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“Siamo il cambiamento, una rivoluzione.” Rama Sarr, dall’Italia al Senegal per le giovani generazioni

Rama Sarr, giovane donna italo-senegalese, che sogna di indossare le vesti di deputata della diaspora del Senegal. Ci vuoi raccontare qualcosa di te?

“Spesso definita come bounty in Senegal: nera fuori e bianca dentro. Troppo nera in Italia per essere considerata italiana. Qualcuno può dirmi chi sono?”

Eccomi. Sono Rama, classe ‘95. Studentessa al secondo anno della magistrale in Scienze politiche all’Università di Parigi, dove vivo ormai da circa sette anni. Ho una specializzazione in diversità, discriminazione e rappresentazione.

Nella vita mi immagino ambasciatrice dei senegalesi all’estero, una deputata della diaspora ma, per conoscere al meglio il tessuto socio-economico e culturale senegalese, al momento ho deciso di dedicarmi al mondo dell’investimento e dell’imprenditoria nella terra della teranga, la terra che mi ha messo al mondo e che mi ha vista andar via a soli pochi mesi in direzione dell’Italia; la terra che fino ad oggi ho conosciuto grazie a racconti tramandati, a storie di altri e alla sua diaspora.

Quando e come spunta la possibilità di investire e costruire nel tuo Paese d’origine?

È stata un’occasione colta al volo per sfidarmi, in un momento in cui esami e stesura delle tesi mi mettevano sotto pressione. Ho addirittura pensato fosse un passo azzardato ma necessitavo di conoscere il territorio direttamente e giocare sul campo le mie competenze sociali e professionali.

Sentivo il bisogno di contribuire nel mio piccolo, di vivere sulla mia pelle le difficoltà che molti miei connazionali incontrano nel desiderio di ritornare, temporaneamente o definitivamente, in Senegal.

Ho quindi scelto di partecipare al Progetto Pasped| Plasepri con il bando “InvestoinSenegal”,  in un quadro di attività rivolte alla diaspora senegalese in Europa, principalmente in Italia, per contrastare l’immigrazione clandestina tramite l’appoggio al settore privato e alla creazione di posti di lavoro in Senegal. Ho ottenuto, cosi, una sovvenzione di 17 mila euro per avviare la mia idea di impresa in Senegal. Dal desiderio iniziale di aprire una nuova lavanderia, ho poi creato un complesso di attività integrando vari servizi tra cui barbiere, truccatrice, parrucchiera, onicotecnica e un’agenzia viaggi.

Giovane donna a capo di un’impresa con più dipendenti e in continuo movimento tra Italia, Francia e sempre più spesso in Senegal.

Il mio progetto di vita è sempre stato quello di essere un po’ un ponte. Volevo conoscere di più il Senegal e portare qui le mie competenze acquisite in Europa, tra Italia e Francia. Mi sono sempre immaginata come un anello di congiunzione tra realtà apparentemente distanti ma con legami storici ed economici interessanti.

Tuttavia, dopo questa esperienza, non ti nego che tra i miei progetti futuri balena l’idea di un ritorno definitivo in Senegal, un ritorno che sintetizzo con la frase “Presta attenzione a quello che un posto ti offre e a come questo posto ti far sentire!”.

Conta quello che senti addosso. È l’aria di casa che respiri guardandoti attorno. Posso dirti di essere stata decisamente meglio in sette mesi in Senegal piuttosto che in ventiquattro anni in Europa.

Questa idea di un “Senegal-casa” riprende sensazioni simili a quelle che respiri tra i senegalesi in Italia e/o in Francia?

Devo ammettere che per mia scelta personale non sono molto vicina alla comunità senegalese in Francia. In Italia, al contrario, ciascun senegalese è molto attaccato alle proprie radici. Questo legame si vive continuamente, soprattutto tra genitori e figli.

Non solo la nostra famiglia è stata in grado di trasmetterci il desiderio di fare rete tra noi e investire nell’associazionismo, ma c’è stato un plus. Mentre prima sembravamo quasi divisi “senegalesi con senegalesi”, “nigeriani con nigeriani” e così via, adesso sempre più sembra che ci sia un unico maggiore coinvolgimento tra le diverse realtà africane in Italia: un’unione di intenti, sfide comuni e il desiderio di portare il proprio contributo nei Paesi d’origine coinvolgendo e risvegliando sempre più coscienze.

I nostri genitori hanno sacrificato le loro vite per darci la possibilità di scegliere se restare o tornare, se fare o non fare. Nessun obbligo, nessuna pretesa e non tutti siamo certo chiamati a essere imprenditori o a nutrire una indole socio-politica. Ma sono certa che anche stando nel proprio angolo, a pochi centimetri da noi, ognuno possa giocare d’impatto e fare la differenza per qualcun altro.

Forze e debolezze degli investimenti in Senegal?

Tanti vogliono tornare in Senegal ma la domanda che tutti si pongono è “Come fare?”

Manca la fiducia in Senegal, un Paese ancora troppo corrotto e pieno di interessi. Puoi affidarti a conoscenti o alla tua stessa famiglia, e ogni volta puoi restarci fregato.

Investire in Senegal è sicuramente prova di coraggio, oltre che questione di competenze e di conoscenza del mercato. Il ritorno di un senegalese “a casa” non è mai immediato e gli investimenti si accompagnano spesso a migrazioni temporanee e circolari Italia-Senegal e Senegal-Italia.

Nel corso di questi mesi, spesso anni, rischi di trovarti deluso. Altrettanto spesso spaesato.

Testare il terreno diventa in molti casi un rischio, sia a distanza sia sul posto: a distanza perché non sai fino in fondo a chi affidare la tua realtà; in presenza perché questa scelta potrebbe voler dire “fare il passo più lungo della gamba” con un ritorno anticipato, la perdita di sicurezze lavorative all’estero e il peso delle pressioni familiari e del villaggio addosso.

Ciò che è diverso per un senegalese che rientra a casa non sono di certo solo la cultura, la mentalità e l’etica del lavoro, l’impegno a fidelizzare un cliente e la gestione del proprio tempo ma anche e soprattutto un territorio socio-economico diverso rispetto a quello che si conosceva al momento della propria partenza e oggi non così chiaro se privi di strumenti funzionali nell’accompagnamento e orientamento agli investimenti.

A mio parer, molto umile, sicuramente generale e incentrato sulla mia esperienza, tra i maggiori punti di forza che però noi giovani senegalesi possiamo vantare, ci sono un ricco bagaglio intellettuale e culturale, la voglia di fare, la nostra capacità di saper pazientare e di riconoscere che bisogna partire dal basso. Ancora una volta merito ai nostri genitori, che ci hanno educato all’attesa trasmettendoci fin da piccini una grinta senza pari.

Tanti miei coetanei senegalesi come me guardano alla storia dei loro genitori come punto di riferimento, tutte vite accumunate da un background migratorio parecchio simile.

E se ce l’hanno fatta loro nonostante tutte le difficoltà perché non posso farcela io?

Certo è che chi vuole investire in Senegal dovrà scontrarsi con modi di fare totalmente diversi dai propri e dovrà adeguarsi. È la realtà che si impone a te.

Di fronte allo scenario che descrivi, cosa potrebbe fare di più il governo senegalese per la sua diaspora? E quello italiano?

In Italia siamo sempre stati abituati a sentire altri parlare di noi. La nostra voce è stata spesso annullata da una terza persona, che sicuramente si limita a racconti di altri su realtà che forse direttamente non ha mai vissuto né conosciuto. Questa narrazione mai e poi mai sarà pari alla mia e a quella di quei tanti giovani, le cosiddette seconde generazioni, che conoscono e hanno vissuto entrambi i Paesi.

E in Italia credo che oggi più che mai sia necessario investire sulle seconde generazioni, noi che siamo un ponte concreto tra due mondi e che vogliamo allontanarci il più possibile dalla narrazione tossica di “cittadino extracomunitario”, “straniero”, “pericolo”.

Partiamo intanto con una riforma sulla cittadinanza italiana?

Sarebbe un grande passo di civiltà determinante nel migliorare le cose e rafforzare i diritti di tutti.

Il Senegal, per suo conto, considera ormai la diaspora la quindicesima regione del Paese, consapevole del nostro apporto economico e dell’influenza che le nostre rimesse giocano sul Pil del Paese. Ma oltre le parole, vedo ben poco. Mancano facilitazioni, percorsi di accompagnamento, formazione e orientamento per i cittadini senegalesi che vogliono tornare nel Paese.

Oggi più che mai, credo sia necessario investire nelle giovani generazioni, italiane e senegalesi.

Siamo noi il cambiamento. Siamo una rivoluzione. Ognuno nel suo piccolo. Ognuno per quel che può e per quel che sa. Non bisogna aver paura di rischiare. Dobbiamo osare anche quando sembra possibile. Cercheranno sempre di scoraggiarci. Diranno sempre che non possiamo farcela, che quel che abbiamo in mente è troppo ambizioso. Ma dobbiamo provarci una, due, tre volte e fino a quando sarà necessario. E ci riusciremo. Ne sono certa.

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