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Il movimento pro-democrazia del Sudan ha portato avanti proteste regolari dopo il colpo di stato militare di ottobre [File: Mohamed Nureldin Abdallah/Reuters]

Sudan. L’unità della società civile è l’antidoto all’orrore della guerra

Khartoum, Sudan. I maggiori attori della società civile sudanese si sono dati appuntamento a Doha, in Qatar, per stilare una tabella di marcia per una transizione pacifica del paese.

L’incontro tenutosi il 4 e 5 Ottobre è stato sponsorizzato dal Center for Conflict and Humanitarian Studies (CHS) di Doha ed ha riunito principalmente attivisti della società civile, accademici e giornalisti sudanesi.

“L’unità della società civile è fondamentale per ripristinare la transizione democratica” questa la sintesi e l’assunto della due giorni di dibattiti tenutasi a Doha.

I partecipanti hanno discusso della crisi nazionale e del mancato raggiungimento di un “contratto sociale” nel paese.  La mancanza di pace, di giustizia, le conseguenze e del colpo di stato militare del 25 ottobre 2021 e i rischi corsi quotidianamente dalla popolazione imbottigliata in un conflitto senza fine, rendono difficile lo sviluppo di una tabella di marcia per la transizione democratica.

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Il movimento pro-democrazia del Sudan ha portato avanti proteste regolari dopo il colpo di stato militare di ottobre [File: Mohamed Nureldin Abdallah/Reuters]
I movimenti pro-democrazia del Sudan hanno portato avanti proteste regolari dopo il colpo di stato militare di ottobre [Photo Credit: Mohamed Nureldin Abdallah/Reuters]

Occorre un piano di transizione, per i gruppi democratici è una necessità. Senza un’agenda chiara non si potrà lavorare al raggiungimento di un accordo politico negoziato con i golpisti né arrivare a prendere il controllo dello stato.

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In questo momento storico, la competizione e la divisione all’interno della società civile potrebbero risultare un freno all’individuazione di un obiettivo comune ed è proprio quello che sembra stia accadendo e che invece si vuole mitigare.

Per lavorare in tal senso però occorrono fondi e mezzi; perché, tanto per essere realisti, sul campo le forze che lavorano in direzione “ostinata e contraria” sono molteplici, investono nell’espandere le differenze e le narrazioni, ad amplificare il contrasto tra le parti attraverso la propaganda e la percezione dei fatti che da essa ne deriva.

L’incontro è solo il primo di una serie di appuntamenti che verranno organizzati con tale obiettivo. ll CHS prevede infatti una serie di meeting, da tenersi nelle prossime settimane sempre a Doha, nei quali verranno coinvolte le Forze per la Libertà e il Cambiamento, i Comitati di Resistenza, i gruppi professionali, i firmatari dell’accordo di pace di Juba, accademici e giornalisti per discutere ad un’uscita concordata da una crisi che da troppo tempo affligge il paese.

Nell’ottobre 2021 il governo sudanese è stato rovesciato con un colpo di Stato militare. Il colpo di Stato ha segnato la fine della già fragile “democrazia” per il Paese, innescata da un movimento di protesta del 2018, che mise fine al governo del Presidente Omar al-Bashir.

L’evento è una battuta d’arresto forzata per il Sudan e per i paesi della comunità internazionale che avevano investito ingenti somme e altrettanti sforzi per la transizione democratica del paese.

Una transizione sin dal principio risultata monca, in un quadro internazionale e regionale a dir poco complesso. Una situazione che ha consentito ai militari, ai quali la società civile chiedeva di liberare il paese dal sistema di privilegi che lo opprimeva, di prendere il potere e di resistere a tutte le richieste di rimetterlo nelle mani del popolo sudanese.

Kholood Khair, amministratore di Confluence Advisory, think thank con base a Khartoum, ha ben descritto la situazione: “Storicamente in Sudan, ogni transizione ha fallito al livello in cui i civili sono stati in grado di costruire in modo coeso una visione politica dopo essersi uniti per spodestare un dittatore”.

I gruppi ribelli erano abituati a combattere, non a governare, mentre i partiti civili si trovavano a mancare sia di un forte sostegno locale che di una chiara visione politica del Paese. I gruppi ribelli, quelli della società civile erano divisi tra coloro che erano e non erano disposti a collaborare con i militari per raggiungere i loro obiettivi.

I militari hanno lavorato per manipolare queste differenze e mettere le fazioni civili l’una contro l’altra. Incapace di riunirsi e vincolato da una costituzione deferente ai militari, Abdalla Hamdok ha perso la cruciale finestra di opportunità per riformare il paese.

Economia fragile

Dall’inizio della transizione, l’economia del Sudan ha mostrato tutte le sue fragilità. Il debito accumulato sotto Bashir e l’incapacità di attrarre investimenti internazionali (anche a causa dell’etichetta di stato sponsor del terrorismo), il governo civile non è riuscito a dimostrare che poteva migliorare i mezzi di sussistenza del popolo sudanese al fine di ottenere la legittimità che gli avrebbe consentito una vita duratura.

Le sfide economiche, esacerbate anche dal COVID-19 e dai crescenti effetti del cambiamento climatico, hanno ulteriormente limitato lo spazio di manovra del governo. I prezzi delle materie prime sudanesi sono aumentati dell’81% nel 2020. Il paese è entrato in blocco da marzo a luglio 2020, inibendo le imprese locali e aumentando la disoccupazione, senza fornire una solida rete di sicurezza sociale per contrastare i danni.

Nel frattempo, il quadro macroeconomico del paese è diventato più cupo poiché i prezzi del petrolio sono diminuiti durante l’inizio della pandemia, danneggiando il paese esportatore netto di petrolio. Nel 2020, l’economia del Sudan ha subito un calo dell’80% delle entrate petrolifere, mentre le restrizioni di viaggio hanno influenzato anche esportazioni significative come quelle del bestiame.

Complessivamente, il paese ha registrato un calo del 17,5% (700 milioni di dollari) dei proventi delle esportazioni nel 2020 e un calo del 3,6% del prodotto interno lordo.

Queste perdite indotte dalla pandemia hanno costretto il governo civile del Sudan a ridurre le entrate fiscali e hanno contribuito a un crescente malcontento sulla gestione dell’economia da parte di Hamdok.

Secondo i dati dell’indagine condotta da Afrobarometer, raccolti da febbraio ad aprile 2021, due terzi dei sudanesi hanno descritto l’azione del governo in risposta alla pandemia come “negativa” o “molto negativa”.

Mohamed Abdelsalam Babiker, professore all’Università di Khartoum, ha avvertito in un articolo pubblicato sul Journal of African Law appena tre giorni prima del colpo di stato, “I crescenti livelli di povertà e vulnerabilità derivanti dal COVID-19 hanno portato alle proteste e potrebbero, se non affrontati, compromettere la transizione democratica del Sudan”.

Gli effetti del cambiamento climatico hanno minato il governo di Hamdok.

Le temperature medie annuali in Sudan sono aumentate di circa 0,4°C ogni decennio negli ultimi tre decenni.

Queste temperature più elevate hanno esacerbato le inondazioni nella regione: provocano infatti una maggiore evaporazione dell’acqua e alterazioni dei modelli monsonici che innescano piogge più abbondanti, rendendo più frequenti gli eventi di inondazione.

Nel 2020, il Sudan ha subito le peggiori inondazioni nell’arco temporale di oltre un secolo, quando piogge torrenziali hanno fatto sì che le acque del Nilo Bianco e Azzurro raggiungessero livelli storici.

Queste inondazioni hanno colpito più di tre milioni di persone, danneggiato un terzo di tutti i terreni agricoli presenti nel paese e distrutto oltre 100.000 abitazioni.

Questi eventi hanno messo in pericolo l’economia più diffusa del Sudan.

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Circa un terzo della produzione economica del Sudan si basa sull’agricoltura e le inondazioni hanno fatto perdere a molti agricoltori un’intera stagione di semina.

Le inondazioni hanno fatto perdere agli investitori la fiducia nella valuta del Sudan, aggravando i problemi di inflazione che Hamdok stava già lottando per affrontare. Il Sudan ha registrato un tasso di inflazione del 359% nel 2021, più del triplo rispetto all’inizio del 2020. La perdita economica a lungo termine causata dalle inondazioni del Sudan del 2020 è stata stimata dal governo sudanese in 4,4 miliardi di dollari, più del 15% del prodotto interno lordo annuale del Sudan.

Il tempo e il capitale che queste sfide hanno sottratto al governo civile hanno notevolmente fatto deragliare i piani di Hamdok, rendendolo incapace di concentrarsi sugli sforzi di riforma.

 

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