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Repubblica Democratica del Congo, si moltiplicano gli appelli internazionali per un cessate il fuoco nell’est del Paese

In una dichiarazione congiunta rilasciata venerdì 18 novembre, gli Stati Uniti, il Belgio, la Francia e il Regno Unito hanno condannato la “continua avanzata” del gruppo ribelle filo-rwandese M23 nel Nord Kivu, definito come un “gruppo armato illegale sanzionato dalle Nazioni Unite”.

Secondo questi quattro Paesi, “la ripresa delle violenze dal 20 ottobre, in particolare nelle località di Rutshuru, Kiwanja, Rumangabo e Kibumba e dintorni, mina gli sforzi per la pace e ha portato a una maggiore insicurezza ea grandi sofferenze umane”. Per tale ragione, hanno invitato i miliziani dell’M23 a ritirarsi immediatamente, ponendo fine a qualsiasi attività che violi il diritto internazionale, riaffermando il loro sostegno agli sforzi diplomatici regionali, soprattutto quelli che da mesi si svolgono a Nairobi e a Luanda, dove i rappresentanti di varie nazioni dell’area stanno promuovendo la de-escalation e tentano di costruire le condizioni per una pace duratura nella RDC.

I Paesi occidentali firmatari ritengono che il cessate il fuoco sia la condizione essenziale per riprendere il dialogo, a cui sono invitati anche i gruppi armati ribelli, specie nel caso del processo di pace in corso a Nairobi. Perché questo avvenga, aggiungono, deve fermarsi qualsiasi sostegno militare e finanziario esterno, riferendosi all’M23, dietro il quale si sospetta ci sia il Rwanda.

Proprio quest’ultimo Paese ieri è stato al centro della notizia proveniente dalla regione dei Grandi Laghi africani più rilanciata a livello internazionale: Reuters, Al-Jazeera e altre agenzie stampa hanno dato ampio risalto all’incontro avvenuto tra il presidente rwandese Paul Kagame e l’ex-presidente keniota Uhuru Kenyatta. Questi è attualmente il mediatore designato dall’EAC (East African Community) per il conflitto congolese ed è riuscito a impegnare il Capo di Stato rwandese a rilasciare una dichiarazione in cui “ha accettato di sollecitare” l’M23 a ritirarsi dai territori occupati. La strategia diplomatica della Comunità dell’Africa orientale è volta ad una maggiore inclusività, in particolare integrando i ribelli M23 nelle discussioni, ma la posizione del governo congolese continua ad essere, invece, di assoluto rifiuto di sedersi allo stesso tavolo negoziale con tali guerriglieri, considerati dei terroristi, a meno che non si ritirino dai territori conquistati negli ultimi mesi.

Salvo modifiche, il prossimo 21 novembre partiranno delle trattative a Luanda (Angola), tra le delegazioni del Rwanda e della RDC, alla presenza del Presidente angolano, del facilitatore Kenyatta e di una rappresentanza del Burundi:

Sul piano bellico, gli aggiornamenti più recenti riferiscono di nuovi avanzamenti degli M23: a Murimbi e nei pressi di Masisi e Rutshuru, verso Bwiza, Kilolirwe e Kitschanga, in direzione di Goma. Nella capitale del Nord Kivu, invece, sono arrivati dei rinforzi per le forze governative congolesi dal Kenya (ufficialmente a difesa dell’aeroporto) e dall’Uganda. Intanto, al di là del confine, l’esercito rwandese ha confermato di aver ucciso un soldato congolese nella notte tra venerdì 18 e sabato 19 novembre, perché avrebbe attraversato la frontiera proprio all’altezza di Goma e avrebbe iniziato a sparare contro le torri di guardia del Rwanda:

Al momento si attende una replica da parte congolese. Nel frattempo, a Goma la situazione umanitaria si degrada di giorno in giorno, con il continuo afflusso di sfollati dalle zone dei combattimenti tra le FARDC e l’M23, per cui decine di migliaia di persone si stanno accalcando in campi di fortuna alle porte della città. Qui, tutti ricordano che proprio dieci anni fa i ribelli dell’M23 (Movimento 23 marzo) presero Goma tra luglio e novembre del 2012.

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