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Sudan

Sudan. Onu: “E’ in corso crisi di sfollati in più rapida crescita al mondo”

Mentre gli scontri infuriano e riprendono piede anche nei sobborghi di Khartoum, recentemente riconquistati dalle RSF, l’Onu lancia l’allarme sugli sfollati interni del paese.

In una recentissima dichiarazione alla stampa, Clementine Nkweta-Salami, Vice rappresentante speciale del Segretario generale, residente e coordinatore umanitario in Sudan, ha dichiarato: ” La metà della popolazione del Sudan – 24,7 milioni di persone – ha bisogno di aiuti umanitari e protezione poiché il conflitto, lo sfollamento e le epidemie minacciano di consumare l’intero paese“.

Sudan
Nyarok (a destra) e le sue figlie Amma e Rebecka, aspettano in un centro di transito UNHCR a Joda, Renk, Sud Sudan. © UNHCR/Charlotte Hallqvist

Ormai siamo abituati agli appelli, ai numeri indicanti masse difficilmente immaginabili di esseri umani; soffermiamoci però sulle parole.

Sudan, nuovi scontri spingono alla fuga migliaia di persone. MSF: “Arrivano a Malakal in condizioni allarmanti”

Circa 5,4 milioni di persone sono fuggite dalle loro case e oggi sono sfollate all’interno del Sudan o nei paesi vicini. 
Si tratta di una media di più di 30.000 al giorno, molti in fuga con nient’altro che i vestiti sulla schiena. Il Sudan è diventato la crisi di sfollamento in più rapida crescita al mondoha detto davanti alla stampa Nkweta-Salami.

Il conflitto in corso ha già paralizzato il settore sanitario sudanese, con il 70% delle strutture ospedaliere non più funzionante, distrutto o danneggiato e potrebbe ben presto interessare lo Stato di Jazirah, il granaio del Sudan. Ciò avrebbe gravi conseguenze per la sicurezza alimentare.

I sudanesi, fuggiti dalla violenza nel loro paese e appena arrivati, aspettano di essere registrati nel campo vicino al confine tra Sudan e Ciad ad Adre, Ciad, 26 aprile 2023. REUTERS/Mahamat Ramadane/File Foto
I sudanesi, fuggiti dalla violenza nel loro paese e appena arrivati, aspettano di essere registrati nel campo vicino al confine tra Sudan e Chad ad Adre, Ciad.
REUTERS / Mahamat Ramadane

Sudan, Strategic Initiative for Women: violenze sessuali non sono un danno collaterale

Una situazione alla quale si aggiungono tutti gli orrori e le conseguenze della guerra. Mentre i combattimenti infuriano in un territorio sempre più crescente, i funzionari dell’Onu e delle Ong ancora presenti sul terreno, riscontrano crescenti casi di violenza sessuale e di genere, sparizione forzata, detenzione arbitraria e gravi violazioni dei diritti umani e dei bambini.

Nelle ultime settimane, un altro shock ha colpito il Sudan poiché forti piogge e inondazioni hanno colpito più di 70.000 persone in sette stati [Nord, Fiume Nilo, Darfur settentrionale, Gedaref, Nilo Bianco, Kordofan settentrionale e Kordofan meridionale].

Temo che ciò possa portare a ulteriori focolai di malattie trasmesse dall’acqua –  ha affermato la funzionaria dell’Onu. C’è già un’epidemia di colera dichiarata nello stato orientale di Gedaref, e stiamo indagando se si è diffusa a Khartoum e al Kordofan meridionale. Combattere un’epidemia di colera in una zona di guerra è difficile nel migliore dei casi. Con l’escalation dei combattimenti, potrebbe essere quasi impossibile da controllare“.

Le Nazioni Unite stanno facendo il possibile per arginare la crisi. ” Le organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite hanno raggiunto almeno 3,6 milioni di persone che lavorano con e attraverso operatori umanitari sudanesi, organizzazioni della società civile, organizzazioni non governative, comprese le stanze di risposta alle emergenze. Mi congratulo con i nostri partner sudanesi senza i quali si sarebbe potuto ottenere poco.

Siamo stati in grado di fornire assistenza attraverso un meccanismo transfrontaliero dal Ciad e nel Darfur. A metà settembre, quasi 3.000 tonnellate di aiuti sono state consegnate da 66 camion in sei stati“.

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Ma gli sforzi profusi non bastano, occorre fare di più e più velocemente, in maniera ripetuta. Per fare ciò però l’Onu ha bisogno di sostegno.

Dobbiamo raggiungere 18 milioni di personeha detto infine la Clementine Nkweta-Salami –   Non rinunceremo a questo obiettivo. Ma abbiamo bisogno di più sostegno internazionale, di un migliore accesso alle persone che hanno bisogno di noi e di sicurezza per le nostre operazioni“.

 

 

 

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