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Verità per Luca, Vittorio, Mustapha, una campagna che va oltre il giornalismo

Oggi come ogni 22 del mese rilanciamo la campagna #veritaperlucavittorioemustapha partita pochi giorni dopo l’agguato nella Repubblica democratica del Congo costato la vita all’ambasciatore Luca Attanasio, al carabiniere Vittorio Iacovacci, che gli faceva da scorta, e all’autista del World Food Programme Mustapha Milambo.
Oggi più che mai, alla vigilia dell’udienza preliminare del 25 maggio sulla richiesta di rinvio a giudizio per i due funzionari del World food programme accusati di “omesse cautele” che secondo il  sostituto procuratore dell’inchiesta Sergio Colaiocco avrebbero favorito e causato la morte di tre dei sei componente del convoglio del Wfp attaccato nei dintorni del parco del Virunga da sei uomini armati.
Un processo a Kinshasa istruito dalla Procura militare si è concluso con la condanna dei presunti autori dell’agguato, cinque comparsi davanti ai giudici della Corte, che li ha giudicato nel carcere di La Gombe, uno ancora in fuga. Una sentenza all’ergastolo a cui si è giunta al termine di un dibattito processuale viziato da contraddizioni, omissioni e incongruenze. Un processo iniquo e poco credibile, insomma, basato solo sulle confessioni iniziali degli accusati poi ritrattate dagli stessi affermando che gli erano state estorte sotto tortura.

Il tutto a fronte di importanti

elementi mai approfonditi emersi grazie a testimonianze attendibili.

Troppi “misteri” e omissioni delle autorità locali che chiamano a una riflessione doverosa e a una richiesta di chiarezza e assunzione di responsabilità.

Non è credibile che non ci fosse piena consapevolezza che la zona in cui viaggiava il convoglio internazionale fosse ad altissimo rischio, sia perché area contesa fra bande di terroristi che spadroneggiano al confine tra Rwanda ed Uganda, che di miliziani fuori controllo e jihadisti che per sopravvivere perpetrano razzie e atti di criminalità di ogni genere a danno della popolazione locale e di chiunque graviti nella sfera di loro controllo.

Anche se la tesi di partenza è il conflitto a fuoco seguito ad un tentativo di rapimento, occorre andare a fondo, con indagini rigorose, senza sconti per nessuno per fugare il sospetto che a monte dell’uccisione dell’ambasciatore Attanasio possa celarsi ben altro che un ‘semplice’ attacco terroristico o un’azione di criminalità comune.

Tanti sono i dubbi che avvolgono l’assalto che ha colpito il convoglio del WFP il 22 febbraio, oltre alla mancanza della protezione armata: dalla dinamica della sparatoria, alla fuga degli assalitori e alle reticenze delle autorità locali.
Dubbi che devono essere chiariti. Al più presto.

Focus on Africa, che da primo momento segue la vicenda con inchieste, reportage e analisi, ha lanciato con il supporto di Articolo 21 e Festival dei diritti umani la campagna #veritaperlucavittoriomustapha, che avrà come immagine simbolo il disegno che Gianluca Costantini, illustratore e attivista, nonché collaboratore della nostra rivista, ha dedicato alle tre vittime dell’agguato.

Un impegno che va oltre il giornalismo, che deve e può essere condiviso da chi reclama verità e giustizia per tre portatori di pace e per le loro famiglie.

Questo è il tempo di ottenere verità e giustizia anche se come sembra il governo italiano non intende costituirsi parte civile.

Ed è per questo che oggi, con la forza del sostegno di 20 mila firme, oltre a ribadire richiesta di verità per Luca, Vittorio e Mustapha esortiamo il governo a ripensarci e a manifestare il 25 maggio l’intenzione di essere parte civile del processo qualora fosse accolta la richiesta di rinvio a giudizio per i due funzionari del Wfp.

Per aderire scrivere a redazione@focusonafrica.info o via Whatsapp al numero 3937540531.

* Direttrice di Focus on Africa

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