Il nuovo rapporto di Human Rights Watch di 218 pagine ha ampiamente documentato come gli attacchi delle Rapid Support Forces alla città di El Geneina, la capitale dello stato del Darfur occidentale, iniziati ad Aprile 2023, hanno causato la morte di migliaia di persone e provocato centinaia di migliaia di rifugiati.
Il rapporto si concentra in modo particolare sui crimini di guerra e sugli abusi ai quali le RSF hanno sottoposto la popolazione di etnia Masalit, provando come alcune milizie arabe loro alleate, in particolare il Terzo Fronte Tamazuj, si siano rese protagoniste dei reati di tortura, stupro, saccheggio ed uccisioni indiscriminate su ampia scala.
Focus on Africa aveva anticipato mesi fa il disastro oggi certificato da Human Rights Watch; le fonti sul campo e le analisi dei combattimenti e delle testimonianze ci avevano portato a scriverne dettagliatamente, prevedendo i particolari oggi descritti.
Più di mezzo milione di rifugiati dal Darfur occidentale sono fuggiti in Ciad dall’aprile 2023. A fine ottobre 2023, il 75 per cento proveniva da El Geneina.
“Mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e i governi si svegliano oggi di fronte il disastro incombente di El Fasher, le atrocità su larga scala commesse a El Geneina dovrebbero essere viste come un promemoria delle atrocità che potrebbero arrivare in assenza di un’azione concertata“, ha affermato Tirana Hassan, direttore esecutivo di Human Rights Watch. “I governi, l’Unione Africana e le Nazioni Unite devono agire ora per proteggere i civili“.
La violenza a El Geneina è iniziata nove giorni dopo lo scoppio dei combattimenti a Khartoum, la capitale del Sudan, tra le forze armate sudanesi (SAF), l’esercito del Sudan e la RSF. I primi ad essere presi di mira furono proprio i quartieri Masalit, violenze che sono culminate con un massacro su larga scala di civili Masalit.
Anche sui fuggitivi si è abbattuta la violenza delle RSF, i convogli sono stati mitragliati, non hanno risparmiato nessuno, nemmeno i bambini o i neonati, venivano uccisi come galline. Coloro che tentavano di attraversare a nuoto il fiume Kajja vennero presi a fucilate, a decine sono annegati perché feriti o perché portati via dalla corrente.
Nei giorni successivi, gli attacchi sono proseguiti contro decine di migliaia di civili che cercavano di attraversare il confine con il Ciad, lasciando la campagna disseminata di corpi straziati.
1000 persone almeno hanno trovato la morte in un sobborgo di El Geneina, Ardamata, dove credendo di aver trovato finalmente rifugio dalle violenze, sono state radunate e massacrate. Erano tutti di origine Masalit.
I residenti di Geneina stanno lottando per sopravvivere all’ultimo ciclo di violenza nel Darfur occidentale. Foto: Ayin Network/Twitter
Gli attacchi, diffusi e sistematici, diretti contro i Masalit ed altre etnie non arabe, rientrano in un’operazione ben più ampia volta alla loro eliminazione totale. Human Rights Watch attraverso il rapporto pubblicato chiede alla comunità internazionale di indagare se tutto ciò possa ascriversi alla parola “genocidio”, chiedendo un’indagine indipendente che indaghi se l’intento specifico della leadership della RSF e dei suoi alleati è l’eliminazione delle etnie non arabe, in particolare l’etnia Masalit.
Il report chiama in causa direttamente Mohammed “Hemedti” Hamdan Dagalo, suo fratello Abdel Raheem Hamdan Dagalo e il comandante della RSF del Darfur occidentale Joma’a Barakallah, considerati come responsabili delle forze che si sono macchiate di tali crimini.
“L’inazione globale di fronte a atrocità di questa portata è imperdonabile“, ha detto Hassan. “I governi dovrebbero garantire che i responsabili siano ritenuti responsabili, anche attraverso sanzioni mirate e intensificando la cooperazione con la Corte Penale Internazionale“.