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Jeddah

Sudan. Accordo a Jeddah sulla protezione dei civili, prigionieri ed operatori umanitari

Jeddah (Arabia Saudita). La dichiarazione arriva nelle prime ore della mattinata. L’esercito sudanese e le forze di pronto intervento hanno raggiunto un accordo di principio sulla protezione dei civili imbottigliati negli scontri e su quella degli operatori umanitari sul campo delle agenzie impegnate a dare una risposta all’emergenza umanitaria.

Il testo si focalizza sulla necessità di assicurare libertà di movimento alle persone che fuggono dai combattimenti e sulla protezione delle infrastrutture civili, strategiche per il paese come le centrali idroelettriche, palazzi governativi e ospedali.

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Uno dei punti salienti è la protezione dei prigionieri di guerra. Sempre al punto 3 della dichiarazione si pone l’accento sulla necessità di permettere alle agenzie umanitarie di visitare tutti i combattenti fatti prigionieri dall’una o dall’altra parte, feriti o bisognosi di cure.

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La dichiarazione arriva dopo le indiscrezione trapelate mercoledì, secondo le quali il sottosegretario di stato Usa, Victoria Noland, si diceva soddisfatta per i progressi effettuati tra le parti.

Gli scontri tra l’esercito sudanese (SAF) e le forze di supporto rapido (RSF) sono scoppiati a metà aprile, provocando 600 morti (probabilmente il numero è 4 volte più alto), migliaia di feriti e centinaia di migliaia di sfollati interni e verso le nazioni confinanti.

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Analisi degli scontri armati in Sudan. Mappa via ACLED Info.

Dall’inizio del conflitto sono stati segnalati oltre 200 scontri tra l’esercito e le RSF e i 2/3 di essi in centri con oltre 100000 abitanti.

Un conflitto che va ad aggiungersi alle numerose criticità geopolitiche della regione e che ha reso palesi gli innumerevoli interessi internazionali, alla luce del sole o meno, di paesi vicini e potenze straniere.

Una delle grande sfide affrontate da Arabia Saudita e Usa ai colloqui di Jeddah è stata quella di isolare la crisi del Sudan evitando di rimanere invischiati in antagonismi regionali e internazionali.

La guerra in Sudan è sempre stata sull’orlo di scatenare un effetto domino nella regione ed uno dei grandi sforzi delle Nazioni Unite è quello di prevenire tale escalation.

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Una polveriera regionale nella quale il grande rischio è che ciascuno utilizzi la propria influenza per ostacolare quella dei contendenti. Una situazione nella quale ogni governo che cercherà di assumere il ruolo di mediatore verrà visto dai restanti come un perseguitore dei propri interessi, ovviamente a spese degli altri.

Se si vorrà evitare che il conflitto valichi i confini del Sudan, occorrerà dare maggior peso alle Nazioni Unite. In un momento nel quale anche gli Usa sembrano aver rinunciato al ruolo internazionale dell’ONU, il grande sforzo sarà quello di neutralizzare ogni eventuale “spoiler” a vantaggio di più ampie sollecitazioni diplomatiche.

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