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RD Congo: possibile ritiro dei ribelli M23 e richiesta di indagine alla Corte Penale Internazionale

Nella serata del 6 dicembre il gruppo armato ribelle congolese M23 (Movimento 23 Marzo) ha rilasciato un comunicato in cui lascia intendere di essere disponibile a un ritiro dalle sue posizioni nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Questo annuncio potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase del conflitto tra quei ribelli (nell’area esistono decine di altri gruppi armati) e l’esercito congolese. L’M23 ripete di star rispettando il cessate il fuoco, stabilito al mini-vertice di Luanda, in Angola, due settimane fa, sebbene i combattimenti con le FARDC non si siano mai davvero fermati. Ribadisce inoltre la richiesta di un dialogo diretto con il governo congolese, il quale però non sembra intenzionato a sedersi allo stesso tavolo, come affermato più volte nell’altro vertice di pace in corso a Nairobi, in Kenya. I guerriglieri tutsi congolesi filo-rwandesi affermano di voler “trovare una soluzione duratura alle cause del conflitto nell’est della RDC”, per cui auspicano anche un incontro con la forza regionale dell’Africa orientale (EAC).

Nella stessa giornata sono avvenuti violenti scontri nei pressi di Bwiza, a circa 40 km a nord di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, tra l’M23 e varie milizie locali, come l’APCLS, cioè Alliance of Patriots for a Free and Sovereign Congo, la Nyatura e l’FDLR, ossia le Democratic Forces for the Liberation of Rwanda. Per la popolazione ciò ha significato un massiccio sfollamento e il blocco delle attività nei campi e nella vicina cittadina di Kitchanga.

Un combattimento simile era avvenuto il 29 novembre nel villaggio di Kishishe, poco più a nord, dove, riferiscono fonti governative congolesi che accusano l’M23, si è avuto un massacro di 272 civili. Il movimento ribelle nega le insinuazioni, tuttavia da una indagine preliminare svolta da un’équipe della MONUSCO (la Missione dell’ONU in RDC) e dell’UNJHRO (l’Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani in Congo), a Kishishe e Bambo sono stati uccisi almeno 131 civili (102 uomini, 17 donne e 12 bambini), 8 feriti da proiettili, altri 60 rapiti e almeno 22 donne più cinque ragazze stuprate:

Dal canto loro, le autorità congolesi hanno annunciato di voler chiedere all’ICC (International Criminal Court, cioè il Tribunale Penale Internazionale) di aprire un’indagine su quanto accaduto a Kishishe:

Rose Mutombo, Ministra congolese della Giustizia, si è recata il 6 dicembre all’Aia, nei Paesi Bassi, per partecipare alla 21esima Assemblea degli Stati membri, dove ha esposto la situazione della sicurezza nel Nord Kivu e altre province: “Mentre siamo in questa sala, parte del territorio della RDC orientale è teatro di crimini contro l’umanità, crimini di guerra, crimini di genocidio e crimini di aggressione che causano migliaia di morti, violenze sessuali, per non parlare del massiccio sfollamento di popolazione”.

Durante l’assemblea, la Ministra ha chiesto un minuto di silenzio e ha ripetuto che gli autori dei crimini sono le ADF (Allied Democratic Forces, un gruppo armato ugandese) e l’M23, aggiungendo anche che questi ultimi sono “ausiliari dell’esercito rwandese”. Il giorno seguente, il Procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Ahmad Khan, e il Sostituto Procuratore Mandiaye Niang hanno incontrato Rose Mutombo, alla quale hanno annunciato che visiteranno presto alcuni Paesi, compresa la RDC. Mutombo ha chiesto che il Congo possa avere la priorità, in modo che il Procuratore possa rendersi conto di persona della “aggressione di cui è vittima da parte del Rwanda”, cosicché avrà senza dubbio “la stessa compassione mostrata dalla comunità internazionale nei confronti dell’Ucraina”.

Al momento, l’ICC non ha annunciato ispezioni su fatti di Kishishe, tuttavia la Corte sta indagando su quest’area congolese dal 2004 e, fino ad oggi, ha celebrato vari processi, alcuni dei quali hanno portato alla condanna di tre leader della milizia dell’Ituri, nonché di Bosco Ntaganda, uno dei fondatori dell’M23.

L’annuncio dell’M23 è avvenuto poco dopo l’incontro tra Anthony Blinken, Segretario di Stato americano, e Paul Kagame, Presidente del Rwanda, in cui hanno discusso dell’impegno rwandese nel Mozambico e altri fascicoli geopolitici africani. In quell’incontro, Blinken ha espresso a Kagame “profonda preoccupazione per l’impatto dei combattimenti sui civili”, esortandolo a togliere qualsiasi eventuale sostegno a gruppi ribelli. Secondo Vincent Biruta, il Ministro degli Esteri rwandese, lo scambio tra i due è stato buono, ma “permangono divergenze sulla comprensione del problema”.

 

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