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Missioni in Africa e ipocrisie: ha senso celebrare la rinascita di Cristo mentre muore l’umanità?

Ho pensato a lungo in questi giorni, di ritorno dalle missioni clinico-scientifiche nei campi profughi e sfollati in Africa e in Medio Oriente, se non fosse il caso di rinviare la celebrazione della nascita di un Dio che si fa uomo per insegnarci ad amare il prossimo come se stessi. Perché?
Perché provo un senso di vergogna ad aver trasformato la memoria rivoluzionaria della nascita di Gesù in un evento di consumismo sfrenato perdendo completamente di vista l’impegno ad agire perché il suo insegnamento di amare i nemici e il prossimo come noi stessi si concretizzasse ogni giorno nel mondo.
La maggior parte dei Paesi ricchi si dichiara cristiana, però in questi Paesi risuona quell’espressione “Non c’era posto per loro”. Non c’è mai posto per disoccupati, immigrati senza documenti, persone senza fissa dimora, pensionati a reddito minimo, donne vittime del traffico della prostituzione, rifugiati, perseguitati, detenuti, persone malate che rimangono in liste d’attesa lunghi anni per curarsi adeguatamente. Anche all’ASL ripetono “Non c’è posto”   Come a Betlemme ancora troppi bambini continuano a nascere e a morire fuori le mura. Perché “Non c’era posto per loro”. Per molti di loro l’unico posto è la guerra. Troppi bambini ho visto morire durante le guerre e anche dopo per ferite, fame e malattie. Il 7 ottobre i terroristi di Hamas hanno ucciso persone innocenti tra cui molti bambini, a Gaza vengono ammazzati ogni giorno bambini altrettanto innocenti. Ma ancora prima e da anni in Yemen, in Siria, in Tigray, in Sudan e in molti altri Paesi vengono assassinati innocenti senza colpe. La luce non entra a illuminare il buio del nostro silenzio criminale che lascia uccidere.  È inutile acquistare colombe e pandori pensando di “fare del bene”. Forse dovremmo solo “far posto per loro”.
Ma allora cosa celebriamo?
Forse potremmo festeggiarlo ogni 25 anni come si faceva con l’Anno Santo quando si restituivano le terre, si condonavano i debiti, si liberavano gli schiavi e si riparavano i torti subiti, ci si riconciliava e si abolivano guerre.
Insomma, il Giubileo originariamente era anche un mezzo di perequazione sociale ed economica là dove si verificavano ingiustizie contro le quali tuonavano i profeti. Era così inconcepibile una civiltà che “fabbricasse poveri” o che avesse come unica molla il profitto. Conversione delle anime, sì ma anche contrasto alle ingiustizie.

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