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Kwibuka 27, in ricordo del Genocidio dei Tutsi in Rwanda

Il 7 aprile si ricorda uno dei peggiori orrori del Novecento: il Genocidio contro i Tutsi in Rwanda. Tra 800mila e un milione di persone furono uccise in tre mesi nel 1994 dalla milizia Interahamwe e da estremisti Hutu. Oggi è il ventisettesimo anniversario. In lingua kinyarwanda, questa giornata è chiamata “Kwibuka”, cioè ricordo, ma significa anche resilienza e coraggio.

Il 6 aprile 1994 un missile terra-aria abbatté l’aereo in cui stava viaggiando l’allora presidente Juvénal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, su cui viaggiava anche il suo omologo del Burundi Cyprien Ntaryamira, entrambi provenienti da un colloquio di pace. I massacri cominciarono subito, con il pretesto di una vendetta, ma si intensificarono dal 7 aprile a Kigali e durarono per circa 100 giorni, fino al 15 luglio 1994. Le violenze furono perpetrate dalla Guardia Presidenziale e dai gruppi paramilitari Interahamwe e Impuzamugambi, con il supporto dell’esercito governativo. L’inizio delle ostilità fu dato dalla sola radio ancora attiva nel Paese, l’emittente estremista “RTLM”, che su incitazione dello speaker Kantano, invitava a seviziare e uccidere gli «scarafaggi» tutsi. Si trattò della conseguenza finale di un discorso di odio cominciato molto tempo prima, sostenuto da molti ideologi della razza, secondo i quali i Tutsi non erano originari di quelle terre, ma degli usurpatori che avevano ridotto gli Hutu in schiavitù.

Il Genocidio dei Tutsi in Ruanda è stato uno degli episodi più sanguinosi del XX secolo, il cui bilancio varia a seconda delle fonti, ma che resta di dimensioni abnormi, soprattutto se si considera che il massacro avvenne a colpi di armi da fuoco, machete pangas e bastoni chiodati. Le vittime furono prevalentemente di etnia Tutsi, corrispondenti a circa il 20% della popolazione, ma le violenze finirono per coinvolgere anche Hutu moderati appartenenti alla maggioranza del Paese. Il genocidio, ufficialmente, viene considerato concluso alla fine dell’OpérationTurquoise, una missione umanitaria voluta e intrapresa dalla Francia, sotto egida dell’ONU.

Proprio il ruolo della Francia, tuttavia, è da sempre molto criticato, fino alle recenti rivelazioni, il 26 marzo scorso, di una commissione di storici voluta dal governo francese, la quale ha concluso che la Francia ha delle «pesanti responsabilità» in quell’orrore del 1994: non dirette sui massacri, ma di sostegno (specie dal 1990) al regime dittatoriale del presidente Habyarimana, apertamente razzista. Ciò getta una lugubre ombra sull’ex presidente francese François Mitterrand, che aveva una «relazione forte, personale e diretta» con il presidente Habyarimana. Come hanno affermato i quattordici storici della commissione presieduta da Vincent Duclert, che hanno passato al setaccio decine di migliaia di archivi francesi negli ultimi due anni, «la Francia ha investito per molto tempo dalla parte di un regime che ha incoraggiato i massacri razzisti».

La risposta del governo rwandese, il cui presidente Paul Kagameha sempre aspramente criticato la Francia, è stata positiva, ritenendo il rapporto degli storici «un passo importante verso una comprensione comune del ruolo della Francia nel genocidio».Proprio stamattina su “Le Monde” un editoriale chiede al presidente Emmanuel Macron di rivolgersi ai sopravvissuti, in particolare ai profughi che attualmente vivono in Francia, «ai quali la République deve presentare le sue scuse».

Ogni anno, Kwibuka è un appuntamento molto sentito dai rwandesi, in cui il maggior pathos si raggiunge nel raccoglimento presso il memoriale di Gisozi, a Kigali, e nella “Marcia del Ricordo” che conduce allo stadio Amahoro, dove i sopravvissuti raccontano le loro testimonianze. Già l’anno scorso e nuovamente in quest’occasione, però, le cerimonie sono estremamente ridotte a causa della pandemia di Covid-19, per cui sono previste trasmissioni in tv e sul web, candele alle finestre e varie iniziative tramite internet.

Tra i tanti appuntamenti, segnaliamo la commemorazione promossa dalle Nazioni Unite, in diretta streaming sul suo sito-web, a partire dalle 11 di mattina, ora della costa orientale degli Stati Uniti: http://webtv.un.org/

 

Dalle 11, ora di Addis Abeba, in Etiopia, sulla piattaforma Zoom ci sarà un webinar promosso dall’Unione Africana, qui (è necessario registrarsi): https://zoom.us/webinar/register/WN_zafq0sXPSNGejiqENxcczQ

 

Invece dalle 10 alle 12, ora di Roma e Parigi, il Mémorial de la Shoah e Ibuka France Mémoire invitano a seguire la loro diretta-Facebook, qui: https://www.facebook.com/events/507492600394569/

 

Venerdì 9 aprile, invece, dalle 14:00 alle 17:00 ci sarà una conferenza su Zoom intitolata “Déconstruire les discoursnégationnistes”, con le storiche e gli storici Hélène Dumas, Romain Poncet, Guillaume Ancel, François Graner, AymericGivord. Per partecipare è necessario iscriversi, qui: https://us02web.zoom.us/meeting/register/tZIucO-orzspHNSSC3uzXrE0AUULuj328QhU

 

Sulle principali piattaforme di podcast, infine, è possibile ascoltare “L’Histoire des 100 jours du Génocide perpétré contre les Tutsis”, condotto dallo storico Jean Damascène Bizimana, qui: https://www.newtimes.co.rw/news/kwibuka-podcast-chronicle-genocide-new-100-day-series

 

Che avvenga in presenza o in modalità mediate dalla tecnologia informatica, il cerimoniale non è un insieme di gesti ripetitivi, ma l’occasione per ristabilire quel legame sociale spaventosamente smembrato con le carneficine di oltre un quarto di secolo fa. Il periodo di commemorazione che si apre oggi è tradizionalmente una circostanza per ricordare, ma anche per compiere un pellegrinaggio nel Paese in cui ciascuno ritesse i propri ancoraggi, sia familiari, ad esempio con gli antenati, sia territoriali, perché si torna sui luoghi in cui i propri congiunti sono stati uccisi.

Quella commemorazione, tuttavia, riguarda tutti noi perché, come ha ricordato Gaël Faye due anni fa, in occasione del 25° Kwibuka, «Il genocidio comincia a scuola, nei media, nella cultura. Il genocidio non è un’esplosione immediata di odio, ma è un lungo processo che comincia con le parole, delle semplici parole»:https://youtu.be/CifLA0zoJcM

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