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Burundi: contestato il bilancio ufficiale delle vittime della prigione di Gitega

Il bilancio ufficiale del terribile incendio che ha devastato il carcere Gitega, capitale politica del Burundi, nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, è di 38 morti e 69 feriti. Lo ha affermato il vicepresidente della Repubblica, Prosper Bazombanza, il quale ha anche promesso aiuti di emergenza ai sopravvissuti.
Dodici sono morti di asfissia mentre tentavano di fuggire dalle fiamme, mentre 26 sono morti a causa di gravi ferite. Dei 69 feriti, 34 sono gravi, attualmente ricoverati negli ospedali della zona. Le autorità non hanno fatto cenno alle cause del disastro; tuttavia, la voce più ricorrente parla di un corto circuito, come già avvenne alla fine di agosto nel medesimo carcere, sebbene allora non ci furono vittime.

Secondo la stampa indipendente, tuttavia, queste informazioni sarebbero false e manipolate, perché, in realtà, vi sarebbero centinaia di corpi sepolti in segreto, come ha diffuso Bob Rugurika, direttore di RPA, “Radio Publique Africaine”:

Sono da segnalare anche il collettivo “SOS Média Burundi”, che parla di “almeno 54 corpi carbonizzati”, e l’attivista per i diritti umani Pierre-Claver Mbonimpa, che ai microfoni di RPA ha detto che le vittime documentate dalla sua organizzazione, l’APRODH (Association Burundaise pour la protection des Droits Humains et des personnes Détenues), sono più di 60:

Già martedì sera, le autorità burundesi avevano fatto seppellire i corpi, senza avvisare le famiglie, nel cimitero di Rutoke, poco distante da Gitega. I resti dei detenuti deceduti sono stati trasportati con quattro camion militari e di polizia, come ha riferito il direttore della prigione in cui è avvenuta la tragedia. Costui ha aggiunto che al momento la situazione è sotto controllo e che “i detenuti superstiti dormono nelle tende allestite dalla Croce Rossa del Burundi nel cortile del carcere”. Negli aiuti è coinvolta anche “Medici Senza Frontiere”, in particolare con la sua sezione dell’Africa occidentale e centrale, che ha fatto sapere di aver “inviato una squadra per supportare le cure di emergenza per i feriti e gli ustionati”.
Sebbene il numero delle vittime sia contestato e il conteggio sia reso difficile dall’irriconoscibilità di tanti resti umani, i funzionari della prigione intendono effettuare un nuovo conteggio dei detenuti, cella per cella, al fine di verificare il bilancio ufficiale. Nel frattempo, i racconti dei sopravvissuti sono terribili. Il giornale indipendente burundese “Iwacu”, ad esempio, ha ascoltato un detenuto musulmano che si stava preparando alla preghiera del mattino: “Dormivano tutti, ma si sono svegliati a causa delle urla e per il grande fumo che avvolgeva ogni cosa. In pochissimo tempo il fuoco ha bloccato tutte le uscite e la fuga è stata impossibile per tanti”.
Tra i commenti online, una persona che si firma Bellum ha scritto: “Le carceri del Burundi sono caratterizzate da fetore, sovraffollamento e privazione. Molti sono i prigionieri politici, tanti dei quali sono morti nell’incendio. Credevano nella promessa della democrazia, della libertà di espressione e di associazione, invece sono morti di malattie non curate, di fame e depressione. Le loro famiglie sono ridotte in condizioni di estrema povertà perché senza mezzi di sussistenza tutto crolla: scuola, alloggio, assistenza sanitaria”.
In effetti, come hanno spiegato i giornalisti di “Yaga Burundi”, la capacità ufficiale della prigione di Gitega era di 400 detenuti, ma ve ne erano rinchiusi 1.432, secondo il rapporto della CNIDH (Commission Nationale Indépendante des Droits de l’Homme):

È da segnalare, infine, che il giorno dopo la tragedia di Gitega, nel reparto maternità dell’ospedale di Rumonge, nel sud-ovest del Burundi, è scoppiato un altro incendio: si tratterebbe di un corto circuito dovuto ad uno smartphone in carica, che ha dato fuoco ad un materasso. La paura è stata molta, ma per fortuna non si registrano danni alle persone o agli strumenti sanitari.

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