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Algeria, si vota per la riforma della Costituzione. Sale la tensione nel paese

Gli algerini votano oggi l’ennesima revisione della Costituzione del 1996, con l’auspicio questa volta di istituire una “nuova Algeria”, come promesso dal presidente Abdelmadjid Tebboune, attualmente ricoverato in Germania per Covid. La nuova Legge fondamentale, pur sottolineando una serie di diritti e libertà per soddisfare le aspirazioni del movimento di protesta popolare “Hirak”, mantiene un regime presidenziale ed espande le prerogative dell’esercito. Adottata dal Parlamento a settembre, viene sottoposta a referendum a circa 25 milioni di elettori algerini nell’anniversario dell’inizio della guerra d’indipendenza contro il potere coloniale francese (1954-1962). Il suo preambolo rappresenta un “popolo ansioso di tradurre in questa Costituzione le proprie aspirazioni a profondi cambiamenti politici e sociali per la costruzione di una nuova Algeria come espresse pacificamente dall’originale Hirak popolare del 22 febbraio 2019”. Il preambolo include, per la prima volta, anche un chiaro riferimento alla salvaguardia dell’ambiente e alle conseguenze del cambiamento climatico.
Il progetto di revisione prevede di emendare una Costituzione fatta su misura per il presidente estromesso, Abdelaziz Bouteflika, al fine di rimanere al potere. Alla guida del Paese per 20 anni, Bouteflika aveva modificato la Legge fondamentale tre volte (2002, 2008 e 2016) prima di essere costretto a dimettersi nell’aprile 2019 sotto la pressione combinata del “Hirak” e dell’esercito. L’opposizione respinge tuttavia la nuova proposta di revisione, ritenendo che il suo obiettivo sia quello di seppellire il “Hirak”, che chiede uno “smantellamento del sistema politico” in atto dall’indipendenza (1962). L’esercito, “spina dorsale” del Paese secondo il presidente Tebboune, che occupa anche la carica di ministro della Difesa, è più volte menzionato. Nell’articolo 30, la nuova Costituzione stabilisce che “l’esercito difende gli interessi vitali e strategici del Paese”. Per il ricercatore di diritto costituzionale Massensen Cherbi, questa menzione conferma il ruolo politico dell’esercito, che potrebbe estendere ampiamente le sue prerogative. “È un vero invito da parte dell’esercito a entrare in politica, ma anche un affronto alle richieste del Hirak che chiede uno stato civile e non militare”, ritiene. Un’altra grande novità viene introdotta dall’articolo 91: l’esercito puo’ ora essere autorizzato a svolgere missioni di mantenimento della pace fuori dai confini dell’Algeria.
Se il cambio di dottrina è stato accolto con favore da alcuni Paesi occidentali, ha suscitato critiche in Algeria. Non appena è salito al potere nel dicembre 2019, Tebboune ha elogiato questa revisione costituzionale promettendo una riduzione dei poteri presidenziali per prevenire qualsiasi deriva autoritaria. Tuttavia, non viene menzionata alcuna riduzione dei poteri del capo dello Stato. Continuerà a nominare il presidente del Consiglio, i membri del governo, un terzo del Senato, i wali (prefetti), i magistrati e anche i responsabili degli organi di sicurezza “civili e militari”. Le uniche novità sono la limitazione a due del numero di mandati presidenziali di cinque anni (articolo che non può più essere rivisto) e l’obbligo di nominare un primo ministro a maggioranza parlamentare, quando dalle elezioni legislative emerge un partito maggioritario diverso da quello del presidente. Il nuovo testo è comunque più orientato verso “i diritti e le libertà fondamentali”. A questi dedica più di 40 articoli, garantendo la libertà di stampa, la creazione di partiti, associazioni e sindacati, nonché libertà di commercio e di investimento. Solo la giustizia può vietare un’attività di stampa e sciogliere qualsiasi partito o associazione, prevede l’emendamento costituzionale, rimuovendo ogni restrizione o censura preventiva. Gli articoli relativi alla protezione dei diritti delle donne, ora più esaurienti, e l’articolo che fa di Tamazight (berbero) una lingua ufficiale e nazionale, hanno spinto i partiti islamisti a chiedere un “no” al referendum. Amnesty International ha accolto con favore l’introduzione “di disposizioni più rigorose sui diritti delle donne e sui diritti economici, sociali e culturali”. Ma l’Ong mette in guardia contro “la repressione di cui sono vittime attivisti e manifestanti”, che “rischia di ledere la credibilità” della riforma costituzionale.

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