Mentre gli scontri infuriano e riprendono piede anche nei sobborghi di Khartoum, recentemente riconquistati dalle RSF, l’Onu lancia l’allarme sugli sfollati interni del paese.
In una recentissima dichiarazione alla stampa, Clementine Nkweta-Salami, Vice rappresentante speciale del Segretario generale, residente e coordinatore umanitario in Sudan, ha dichiarato: ” La metà della popolazione del Sudan – 24,7 milioni di persone – ha bisogno di aiuti umanitari e protezione poiché il conflitto, lo sfollamento e le epidemie minacciano di consumare l’intero paese“.
Ormai siamo abituati agli appelli, ai numeri indicanti masse difficilmente immaginabili di esseri umani; soffermiamoci però sulle parole.
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“Circa 5,4 milioni di persone sono fuggite dalle loro case e oggi sono sfollate all’interno del Sudan o nei paesi vicini.
Si tratta di una media di più di 30.000 al giorno, molti in fuga con nient’altro che i vestiti sulla schiena. Il Sudan è diventato la crisi di sfollamento in più rapida crescita al mondo” ha detto davanti alla stampa Nkweta-Salami.
Il conflitto in corso ha già paralizzato il settore sanitario sudanese, con il 70% delle strutture ospedaliere non più funzionante, distrutto o danneggiato e potrebbe ben presto interessare lo Stato di Jazirah, il granaio del Sudan. Ciò avrebbe gravi conseguenze per la sicurezza alimentare.
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Una situazione alla quale si aggiungono tutti gli orrori e le conseguenze della guerra. Mentre i combattimenti infuriano in un territorio sempre più crescente, i funzionari dell’Onu e delle Ong ancora presenti sul terreno, riscontrano crescenti casi di violenza sessuale e di genere, sparizione forzata, detenzione arbitraria e gravi violazioni dei diritti umani e dei bambini.
Nelle ultime settimane, un altro shock ha colpito il Sudan poiché forti piogge e inondazioni hanno colpito più di 70.000 persone in sette stati [Nord, Fiume Nilo, Darfur settentrionale, Gedaref, Nilo Bianco, Kordofan settentrionale e Kordofan meridionale].
” Temo che ciò possa portare a ulteriori focolai di malattie trasmesse dall’acqua – ha affermato la funzionaria dell’Onu. C’è già un’epidemia di colera dichiarata nello stato orientale di Gedaref, e stiamo indagando se si è diffusa a Khartoum e al Kordofan meridionale. Combattere un’epidemia di colera in una zona di guerra è difficile nel migliore dei casi. Con l’escalation dei combattimenti, potrebbe essere quasi impossibile da controllare“.
Le Nazioni Unite stanno facendo il possibile per arginare la crisi. ” Le organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite hanno raggiunto almeno 3,6 milioni di persone che lavorano con e attraverso operatori umanitari sudanesi, organizzazioni della società civile, organizzazioni non governative, comprese le stanze di risposta alle emergenze. Mi congratulo con i nostri partner sudanesi senza i quali si sarebbe potuto ottenere poco.
Siamo stati in grado di fornire assistenza attraverso un meccanismo transfrontaliero dal Ciad e nel Darfur. A metà settembre, quasi 3.000 tonnellate di aiuti sono state consegnate da 66 camion in sei stati“.
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Ma gli sforzi profusi non bastano, occorre fare di più e più velocemente, in maniera ripetuta. Per fare ciò però l’Onu ha bisogno di sostegno.
“Dobbiamo raggiungere 18 milioni di persone – ha detto infine la Clementine Nkweta-Salami – Non rinunceremo a questo obiettivo. Ma abbiamo bisogno di più sostegno internazionale, di un migliore accesso alle persone che hanno bisogno di noi e di sicurezza per le nostre operazioni“.