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RD Congo, le morti e la guerra dimenticati. Non da noi

Un mese fa morivano Luca Attanasio, Mustapha Milambo e Vittorio Iacovacci. Un mese dopo, quella guerra sembra già dimenticata, ridotta a spazi rari sulla stampa. Un conflitto cronico, come in tante altre parti del mondo, a cui ci si abitua, fino a quando un evento tragico o l’impatto sul nostro quotidiano non ci ricordano che dove si combatte si muore. Colpevole è la guerra, con le sue radici profonde, con quel carico di sofferenza ed ingiustizia che rende fragili anche società tanto lontane da credersi al sicuro. Il giornalismo assume troppo spesso la forma di un intrattenimento capace di smuovere la pancia invece che il cuore ed il cervello, o fornire al pubblico gli strumenti per prendere decisioni consapevoli, e così, forse, cambiare il mondo.

“Il vero giornalismo è quello intenzionale, vale a dire quello che si dà uno scopo e mira a produrre una qualche forma di cambiamento”, diceva Kapuscinski. Io ci credo ancora, e con me quei colleghi che non smettono di raccontare il mondo, anche quando è apparentemente distante.

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