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Etiopia. Colloqui di pace tra governo e Oromo Liberation Army (OLA)

Domenica scorsa il Primo Ministro ha annunciato l’avvio di colloqui con L’OLA (Oromo Liberation Army) . La dichiarazione è avvenuta durante un appuntamento pubblico, all’interno del quale venivano rimarcati i successi avuti con il raggiungimento degli accordi di Pretoria, accordi che hanno portato alla fine della guerra con il governo del Tigray.

I colloqui prendono il via oggi, ufficialmente in Tanzania. A conferma della notizia (diremmo clamorosa per la sua portata) è arrivata la dichiarazione di Odaa Tarbii, portavoce dell’OLA, nella tarda serata di domenica, attraverso un comunicato ufficiale ; comunicato nel quale si conferma l’avvio dei suddetti colloqui, un passo cruciale e positivo verso l’instaurazione di una pace forte e duratura per l’Oromia.

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L’OLA conferma le dichiarazioni di Abiy Ahmed e può attestare che il regime etiope ha accettato le nostre condizioni per i negoziati di pace, che includono il coinvolgimento di un mediatore terzo indipendente e l’impegno a mantenere la trasparenza durante tutto il processo” si legge nella nota.

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L’Oromo Liberation Army (Waraana Bilisummaa Oromoo, WBO – in oromo) ha una storia lunga e tortuosa (ufficialmente nato nel 1974). Chiamato “Oneg-shene” dal governo (dall’oromo “shanee”, lett. “cinque”), che ha sempre rifiutato la definizione del gruppo in OLA, è composto principalmente da membri dell’OLF (Oromo Liberation Front) che hanno rifiutato i precedenti accordi di pace tra il governo ed il fronte di liberazione ed hanno avviato una lotta armata per portare avanti le istanze politiche e le richieste del popolo oromo (prima etnia in termini numerici della federazione etiope).

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Un’ala armata del fronte alla quale nel tempo si sono uniti migliaia di giovani militanti disillusi dai termini raggiunti dai colloqui di pace dell’agosto del 2018, tra il governo e l’OLF, colloqui a seguito dei quali il fronte aveva abbandonato la lotta armata ed avviato un processo pacifico di transizione per normalizzare la regione.

Nel corso del tempo le due entità hanno subito una lenta e progressiva separazione, vedendo numerosi membri dell’OLF tornare ad imbracciare i fucili per l’Oromo Liberation Army.

Il gruppo ha una lunga storia di lotta armata contro le forze governative, sia militari che politiche, ed è stato accusato più volte di aver attaccato minoranze etniche all’interno dell’Oromia; motivi per i quali è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dal governo. Accuse e appellativi rispediti al mittente da parte della leadership politica.

Anche nel Febbraio di questo anno la “Ethiopian Human Rights Commission” ( la commissione etiope per i diritti umani – EHRC) ha riferito che membri dell’OLA si erano resi responsabili dell’uccisione di almeno 50 persone, in un attacco agli sfollati interni provenienti dalla regione Amhara nella città di Anoin, a circa 380 km a ovest di Addis Abeba.

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La bandiera dell’Oromo LIberation Army

L’Oromo Liberation Army ha tentato di fare un passo in avanti rispetto al contesto regionale nel momento in cui ha stretto un’alleanza (nei fatti politica e di intenti) con il TPLF. E’ l’inizio di agosto 2021 e la guerra tra il governo e i tigrini del Tplf è nella sua fase più cruenta; i tigrini e gli oromo dell’OLA stringono un’alleanza strategica volta a sovvertire l’ordine della federazione, forti dei successi ottenuti sul campo.

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Un’alleanza che diviene militare e sembra il preludio per una spallata definitiva al governo della federazione e all’instaurazione di una formazione di unità nazionale.

Sembra appunto, perché oggi sappiamo bene come si sono svolti i fatti. Gli accordi di Pretoria che nel Novembre del 2022 hanno messo la parola fine alla guerra che per due anni ha devastato il nord del paese e con la quale l’Etiopia (al netto degli accordi di pace) farà i conti ancora per decenni, mette un punto anche al progetto politico e militare dell’alleanza.

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Oggi l’OLA è alle prese con una nuova fase; la leadership oromo è alle prese con discussioni interne, a volte sfociate in vere e proprie dispute politiche e territoriali tra i vari gruppi che lo compongono.

Divisioni che probabilmente lo hanno indebolito o lo hanno portato a reputare la svolta verso una transizione politica pacifica, l’opzione più adatta.

Nel frattempo sappiamo che una delegazione guidata dal Ministro degli esteri Demeke Mekonnen è arrivata nelle prime ore di questa mattina in Tanzania, ufficialmente per un tour diplomatico che toccherà quattro stati del continente.

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