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RD Congo: diplomazia internazionale, incontri militari ufficiosi e violenze sul terreno

Chrysoula Zacharopoulou, Segretario di Stato francese per lo sviluppo, la francofonia e i partenariati internazionali, è in viaggio in Africa, soprattutto tra Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, e Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, due città dirimpettaie, poste sulle due rive del grande fiume Congo.

Il 19 dicembre Zacharopoulou ha incontrato a Brazzaville il Capo di Stato congolese Denis Sassou Nguesso, con cui ha discusso dell’organizzazione dell’One Planet Summit che si terrà a Libreville, capitale del Gabon, nel marzo 2023. La grande conferenza sarà dedicata alla conservazione delle foreste tropicali e vedrà riunite molte autorità e tanti esperti mondiali sulla salvaguardia delle foreste, considerate riserve vitali di carbonio e biodiversità.

Il giorno dopo, il 20 dicembre, la funzionaria francese è invece giunta a Kinshasa, dove fino al 22 è impegnata in colloqui bilaterali con le autorità della RD Congo. Al suo arrivo ha avuto molta eco la sua prima dichiarazione pubblica alla stampa locale, in cui ha usato toni fermi e decisi nei confronti del Rwanda, il quale “smettere di sostenere l’M23”. Non ha parlato di aggressione rwandese nell’est congolese, tuttavia ha fatto riferimento all’integrità territoriale della RDC:

Vorrei anche ribadire che la Francia ha sempre difeso e difenderà sempre l’integrità e la sovranità della RDC. La Francia è sempre stata al tuo fianco quando questa integrità è minacciata, oggi assistiamo al ritorno di una situazione tragica nell’est della RDC, migliaia di sfollati vivono nell’insicurezza, è insopportabile e questo è inaccettabile. Le responsabilità ci sono e la Francia non ha difficoltà a sottolinearlo, l’M23 deve smettere di combattere e disimpegnarsi dai territori congolesi”.

Questa posizione era stata anticipata già nel tardo pomeriggio del 19 dicembre, quando l’account Twitter dell’ambasciata francese a Kinshasa ha scritto che “la Francia condanna il sostegno che il Rwanda dà al gruppo M23 e chiede che i processi di pace di Luanda e Nairobi possano essere pienamente realizzati”.

Sul terreno, il gruppo ribelle M23 il 12 dicembre ha tenuto un incontro potenzialmente molto significativo e importante, perché vi hanno partecipato vari gruppi armati che si combattono nel Nord Kivu, compresi esponenti della MONUSCO, delle FARDC e della Comunità dell’Africa Orientale (EAC):

La riunione si è tenuta a Kibumba, città situata a una ventina di chilometri da Goma, capoluogo della provincia, ma le autorità congolesi non si sono pronunciate sulla notizia. I ribelli dell’M23 e molte altre fonti, invece, hanno confermato l’informazione, tant’è vero che dopo qualche ora sono state pubblicate diverse fotografie che ritraggono militari dei vari schieramenti, uno accanto all’altro:

Con un comunicato, i ribelli si sono complimentati con tutti i leader intervenuti per gli sforzi volti a “risolvere pacificamente il conflitto in corso nella RDC” e, al contempo, si sono detti in attesa del prossimo incontro.

L’incontro si è tenuto pochi giorni dopo lo sconcerto sorto per il massacro di Kishishe, dove, secondo un rapporto della Missione dell’ONU in RDC, sarebbero stati uccisi almeno 131 civili (102 uomini, 17 donne e 12 bambini), 8 feriti da proiettili, altri 60 rapiti e almeno 22 donne più cinque ragazze stuprate. Sulla vicenda, tuttavia, permane molta vaghezza, perché, ad oggi, nessun osservatore indipendente (neanche i funzionari delle Nazioni Unite) è stato in grado di recarsi sul posto, per cui è raro ascoltare testimonianze dirette di quanto avvenuto. Lo evidenzia un servizio di “Radio France International”:

Anche “TV5Monde” sostiene che sul posto le tensioni siano palpabili, dal momento che i Tutsi del Nord Kivu sono sempre più stigmatizzati, accusati da altri gruppi di non essere congolesi (“tornate in Rwanda”), se non fiancheggiatori dell’M23 (che, appunto, è composto in prevalenza da tutsi):

Al momento, l’unico articolo dal campo è apparso sul giornale belga “Le Soir”, dove si riferisce del lavoro di Marc Hoogsteyns, giornalista e cameraman olandese e residente a Kigali (Rwanda) da 25 anni, che si è recato proprio a Kishishe e nel territorio circostante, raggiungendo poi la base militare di Kisangani, sede dell’M23, e, infine, le località di Bwiza e Kitchanga, dove ha incontrato tra 200 e 300 civili, per lo più tutsi congolesi, che gli hanno detto di sentirsi minacciati dai miliziani hutu dell’FDLR, che Kigali ritiene terroristi e genocidiari:

Ascoltati dal giornalista [Hoogsteyns], i combattenti dell’M23 hanno ammesso che c’erano state delle vittime tra i civili, otto morti erano stati scoperti dopo la battaglia, verosimilmente prima dello scambio di colpi. I ribelli hanno insistito su due punti: il numero totale di vittime è stato esagerato perché non erano più di venti persone, inoltre era difficile distinguere tra civili e combattenti, dal momento che questi ultimi non indossavano alcuna uniforme, ma si nascondevano nelle case”.

Un effetto collaterale del conflitto nell’est congolese, infine, riguarda la qualità del servizio di monitoraggio del Parco di Virunga, il più antico del continente, creato nel 1925, che ospita un terzo della popolazione mondiale di gorilla di montagna. Come riferisce “Actualité.CD”, al momento è difficile conoscere esattamente la situazione dei gorilla di montagna della zona del territorio di Rutshuru: dall’inizio delle ostilità è molto complicato per le guardie ambientali accedere all’area controllata dai guerriglieri, eppure quei gorilla necessitano di controlli frequenti per scoprire se si sono riprodotto o se hanno bisogno di cure mediche. Inoltre, temono i funzionari del Parco, senza vigilanza quotidiana i gorilla di montagna sono particolarmente esposti al bracconaggio.

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