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RD Congo – Rwanda: raggiunto un accordo di cessate il fuoco al mini-vertice di Luanda

Il mini-summit di ieri a Luanda, capitale dell’Angola, tra le autorità del Rwanda e della Repubblica Democratica del Congo, si è concluso con una tabella di marcia che ha come obiettivo principale la cessazione delle ostilità entro 48 ore, passando per la fine di ogni sostegno politico-militare ai ribelli dell’M23.

Il vertice, indetto dal presidente angolano João Lourenço, in qualità di mediatore dell’Unione Africana e presidente della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (ICGLR), ha visto la partecipazione del suo omologo congolese Félix Tshisekedi, ma non di quello rwandese Paul Kagame, sostituito dal ministro degli affari esteri, Vincent Biruta. Al tavolo erano presenti anche il presidente burundese Évariste Ndayishimiye e il mediatore della Comunità dell’Africa Orientale (EAC), Uhuru Kenyatta, ex-presidente del Kenya.

Secondo il comunicato finale, i partecipanti hanno espresso preoccupazione per “l’aggravarsi dell’insicurezza e le persistenti azioni militari dell’M23”, per “l’acquisizione da parte dell’M23 di armi sempre più sofisticate per compiere attentati”, e per la presenza di forze descritte come “negative e terroristiche” nella RDC orientale.

Più nel dettaglio, si impone la fine delle ostilità dei gruppi ribelli M23, FDLR-FOCA, RED-TABARA e tutte le altre forze armate locali contro l’esercito della RDC (FARDC) e il contingente dell’Onu (Monusco) a partire da venerdì 25 novembre, alle 18:00. Il riferimento più esplicito è all’M23, che entro domenica 27 novembre dovrà ritirarsi dalle zone conquistate negli ultimi mesi e restare nelle posizioni che deteneva un anno fa. Nel frattempo, la forza regionale dell’EAC continuerà a schierarsi sul territorio: vi sono già i militari del Burundi e del Kenya, mentre sono in arrivo almeno 1000 soldati dell’Uganda. Inoltre, entro una settimana l’M23 dovrà disarmarsi e confinarsi in territorio congolese sotto il controllo dell’esercito regolare, della forza regionale e della Monusco.

Se tutto questo non avverrà, continua il comunicato, e l’M23 continuerà a rifiutare ogni disimpegno, allora Kinshasa autorizzerà i militari internazionali presenti nell’est del Paese a usare la forza per costringerli ad arrendersi.

Il documento chiede, infine, consultazioni politiche tra il governo della RDC e i gruppi armati locali, nonché la ripresa del dialogo bilaterale tra Kinshasa e Kigali.

Al di là degli annunci, degli auspici e anche degli ordini presi a Luanda, ci si domanda che cosa accadrà davvero se i ribelli dell’M23 non accetteranno le conclusioni del mini-summit angolano: verosimilmente la guerra continuerà e, con ogni probabilità, passerà ad un livello di ulteriore violenza e brutalità. In un anno dalla ripresa dei combattimenti nel Nord Kivu, i guerriglieri tutsi si sono dimostrati ben equipaggiati e motivati, al contrario delle forze regolari congolese e straniere, che invece sono risultate molto disorganizzate, impreparate e, in un certo senso, disinteressate. Tra proiettili, bombe e caccia bombardieri, il futuro prossimo delle province orientali della RDCongo appare particolarmente cupo, mentre centinaia di migliaia di abitanti sono fuggiti dai loro villaggi e, continuando ad errare tra un campo profughi e l’altro, lottano per la sopravvivenza.

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