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Rwanda: Kwibuka 29, in ricordo del Genocidio dei Tutsi

Oggi è “Kwibuka”, che in lingua kinyarwanda significa “ricordo”, ma anche “resilienza” e “coraggio”: il 29esimo Kwibuka, oggi 7 aprile, in memoria dei massacri più indicibili del Novecento, quando a partire da questa giornata nel 1994, e per 100 giorni, la milizia Interahamwe e altri estremisti Hutu si macchiarono di violenze estreme che uccisero tra 800mila e un milione di persone.

Il 6 aprile 1994 un missile terra-aria abbatté l’aereo in cui stava viaggiando l’allora presidente Juvénal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, su cui si trovava anche il suo omologo del Burundi Cyprien Ntaryamira, entrambi provenienti da un colloquio di pace. I massacri cominciarono subito, con il pretesto di una vendetta, ma si intensificarono dal 7 aprile a Kigali e durarono per circa per oltre tre mesi, fino al 15 luglio 1994. Le violenze furono perpetrate dalla Guardia Presidenziale e dai gruppi paramilitari Interahamwe e Impuzamugambi, con il supporto dell’esercito governativo. L’inizio delle ostilità fu dato dalla sola radio ancora attiva nel Paese, l’emittente estremista “RTLM”, che su incitazione dello speaker Kantano, invitava a seviziare e uccidere gli «scarafaggi» tutsi. Si trattò della conseguenza finale di un discorso di odio cominciato molto tempo prima, sostenuto da molti ideologi della razza, secondo i quali i Tutsi non erano originari di quelle terre, ma degli usurpatori che avevano ridotto gli Hutu in schiavitù.

Il Genocidio dei Tutsi in Ruanda è stato uno degli episodi più sanguinosi del XX secolo, il cui bilancio varia a seconda delle fonti, ma che resta di dimensioni abnormi, soprattutto se si considera che il massacro avvenne a colpi di armi da fuoco, machete panga e bastoni chiodati. Le vittime furono prevalentemente di etnia Tutsi, corrispondenti a circa il 20% della popolazione, ma le violenze finirono per coinvolgere anche Hutu moderati appartenenti alla maggioranza del Paese. Ufficialmente, il genocidio viene considerato concluso alla fine dell’Opération Turquoise, una missione umanitaria voluta e intrapresa dalla Francia, sotto egida dell’ONU.

Proprio il ruolo della Francia, tuttavia, è stato sempre molto criticato, almeno fino al 27 maggio 2021, quando Emmanuel Macron, presidente della Francia, ha riconosciuto a Kigali che «la Francia ha un ruolo, una storia e una responsabilità politica in quel che è accaduto in Rwanda», per cui «la Francia ha un dovere, quello di guardare la storia in faccia e di riconoscere che nel 1994 non aveva ascoltato, né compreso» (all’epoca ne scrissero su “Focus on Africa” sia la direttrice Antonella Napoli che Giovanni Gugg).

Quell’importante discorso avvenne due mesi dopo la conclusione di una indagine storica lunga due anni, voluta dall’Elysée, per fare luce sul coinvolgimento della Francia nel genocidio rwandese. La commissione coordinata da Vincent Duclert concluse che la Francia ebbe delle «pesanti responsabilità» in quell’orrore del 1994: non dirette sui massacri, ma di sostegno (specie dal 1990) al regime dittatoriale del presidente Habyarimana, apertamente razzista. Ciò gettò una lugubre ombra sull’ex presidente francese Mitterrand, che ebbe una «relazione forte, personale e diretta» con il presidente Habyarimana. Passando al setaccio decine di migliaia di documenti d’archivio francesi, il gruppo di 14 storici appurò che «la Francia tra il 1990 e il 1994 sostenne un regime che incoraggiava i massacri razzisti; rimase cieca di fronte alla preparazione del genocidio, e questo allineamento con il potere rwandese derivò da una volontà del Capo dello Stato e della Presidenza della Repubblica».

La risposta del governo rwandese, il cui presidente Paul Kagame ha sempre aspramente criticato la Francia, è stata positiva, ritenendo il rapporto degli storici «un passo importante verso una comprensione comune del ruolo della Francia nel genocidio».

Ogni anno, Kwibuka è un appuntamento molto sentito dai rwandesi, in cui il maggior pathos si raggiunge nel raccoglimento presso il memoriale di Gisozi, a Kigali, e nella “Marcia del Ricordo” che conduce allo stadio Amahoro, dove i sopravvissuti raccontano le loro testimonianze. Si tratta di un cerimoniale che non è un insieme di gesti ripetitivi, ma l’occasione per ristabilire quel legame sociale spaventosamente smembrato con le carneficine di 29 anni fa. Il periodo di commemorazione che si apre oggi è tradizionalmente una circostanza per ricordare, ma anche per compiere un pellegrinaggio nel Paese in cui ciascuno ritesse i propri ancoraggi, sia familiari, ad esempio con gli antenati, sia territoriali, perché si torna sui luoghi in cui i propri congiunti sono stati uccisi.

Quella commemorazione, tuttavia, riguarda tutti noi perché, come ha ricordato Gaël Faye qualche anno fa, in occasione del 25° Kwibuka, «Il genocidio comincia a scuola, nei media, nella cultura. Il genocidio non è un’esplosione immediata di odio, ma è un lungo processo che comincia con le parole, delle semplici parole».

Proprio un anno fa, Gaël Faye, cantante e scrittore franco-rwandese-burundese, pubblicò “Kwibuka“, una struggente canzone che vi invitiamo ad ascoltare proprio in questa occasione:

 

Au-dessus d’ces collines s’élève ma voix à jamais
Ô mon petit pays, ô Rwanda bien-aimé
Un million de gouttes d’eau qui tombent de terre en ciel
Un million de nos tombes en trombes torrentielles
De nos fosses profondes à nos points culminants
Nous sommes debout maintenant les cheveux dans le vent
À conjurer le sort qu’un désastre englouti
À se dire qu’on est fort, qu’on vient de l’infini
Je rêve de vous (kwibuka)
I’m dreamin’ of you (kwibuka)
Je rêve de vous, chanson d’un soir d’ivoire
Je rêve de vous, mes mots sont dérisoires
Je rêve de vous quand l’Histoire nous égare
Je rêve debout au jardin des mémoires
Et vu que je renais déjà de nos abysses
Je fais de nos sourires d’éternelles cicatrices
Et j’arpente la vie sans jamais oublier
Qu’un orage en avril, qu’un soleil en juillet
Tuzahora tubashimira tubazirikana
Tubibuka mubihe byiza twagiranye
Tuzahora tubahesha agaciro
Tubibuka n’ubupfura bubaranga
Je rêve de vous (kwibuka)
I’m dreamin’ of you (kwibuka)
Je rêve de vous
Vous mes lumières invaincues
Mon souvenir
Mes silences nus
Je rêve de vous
Dissipe les ténèbres
Je n’oublie pas
Je m’habille de vos rêves

– – –

La traduzione in italiano:

Sopra queste colline la mia voce si alza per sempre
O mio piccolo paese, o amato Rwanda
Un milione di gocce d’acqua che cadono dalla terra al cielo
Un milione di nostre tombe in acquazzoni torrenziali
Dalle nostre fosse profonde alle nostre alture
Siamo in piedi ora con i capelli al vento
Per scongiurare il destino che un disastro ha inghiottito
Dicendoci l’un l’altro che siamo forti, che veniamo dall’infinito
Vi sto sognando (kwibuka)
Sogno di voi (kwibuka)
Sogno di voi, canzone di una sera d’avorio
Sogno di voi, le mie parole sono irrisorie
Sogno di voi quando la storia ci porta fuori strada
Sogno in piedi nel giardino dei ricordi
E mentre sono già rinato dai nostri abissi
Faccio cicatrici eterne con i nostri sorrisi
E cammino nella vita senza mai dimenticare
Che una tempesta in aprile, che un sole in luglio
Tuzahora tubashimira tubazirikana
Tubibuka mubihe byiza twagiranye
Tuzahora tubahesha agaciro
Tubibuka n’ubupfura bubaranga
Sogno di voi (kwibuka)
Sogno di voi (kwibuka)
Sogno di voi
Voi, mia luce inespugnabile
La mia memoria
I miei nudi silenzi
Sogno di voi
Dissipo le tenebre
Non dimentico
Mi vesto dei vostri sogni

Per chi volesse ulteriori approfondimenti, segnaliamo che nel maggio 2022 “Focus on Africa” propose la visione gratuita di due documentari disponibili sul web: “Le génocide des Tutsis du Rwanda : « Tuez-les tous ! »“ (di Raphaël Glucksmann, David Hazan e Pierre Mezerette) e “Ruanda, il silenzio delle parole“ (di Gaël Faye e Michael Sztanke).

Rwanda: due documentari per conoscere la storia del Genocidio dei Tutsi

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