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Repubblica Democratica del Congo, l’esodo da Goma per il rischio di nuove eruzioni

Nel pomeriggio di domenica 30 maggio, a oltre una settimana dall’eruzione del vulcano Nyiragongo, avvenuta la sera di sabato 22, il ministero congolese dei Media e della Comunicazione ha aperto “Nyiragongo Info”, un canale ufficiale dedicato alle informazioni sull’emergenza, presente su varie piattaforme social: Twitter, Facebook, Instagram e Flickr. Il canale risponde alla necessità urgente di fornire alla popolazione una voce unica che diffonda le notizie e gli avvisi in merito all’eruzione e alle sue conseguenze, comprese quelle umanitarie. Come spiegato dal governo, “Nyiragongo Info” ha dei supervisori a Kinshasa, presso il ministero, ma soprattutto dei collaboratori giovani sul campo, attivisti volontari delle comunità colpite: Nyiragongo, Goma, Sake, Bukavu, Rutshuru.
La necessità di un’informazione dedicata è emersa subito, quando la sera dell’eruzione nessuna autorità, civile e scientifica, ha comunicato cosa stesse accadendo, nemmeno quale vulcano fosse esploso, tra il Nyiragongo e Nyamuragira. Questo bisogno è poi continuato durante la settimana, che è stata particolarmente difficile a causa dei circa 600 terremoti, di cui il più forte con magnitudo 5.2, causati dallo scorrimento sotterraneo del magma da nord verso sud, cioè dal vulcano verso il lago Kivu, passando dunque proprio sotto la città di Goma. Questo comporta che a tale “corridoio” corrisponda una zona di cedimento del terreno, mentre ai suoi bordi si registri un sollevamento dello stesso. Come ha spiegato al “Journal Afrique” il vulcanologo belga Benoît Smets, consulente dell’Osservatorio vulcanologico di Goma, si tratta di un fenomeno che può dare luogo ad un’eruzione limnica, ossia è possibile che un’eventuale nuova esplosione avvenga sotto il lago, per cui ci sarebbe il rilascio di una nuvola di gas estremamente letale.

Si tratta di un’eventualità rara, ma potenzialmente gravissima, per cui in settimana le autorità locali hanno emesso un ordine di evacuazione per 10 quartieri della città, tuttavia l’allarme ha generato un’onda di panico e ben 400mila abitanti hanno precipitosamente lasciato Goma nei giorni 27 e 28 maggio. Gli sfollati si sono diretti soprattutto verso ovest, nella città di Sake, ma diverse migliaia sono andate verso oriente, attraversando la frontiera con il Rwanda, che si è fatto carico della loro cura e accoglienza. Come ha dichiarato questa mattina il ministero rwandese della Gestione dell’Emergenza, “I rifugiati congolesi sono fuggiti in Rwanda due volte, sono stati accolti ma molti sono tornati. Le restanti 1482 persone stanno ricevendo vari tipi di assistenza, tra cui alloggio, cibo, cure mediche, acqua, servizi igienici e altro. Ad esempio, ieri è stato fornito cibo, riso e fagioli a 657 famiglie, nonché biancheria da letto, comprese coperte e materiali igienico-sanitari”.

La colata lavica del 22 maggio ha ucciso almeno 32 persone, di cui 7 a causa di emissioni gassose soffocanti. Inoltre, ha distrutto oltre 500 abitazioni, quasi tutte concentrate tra il villaggio di Kibati, a una decina di chilometri da Goma, e il quartiere di Buhene, periferia settentrionale della capitale. Particolarmente eloquenti sono le immagini catturate dal satellite Sentinel-1A del programma Copernicus:

L’evacuazione di massa dei giorni scorsi ha causato ulteriori preoccupazioni. Come avevamo già riferito su “Focus on Africa”, particolare apprensione è data dalle centinaia di bambini soli (l’Unicef afferma che siano tra 150 e 170 i bambini separati dalle loro famiglie o dispersi), per cui “L’Osservatore Romano” ha titolato “Gli ‘orfani’ del vulcano”: “Nel caos della fuga da Goma, evacuata per il timore di una nuova eruzione, decine di bambini sfollati hanno perso i contatti con i loro genitori. In attesa di potersi ricongiungere a loro, hanno trovato rifugio in una chiesa a Sake, a 25 km dalla città”.
Intanto, a Bukavu, a circa 200 km da Goma, stanno arrivando 200mila sfollati, per cui si sta rapidamente delineando un’emergenza umanitaria da affrontare in tempi brevi con strutture sanitarie e di accoglienza che, al momento, sono di difficile reperimento e applicazione, anche perché l’ombra della pandemia di Covid-19 continua ad allungarsi sul territorio. Come spiegato dai medici locali, Goma è la seconda città congolose più toccata dal coronavirus e, durante l’evacuazione, i ‘gesti barriera’ non sono stati rispettati ed ora decine di migliaia di persone sono rifugiate presso amici e parenti nella città di Bukavu, dove dunque ci si aspetta un peggioramento della situazione sanitaria.

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