi eventi, perché un popolo che non conosce le tragedie della sua storia è destinato a ripeterle.

            È importante parlare anche delle responsabilità internazionali, a partire da quelle della Francia. È molto probabile che il dittatore ruandese Habyarimana, il cui governo ha pianificato ed eseguito il genocidio, non sarebbe rimasto al potere per tanti anni senza l’appoggio del presidente francese Mitterand, che gli fornì sostegno militare e finanziario.

            Oltre al Rwanda, ho scritto anche del Burundi, del Congo e dell’Uganda. La mia tesi era questa: poiché i militari, come diceva Platone, non sono adatti a governare, non ci sarà benessere e democrazia negli stati governati da soldati. Dopo sedici anni, la storia mi ha dato ragione: i Paesi che hanno avuto leader civili (il Sudafrica di Mandela, il Senegal di Senghor, ecc.) sono quelli in cui i diritti dell’uomo sono più rispettati, mentre i Paesi meno democratici sono quelli governati da militari (l’Uganda di Museveni, l’Eritrea di Afewerki, ecc.).

            Il 16 maggio 2020 Félicien Kabuga, uno dei principali responsabili del genocidio ruandese, è stato finalmente arrestato a Parigi, dopo 26 anni di latitanza. Ora dovrà pagare per i reati che ha commesso: i crimini contro l’umanità, per fortuna, non vanno mai in prescrizione!

 

Nella foto di Giuseppe Liguori l’allora presidente francese Mitterand in visita di Stato in Ruanda con il dittatore Habyanimana. 

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