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Ruanda, la storia segreta dell’Olocausto Africano: quando la divisione etnica divenne una realtà

La Conferenza di Berlino (1884-1885) assegnò le regioni del Urundi (Ruanda e Burundi) e della Tanganica (Tanzania esclusa l’isola di Zanzibar) alla Compagnia Tedesca dell’Africa Orientale. La colonizzazione intrapresa dai regni europei in Africa non era promossa direttamente dallo Stato ma attraverso il sub appalto delle campagne di colonizzazione a ditte private come la Compagnia delle Indie, la Compagnia Francese per l’Africa Occidentale, etc.

L’esploratore anglo-americano Stanley (Sir John RowlandMorton) è stato il primo bianco a mettere piede sul suolo ruandese sull’isola del lago Ihema. Incontrò la feroce ostilità degli abitanti e subito indietreggiò. Nel 1892 Oscar Baumann, medico tedesco attraversa il Ruanda da est e prosegue verso il Burundi. Nel 1894 il conte von Gotzen viene ricevuto dal re Kigeli IV Rwabugiri (o Rwabugili) a Kageyo. Nel 1896 il Re MibaMbwer IV accetta che il suo regno diventi un protettorato tedesco in cambio di una ampia autonomia politica, militare ed economica.

Nel 1900 arrivano i primi missionari cattolici: la congregazione dei Padri Bianchi tollerata dal Re Yuhi V Musinga. Durante il breve periodo coloniale tedesco Ruanda e Burundi non sono stati particolarmente sottoposti al dominio totalitario europeo. Berlino andava molto cauto con le popolazioni dei questi due Regni africani per via della loro aggressività, capacità militari e sentimenti nazionalisti che impedivano di assoggettare i due paesi come territori annessi direttamente al dominio tedesco d’oltre mare.

La dominazione diretta coloniale giunse con il Belgio quando acquisì il Urundi a seguito della sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1918 il Consiglio Supremo delle Potenze Alleate diede al Belgio il Mandato sul “Ruanda-Burundi”. La Società delle Nazioni ratificherà il Mandato nel 1923 che sarà trasformato in “Fiduciario” nel 1946.

Nel 1925 il Urundi viene ufficialmente annesso al Congo Belga e posto sotto l’autorità di un Vice Governatore Generale. Nel 1931 il re Yuhi V Musinga, che guardava al governo belga e al cattolicesimo con occhio molto sospettoso, fu deposto e sostituito dal figlio di allora ventenne Rudahigwa Mutara III (intronizzato il 16 novembre 1931). Musinga fu esiliato con la forza a Moba – Kalemie, Congo Belga dove morì nel dicembre 1944.

Nonostante il giovane re compiacente anche il Belgio fucostretto a fare i conti con lo spirito nazionalista e indipendente del Ruanda e del Burundi, concedendo come avevano fatto prima i tedeschi, ampia autonomia. È nel 1928 che inizia la riorganizzazione amministrativa del Ruanda tendente a trasformarla in una vera e propria colonia assoggettata al Belgio. Le funzioni del Re come capo dell’esercito vengono abolite assieme alle sue forze armate, sostituite dalle forze coloniali africane sotto comando di ufficiali belgi. Le prerogative dei capi tradizionali hutu e tutsi di gestione delle terre e dei pascoli vengono trasferite all’amministrazione diretta belga.

Nel 1934 il popolo ruandese viene sottoposto a un censimento dove per la prima volta vengono individuate le appartenenze etniche Hutu e Tutsi inserendole nei documenti di identità dei cittadini ruandesi. A seguito di una superficiale conoscenza delle complicatissime dinamiche sociali, politiche ed economiche che determinavano l’appartenenza dei sudditi ruandesi alle due etnie, i belgi decidono che tutti coloro che possedevano capi di bestiame bovino erano Tutsi e quelli privi erano Hutu. Successivamente introdussero assurde specificità somatiche per rafforzare la divisione tra le due etnie, sostituendo la loro precedente armonia in una continua e perenne situazione conflittuale interetnica necessaria per un maggior controllo coloniale del Belgio basata sul concetto del “dividi e impera”.

La creazione dell’identità personale a seconda del gruppo etnico è il preludio alla scelta fatta dal governo belga di affidare l’amministrazione ai Tutsi ruandesi seguendo considerazioni a dir poco irreali. I belgi raffiguravano i Tutsi come essere umani più vicini alla razza eletta: quella bianca ed europea per via dei loro tratti gentili del volto. Gli Hutu, dai tratti più grossolani, erano considerati poco più intelligenti dei primati e condannati alla schiavitù con l’avvallo della Chiesa Cattolica e dei missionari Padri Bianchi.

Gli hutu potevano essere sottoposti alla “chicote” (punizionepubblica inflitta tramite frustrate) mentre i Tutsi ne erano esentati. Il sistema scolastico belga boicottava l’alfabetizzazione degli Hutu favorendo gli studi dei Tutsi. Queste e altre misure di discriminazione socio economica e culturale furono imposte per rafforzare l’etnia Tutsi che doveva garantire la funzionalità della gestione amministrativa dei territori per conto di Bruxelles.

La ferrea divisione in etnie diverse applicata dal Belgio non trovava riscontri nella precedente struttura sociale dei regni ruandesi e burundesi. Gli Hutu, i Tutsi e i Twa (pignei)parlavano la stessa lingua, kinyarwanda, avevano le stesse usanze, la stessa fede ancestrale in un unico Dio – Imana – e una società basata sull’equilibrio etnico.  Il colonialismo belga creò contorte e non confermate teorie di razze diverse nel Ruanda, considerando i Tutsi come l’etnia più intelligente e più vicina alla civiltà dell’uomo bianco.

Impedirono anche la mobilità tra le classi etniche. Prima dell’arrivo del Belgio un Hutu poteva diventare Tutsi e viceversa a secondo dei suoi possedimenti non solo di bestiame ma anche di terre. Vi erano molti proprietari terrieri Hutu che affittavano le terre a dei loro vassalli Tutsi che a loro volta potevano sub affittare ad altri Tutsi o Hutu, quest’ultimi considerati veri e propri servi della gleba. Con il colonialismo belga le due classi etniche vengono richiuse nel diritto di appartenenza per nascita e si impedisce ogni sconvolgimento interno. Si tende a creare una etnia Tutsi agiata (a cui affidare l’amministrazione della colonia) e a condannare a perpetua povertà l’etnia Hutu che deve solo lavorare e faticare per il benessere della Madre Patria: il Belgio.

La distinzione assai sommaria tra Hutu e Tusti compiuta dai belgi segue le teorie nascenti delle “caratteristiche genetiche razziali” che furono successivamente riprese ed adottate dai nazisti con le estreme conseguenze che conosciamo. I ruandesi venivano catalogati secondo le due razze, principalmente seguendo criteri fisici. Un esercito di etnologi belgi passarono due anni della loro vita in Ruanda a misurare crani, altezze, nasi, bocche, orecchie.

A seconda dell’esito dei questi dati morfologici decretavano se la persona era da considerare Hutu o Tutsi, riportando questa decisione sui registri dell’anagrafe e sulle carte di identità recentemente introdotte. Nel 1931 fu ufficialmente decretata un’identità etnica e documenti amministrativi specificarono sistematicamente la categoria “etnica” di ogni persona, come i nazisti avrebbero specificato l’identità ebraica pochi anni dopo in Germania. Ogni ruandese avrà una carta d’identità etnica obbligatoria.

Il baratro tra Hutu e Tusti, che sarà all’origine di tutti gli scontri etnici del periodo post indipendenza fino ad arrivare al genocidio del 1994, sarà creato dai Begli seguendo stereotipi razziali come: Tutsi alti, magri, belli dai nasi e labbra fine e Hutu bassi, tozzi, brutti dai nasi a patata e labbra da scimmie.

Solo negli anni Cinquanta dei etnologi belgi seri e privi di pregiudizi rividero le teorie razziali dominanti e tese a giustificare il dominio coloniale. Questi ricercatori liberi e indipendenti scoprirono le complicate interazioni razziali precoloniali. Riuscirono anche a capire il motivo di certe differenze somatiche ben nette tra Hutu (generalmente bassi) e Tutsi (alti e magri). Differenze dovute dalla dieta collegata al mondo rurale o alla pastorizia che si riscontrano anche in varie altre etnie africane che nulla hanno a che fare con quelle del Ruanda e del Burundi.

La distinzione netta tra le due etnie fu conseguita anche attraverso una radicale revisione storica. In poche riche gli storici belgi riscrissero la storia del Urundi inventandosi di sana pianta miti e leggende che potessero giustificare le loro teorie razziali. Questa revisione storica ovviamente non prese in considerazione i rapporti interetnici, le gerarchie sociali, i gruppi socio-professionali, la cultura e la mobilità tra Hutu e Tutsi prima del colonialismo.

Fu dichiarata pura fantasia anche la dinamica di appartenenza clanica che tutt’ora è un fattore socio-politico ed economico determinante per comprendere le società del Ruanda e del Burundi. L’appartenenza clanica si basa sulla nascita comune presso la stessa collina che crea un clan indifferentemente composto da Hutu e Tutsi nati nello stesso luogo fisico.

L’appartenenza clanica precede quella etnica e i membri del clan devono contribuire alla sua prosperità e difesa indipendentemente dalle loro origini etniche. L’appartenenza clanica è tutt’ora in vigore, rappresentando un elemento fondamentale per comprendere le complicate dinamiche sociali nei due Paesi gemelli anche se vi è da notare che l’appartenenza clanica  è attualmente più sentita in Burundi che in Ruanda.

L’affiliazione clanica spiega tutti  salvataggi di Tutsi attuati da Hutu durante il genocidio ruandese del 1994 o come mai dei ufficiali delle forze dell’ordine e imprenditori tutsi burundesi possano attualmente collaborare con la giunta militare HutuPower di Gitega nel reprimere e massacrare altri Tutsi in Burundi.

Nella revisione storica del Ruanda e Burundi tesa a giustificare l’esistenza di razze distinte e l’impossibilità al “metissage”, gli storici belgi entrarono persino nel ridicolo, grottesco e nell’assurdo. Fin dalle elementari i maestri e i preti belgi insegnavano ai bambini ruandesi che Dio aveva creato per primo i belgi poi i Tutsi con il compito di aiutarli a gestire la società e infine gli Hutu per faticare e lavorare per il benessere dei bianchi e dei Tutsi. Questa assurda revisione storica volutamente non prendeva in considerazione le tracce archeologiche, linguistiche, culturali e la storia orale che dimostravano l’esatto contrario.

Questa categorizzazione etnica è stata essenziale nella genesi del genocidio dei Tutsi in Ruanda del 1994. Il colonizzatore riteneva che i tutsi fossero una razza superiore agli Hutu e ai Twa. L’amministrazione belga favorì i Tutsi a tutti i livelli e li istituì sistematicamente come amministratori coloniali, rimuovendo tutti i funzionari e proprietari terrieri Hutu riconosciuti dalla dinastia dei re Tutsi.

Quando i ruandesi rivendicarono l’indipendenza, il colonizzatore belga e i missionari cattolici invertirono la loro alleanza e miseroin evidenza lo sfruttamento degli Hutu che aveva rafforzato e sistematizzato, deviando la pretesa di indipendenza contro i Tutsi. Le varie rivolte Hutu cacciò in gran numero i Tutsi dal Ruanda dopo l’indipendenza nei primi anni ’60, in particolare quelli legati alla dinastia reale. Quando gli esuli, principalmente Tutsi, tornarono in forze in Ruanda dal 1990, la Repubblica HutuPower preparò il genocidio dei Tutsi rimasti in Ruanda, supposti traditori della causa Hutu e agenti del movimento di liberazione Fronte Patriottico Ruandese guidato dall’attuale Presidente: Paul Kagame.

Dopo l’Olocausto del 1994 la società e i governi ruandesi hanno faticato parecchio a eliminare la visione etnica imposta dai coloni belgi che era profondamente radicata nella mente delle persone, sia all’interno che all’esterno del Ruanda. Il genocidio ha cristallizzato questi riferimenti “etnici”, sofferenza e colpa che delimitano due correnti culturali nella società ruandese: quella delle vittime e dei carnecifi.

Molti ruandesi raccontano come abbiano scoperto la loro identità nazionale solo dopo l’avvento al potere del Fronte Patriottico Ruandese. Paul Kagame è ora riuscito a cancellare questa aberrazione storico-etnica che condannava un popolo con un’unità etnica, l’etnia ruandese, ad essere lacerato dall’uso improprio del concetto di etnia e dal suo uso politico, poiché l’Olocausto Africano del 1994 è stato pensato e realizzato dallo Stato ruandese, al fine di garantire potere degli Hutu (agricoltori) tramite lo sterminio totale dei Tutsi (pastori).

L’odio etnico basato sulla irreale e rigida suddivisione tra Hutu e Tutsi divenne irreversibile fino alle estreme conseguenze del 1994 grazie alla pubblicazione del Manifesto Bahutu del 1957, (trattato nei precedenti capitoli) e all’avvento della Rivoluzione Hutu del 1959, oggetto del prossimo capitolo in fase di elaborazione.

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