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Migrazioni, una ‘pietà’ africana la foto del giovane scheletrico in braccio al marinaio

La foto ha fatto il giro del web e quindi del mondo. Raffigura il volto scheletrico e gli occhi smarriti di un migrante subshariano, appena sbarcato sulle coste maltesi, privo ormai anche della forza per scendere le scalette di un ponte. Un marinaio in tuta blu e mascherina anti-Covid lo prende tra le braccia e lo aiuta a scendere le scalette.

I navigatori del web danno un nome alla foto: la Pietà del Mediterraneo.

Ma qual’è la storia di questa foto?

Questa storia inizia il 3 luglio. Un gommone è in avaria con 52 persone a bordo, in condizioni estreme. Mare mosso, con onde alte anche fino a sette metri. Arriva una segnalazione d’allarme dell’ong «Alarm Phone», che ha avvistato il gommone.

I marinai del mercantile «Talia», un mercantile libanese che di solito trasporta bestiame, appena ripartito da Homs, in Libia, dove ha trasportato gli animali, sono tra quelli più vicini. Decidono di modificare il percorso e vanno a recuperarli in quella che è l’area Sar maltese, a sud-est di Lampedusa.  «Non li avremmo comunque abbandonati, anche se la legge del mare non avesse reso obbligatorio il soccorso», commenta Majed Eid, direttore generale Talia Shipping Line, fondata nel 1982 e che è in grado di trasportare fino a duemila bovini a spedizione. « La solidarietà e l’umanità ci impongono di farlo». Gli uomini del Centro di soccorso maltese danno il loro ok al recupero e autorizzano l’ingresso nelle acque territoriali per ripararsi dal mare mosso.

Da quel momento inizia la drammatica storia che ci siamo forse troppo abituati a leggere in questi casi.

Secondo la ricostruzione del quotidiano “Times of Malta”, le autorità italiane negano lo sbarco, il governo di La Valletta chiede all’Unione europea garanzie scritte sulla ricollocazione. I migranti — la maggior parte dell’Africa subsahariana — dormono negli spazi, ancora sporchi, dove di solito vengono stipati gli animali.

Il cibo e l’acqua scarseggiano, così come i farmaci. I maltesi mandano un medico e autorizzano l’evacuazione di due di loro.

Poco dopo le 22 del 7 luglio, ottenute le garanzie chieste all’Unione Europea, il centro di coordinamneto di ricerca e soccorso di Malta autorizza lo sbarco per i migranti a bordo.

La foto, pur nella estrema sofferenza di quel volto, dà fortunatamente conto di un esito positivo di questa storia.

Ma, dietro di essa, si nascondono le ferite ancora aperte di chi, pur stremato o malato, deve aspettare giorni e giorni per poter approdare alla agoniata terra, e le crepe di un sistema di soccorso e soprattutto di accoglienza, nel quale ancora troppo spesso l’Unione Europea decide di non decidere.

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