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Sudan, riprese le violenze in Darfur mentre aumentano gli sfollati per le alluvioni

Il minaccioso cielo plumbeo della stagione delle piogge più devastante degli ultimi cento anni in Sudan, con decine di migliaia di abitazioni distrutte, centinaia di morti e oltre 850 mila sfollati, non impedisce ai sudanesi di manifestare per chiedere interventi più incisivi al governo guidato dal premier Abdalla Hamdok.
In migliaia dal 17 agosto, anniversario della firma della Dichiarazione costituzionale che ha dato il via a un esecutivo di transizione dopo la caduta del dittatore Omar Hassan al-Bashir, continuano a scendere in piazza per protestare contro la crisi economica sfidando le alluvioni e i gas lacrimogeni della polizia che ha l’ordine di disperdere i sit-in.
Le tensioni crescenti a Khartoum e le nuove violenze in Darfur, la regione occidentale sudanese dove è in corso dal 2003 un conflitto civile, sono i principali temi del Rapporto Sudan 2020 sulla situazione umanitaria e dei diritti nel Paese illustrato oggi in Senato, nell’ambito di un’audizione della Commissione Diritti Umani.

Le proteste a Khartoum. Da settimane ragazzi e ragazze poco più che ventenni si riuniscono periodicamente fuori dal palazzo che ospita gli uffici del primo ministro a Khartoum per chiedere un incontro e consegnargli una lista di richieste, tra cui l’elezione di un organo legislativo e il ripristino dei sussidi cancellati su richiesta del Fondo monetario internazionale a fronte di un prestito di 2 miliardi.
Il lento ritmo dell’azione del governo transitorio ha suscitato l’insofferenza dei gruppi pro-democrazia che lo avevano sostenuto.
Hamdok, come una locomotiva in corsa, sta portando avanti un difficile processo democratico approntando provvedimenti per riformare il sistema legislativo ed economico del Paese ma il malcontento, alimentato dai sobillatori con pulsioni islamiste, rischia di farlo deragliare.

Le riforme sui diritti delle donne. La prima parte del Rapporto Sudan 2020 viene propone un’analisi della transizione post Bashir, che si è tinta di rosa con l’abrogazione di leggi vessatorie nei confronti delle donne, come gli articoli del codice penale relativi all’abbigliamento e alle libertà personali, e con la criminalizzazione delle mutilazioni genitali femminili.
Ma queste come le riforme approvate dall’esecutivo, seppur significative, non soddisfano l’opinione pubblica. A cominciare dall’abrogazione di alcuni articoli del codice penale basato sulla Sharia, la legge islamica imposta nel Paese nel 1986, tra cui quelli che prevedevano la condanna a morte per il reato di apostasia, il ripudio della propria religione, e di sodomia: un gay non rischierà più la lapidazione.

La ripresa delle violenze in Darfur. Ma il fulcro centrale del report è la ripresa delle violenze in Darfur. Da giugno si sono susseguiti scontri violenti in diverse aree della regione. Nonostante l’accordo di pace tra governo sudanese e gruppi ribelli sottoscritto il 3 ottobre a Juba, capitale del Sud Sudan, a distanza di 17 anni dall’inizio del conflitto la crisi registra nuovi picchi di violenze. Il Coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite ha rilevato decine di episodi nel Darfur occidentale che hanno causato centinaia di morti e feriti, villaggi e case bruciati e lo sfollamento di migliaia di persone compromettendo la stagione agricola già devastata dalle piogge torrenziali, causando la perdita di mezzi di sussistenza e facendo crescere i bisogni umanitari.

La missione Unamid lascia soli gli sfollati. Nonostante i nuovi massacri contro la popolazione del Darfur, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso il cambio di mandato per la missione di peacekeeping in Sudan sollevando le proteste delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani preoccupati che i civili possano perdere la protezione delle agenzie Onu. L’Unamid terminerà le operazioni il 31 dicembre lasciando il terreno all’UNITAMS che non avrà il compito di garantire sicurezza, che spetterà al governo sudanese, agli sfollati ospitati nei campi profughi, circa un milione.

Un paese devastato dalle alluvioni. La parte finale del rapporto è dedicata alla situazione umanitaria, peggiorata dalle alluvioni e dalle inondazioni causate dalla stagione delle piogge. In tutto il Sudan non meno di 9,3 milioni di persone necessitano di sostegno e di aiuti anche per la fragilità dell’economia e delle conseguenze della pandemia di Covid – 19 che hanno eroso il già limitato potere d’acquisto delle famiglie. Una spesa media in Sudan costa circa il 75% del reddito familiare.

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