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Togo, tassi di mortalità materna e infantile tra i più alti dell’Africa

In Togo, secondo dati dell’Unicef, il tasso di mortalità infantile è di 43 su 1000; quello di mortalità neonatale (ossia di morte entro i primi 28 giorni di vita) è di 24 su 1000; quello di mortalità materna è di 399 su 100.000.

Dietri questi tragici numeri, tra i più elevati del continente africano, si legge un enorme diniego del diritto alla salute, peraltro protetto dall’articolo 16 della Costituzione togolese.

Tra febbraio e marzo Amnesty International ha visitato cinque reparti maternità di cinque strutture sanitarie pubbliche nella capitale Lomé e ad Aného, nel sudest del Togo. Ne è derivato un rapporto, pubblicato alla fine di luglio.

Problematica comune riscontrata in tutte le strutture visitate è l’insufficienza del personale specializzato e delle attrezzature.  Ci sono due ostetriche ogni 10.000 persone. La media dei loro turni di lavoro è di 15 ore al giorno.

Scarseggiano anche le ginecologhe: secondo il Sindacato del personale ospedaliero, in tutto il paese ci sono 127 ginecologhe e, di queste, solo 25 lavorano nella sanità pubblica.

Così, è del tutto normale che le donne partoriscano sul pavimento, su materassi o su uno straccio messo per terra.

Nei reparti pediatrici non sempre ci sono posti letto disponibili: le mamme e i neonati devono accontentarsi di una sedia.

Due anni fa il governo togolese ha adottato il programma “Wezou” (“Vita”) per migliorare l’accesso ai servizi di salute materna e “ridurre i tassi di mortalità materna e neonatale”. Il programma garantisce, sulla carta, “cure mediche gratuite per le donne incinte” ma di fatto queste lo sono solo per le donne di età superiore ai 18 anni e ci sono comunque delle eccezioni: ad esempio, gli antibiotici sono a pagamento.

C’è dunque molto, veramente molto da fare: in primo luogo, garantire che vi sia personale medico specializzato in numero adeguato.

La Dichiarazione di Abuja, adottata dall’Unione africana nel 2001, chiede agli stati membri di destinare al settore sanitario almeno il 15 per cento del bilancio.

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